Email marketing: una risorsa o un altro modo di dire spam?

Indice dei Contenuti

    Questo post prende spunto dall’interessante post di Elena Ferro sul suo Volpi che camminano sul ghiaccio, in cui si analizza come certe pratiche di email marketing, peraltro molto diffuse, finiscano per diventare per il lettore un vero e proprio incubo, da cui si tenta in tutti i modi possibili di fuggire.

    L’argomento mi interessa sia nella mia veste di blogger, sia da un punto di vista professionale, seppure io come copywriter non mi occupi, se non raramente, di queste attività.

    Email marketing vs spam: quando l’una sconfina nell’altra

    Dal mio punto di vista, uno dei problemi maggiori legati alla cattiva reputazione verso l’email marketing nasce dalla pessima pratica che di essa spesso viene fatta.

    Quasi sempre alla base c’è l’ignoranza che poi si declina in altri atteggiamenti più o meno deteriori: dalla più semplice ingenuità alla trascuratezza, senza dimenticare la sciatteria fino alla malafede.

    L’email marketing in sé potrebbe essere un metodo di comunicazione notevolmente più efficace rispetto a molti altri. Il suo presupposto non è tanto quello di creare bisogni inesistenti né, tanto meno, di abbindolare il potenziale cliente o prenderlo per stanchezza. Semmai ha (o dovrebbe avere) il pregio di fornire risposte laddove ci sia una domanda.

    Così, allo stesso tempo, le tecniche persuasive che sfrutta dovrebbero servire a trasmettere fiducia anziché indurre in sospetto.

    Purtroppo, il vasto accesso a questo tipo di comunicazione e la relativa semplicità con cui può essere sfruttato fa sì che sempre più di frequente la comunicazione venga ridotta a tempestare l’utente di messaggi fastidiosi, puntando su leve persuasive ridotte a tecniche usate in fotocopia. Con il risultato che spesso inducono a scappare più che a lasciarsi persuadere.

    Certo, sul numero, è persino possibile che qualcuno ci caschi, del resto se le Wanna Marchi della comunicazione continuano a esistere, probabilmente è perché in qualche modo il loro tornaconto lo ottengono. Anche se, giustamente, continuiamo a stupircene.

    La differenza tra buona e cattiva comunicazione

    Qual è allora il discrimine? Come si distingue una buona comunicazione da una cattiva comunicazione? Tra un email marketing ben organizzato e uno casuale o sciatto?

    Ovvio che regole fisse non ce ne sono, anche se alcuni elementi sono evidenti e riconoscibili con un esame non troppo superficiale.

    1. Attenzione verso il cliente

    Il primo segnale di buona comunicazione è l’attenzione verso il cliente. Se davvero la mia intenzione è quella di fornire un servizio al mio pubblico, invece che indurre bisogni inesistenti, mi sarà automatico avere particolari attenzioni nei suoi confronti. Attenzioni che si declinano in una serie di atteggiamenti che gli offrano un servizio e non un disturbo.

    Tanto per fare un esempio, potrei far scegliere all’utente l’oggetto delle comunicazioni da inviare oppure la frequenza di invio.

    Se ho un blog posso suddividere i post per macro-aree, per esempio, e permettere l’iscrizione del lettore a liste separate. In questo modo riceverà comunicazioni solo sugli argomenti di suo interesse.

    Oppure, se ho una pubblicazione molto frequente (si intende più di un post a settimana), posso fargli scegliere se ricevere una mail per ogni post oppure una mail riassuntiva con cadenza più lunga (magari una a settimana o una ogni quindici giorni).

    Dare la possibilità di scegliere è utile sia perché non tutte le esigenze sono uguali, sia perché dare la scelta trasmette la volontà di essere utile all’utente e di offrirgli un servizio studiato apposta per lui.

    2. Personalizzazione dell’offerta con l’email marketing

    Per personalizzare l’offerta non basta scrivere “solo per te”. Per quanto il nostro cervello si lasci lusingare dalle false promesse, ormai dovrebbero essere diminuiti i casi in cui le apparenze ci ingannano (anche se mai abbastanza).

    Se nell’email marketing la personalizzazione si può ottenere grazie a una scelta accurata del linguaggio – con i mezzi di oggi non si possono più vedere i “caro/a lettore/trice”, scrivi almeno il mio nome! –, è altrettanto vero che il linguaggio deve essere lo specchio di un intento reale e non, appunto, lo specchietto per le allodole.

    Il remarketing va già in questa direzione, ma anche in questo caso a volte si rischia lo stalkeraggio più che il servizio utile.

    Tanto per esemplificare, se ho lasciato un oggetto nel carrello senza acquistarlo, possono esserci molti motivi. Posso aver sospeso l’acquisto perché in quel momento è sopravvenuto altro di più urgente, posso essermi interrotta perché non ricordavo il numero di carta di credito, posso aver sospeso l’acquisto perché volevo pensarci ancora un po’ oppure posso aver deciso di non comprare quell’oggetto e ho scordato di svuotare il carrello.

    È molto probabile che se, dopo dieci minuti dall’inserimento nel carrello, ricevo una mail che mi invita a terminarlo, mi infastidisca. Mentre invece è possibile che, dopo un certo lasso di tempo che ho dimenticato il mio acquisto, mi faccia piacere che mi venga ricordato.

    La attenzione verso il consumatore prevede anche questo, ovvero che si analizzino le circostanze su dati non su supposizioni: i tempi medi di un acquisto, in quanto tempo viene portato a termine, dopo quanto tempo viene svuotato il carrello, etc. etc.

    Sempre che, ovviamente, il remarketing venga poi fatto con i toni e con le parole giuste.

    3. Utilizzo appropriato del linguaggio

    Come dicevo sopra, il linguaggio che si utilizza non deve essere ipocrita, né troppo lusinghiero, ma deve comunque tenere conto di quel mix di colloquialità e rispetto che ci attendiamo da chi ci dà un servizio.

    Lo studio del tono di voce non deve solo essere in linea con la nostra identità personale (o aziendale) e con il nostro target di riferimento, ma deve adattarsi anche alla situazione specifica: se ti sto ricordando che non hai completato un acquisto, sto facendo un’azione potenzialmente più delicata che inviare una semplice newsletter, ma anche più strategica.

    Di conseguenza, pur nell’ottica del tono di voce che ho studiato per la mia comunicazione, devo tenere conto della diversa situazione.

    Inoltre, se, per esempio, la strategia della mia newsletter è legata al consolidamento della mia identità e alla mia reputazione, invece un’azione di remarketing punta essenzialmente alla conversione, ovvero alla vendita, e richiede un’attenzione diversa verso il potenziale cliente.

    4. Argomenti convincenti e non frottole

    Se si dice che le bugie hanno le gambe corte, un motivo dev’esserci. Quando si fa i furbetti nell’utilizzare le tecniche di persuasione, neanche fossero la pillola magica, si capisce lontano un miglio.

    Le armi della persuasione studiate da Cialdini rispecchiano modelli comportamentali reali e, non c’è dubbio, che possano funzionare soprattutto nel marketing.

    Tuttavia, se voglio usare la leva della reciprocità, non solo un contenuto te lo devo dare davvero, ma dev’essere un contenuto di valore per te. Questo vuol dire che devo conoscere il mio target per non rischiare di tempestarlo di regali inutili. Un po’ come se qualcuno vi regalasse un fiore a cui siete allergici.

    Se voglio usare la leva della riprova sociale, non solo non mi devo inventare recensioni che puzzano di finto, ma addirittura dovrei selezionare tra quelle vere solo quelle più credibili. Perché è vero che la realtà spesso supera la fantasia, ma è altrettanto vero che la credibilità si ottiene su basi ben giustificate.

    E, così, se credo che il criterio di scarsità renda i miei prodotti più appetibili, non devo abbindolare le persone continuando a fare offerte che scadono tra due giorni ogni due giorni.

    Altrimenti saranno la mia reputazione e la mia coerenza ad avere la peggio.

    Che sono due delle armi della persuasione persino più forti, sebbene molti sembrino non essere affatto intenzionati a sfruttarle.

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    12 Comments

    • Ciao Silvia, grazie per la citazione, detto fatto! Interessante approfondimento del tema. La possibilità di scegliere da parte dell’utente se iscriversi a tutti i post o soltanto ad alcuni pareva anche a me ottima ma dopo averla praticata devo dirti che è stata ininfluente. Mi piacerebbe capire qual è il profilo di coloro che accettano di iscriversi a un sito. Secondo me sempre meno persone sono disponibili a offrire i propri dati on line a meno che non sia indispensabile. Ho notato nell’ultimo anno una riduzione delle nuove iscrizioni in presenza di un incremento delle visite. Qualcosa non mi torna…

      • Secondo me bisogna fare un po’ di distinzioni a seconda del blog di cui parliamo. In blog come i nostri è abbastanza normale che dopo un certo periodo di tempo le iscrizioni si fermino: potrebbe essere dovuto al fatto che abbiamo esaurito la cerchia di persone che già ci conoscono e, quindi, hanno fiducia in noi. Chi arriva ai nostri blog per caso, probabilmente ci arriva tramite una ricerca su google e non è detto che, soddisfatta la sua curiosità, abbia intenzione di tornare sul sito. Non necessariamente perché non si sia trovato bene, ma magari semplicemente perché aveva un interesse limitato. (Questo, tra l’altro, ci riporta a valutare bene le keyword in termini di intenti di ricerca: che ci importa di arrivare in prima pagina se in realtà il lettore cercava altro?).
        Per quanto riguarda, invece, la possibilità di dare scelte al lettore, be’ anche in questo caso dipende. Immagina un blog che pubblica più post al giorno, come succede per alcuni blog che seguo, e che ha migliaia di follower. Ecco, secondo me in quel caso è molto importante poter scegliere la sottocategoria anche se magari sono tutti in uno stesso ambito di interesse. Altrimenti molti follower scapperebbero alla terza mail o notifica.
        In un caso come il tuo invece, dove chiaramente il problema non è il numero di post che pubblichi, il fatto di dare la scelta potrebbe diventare un incentivo a iscriversi almeno per due motivi: primo perché, per chi non ti conosce, può essere garanzia che tu non sei una che spamma, secondo perché davvero potrebbero esserci persone interessate solo alla rubrica “passione vela”.

          • Perché dici che non funziona? Secondo me, il fatto che una scelta funzioni o meno non è sempre misurabile. Ok, magari questa scelta non ti fa incrementare le iscrizioni, però dà (o potrebbe dare, non lo so) agli occhi di chi ti segue un’immagine positiva di te come blogger. Voglio dire, le scelte che si fanno possono essere bilanciate da una serie di considerazioni diversificate. L’opinione che ci si costruisce on line è fatta di mille piccoli aspetti proprio perché manca il contatto personale. Ogni elemento che inseriamo (o eliminiamo) dice qualcosa di noi a chi ci segue. Per me, l’attenzione verso il lettore è sempre un elemento positivo, anche se magari in termini numerici non lo si coglie.

            • Hai ragione Silvia, non è solo la quantità a misurare una strategia. E che l’attenzione al lettore debba essere sempre al centro è una sacrosanta verità.

    • Giulia Mancini

      Parlo per me, se mi iscrivo alla newsletter di un blog lo faccio perché non mi voglio perdere i post di quel blog, è una mia scelta, se poi il blogger scrive molti post a settimana posso comunque scegliere di leggerli tutti oppure no, leggerlo solo se ho il tempo di farlo. Diverso è il caso di quelle mail di offerte (tipo groupon e simili) che arrivano in numero elevato ogni giorno, ormai le cancello di default. Per concludere, la mail del blog a cui sono iscritta non mi da fastidio, male che vada ne ho un paio massimo tre a settimana…

      • Sono d’accordissimo, anche perché l’adesione a un blog che mi interessa ha dinamiche molto diverse rispetto a quelle di un ecommerce, già solo per il fatto che l’obiettivo non è lo stesso, ovvero vendere. Però anche le mail di offerte, se studiate non per crearti un bisogno ma per rispondere a una tua esigenza possono essere molto utili.

    • Perfettamente d’accordo con tutto quello che hai detto. Purtroppo i casi virtuosi si contano sulla punta delle dita. Io se mi iscrivo di solito è per ricevere aggiornamenti dai blog, l’ideale sono quelli di WordPress dove posso anche stabilire ogni quanto ricevere gli avvisi. Gli esempi peggiori invece sono quelli che mandano mail sempre e solo a fini pubblicitari, a volte sotto mentite spoglie (anche peggio!). Quello che forse non capiscono è che dopo un po’ a furia di proporsi in quel modo, la mail non la si apre neppure più. Anche mail piene di chiacchiere, senza aggiornamenti del blog o altre novità, io le reputo inutili. Eppure come hai detto tu, le Wanna Marchi della comunicazione non solo esistono, ma ottengono spesso quello che vogliono, tanto che a volte mi chiedo se non sono io a sbagliare qualcosa.

      • Ma no, figurati. Non sbagli tu e non fanno bene loro. Il fatto è che, sul numero, qualche pesce lo peschi sempre. Secondo me, però, spesso chi usa male questi strumenti lo fa per ingenuità, ignoranza e pigrizia più che in mala fede. Poi ci sono i guru che vivono sui cattivi consigli e che potenziano un sistema già distorto. Quelli sì che sono i peggiori.

    • Io considero le mail uno strumento importante e piuttosto privato quindi detesto quelle mail mandate, come i messaggini di whatsapp, con un carettere sterile adattabili a chiunque.
      Detesto anche che mi si riempia la casella di posta di spam, che peraltro non leggo nemmeno e cancello per abitudine ogni giorno. Quindi per me non ha ragione di esistere, non mi convince a comprare o cliccare proprio nulla, anzi, mi fa fuggire.
      Sposo in toto le tue conclusioni e la tua visione critica della questione.

    • A me stupisce che ci siano alcune associazioni di consumatori che tartassano di mail per l’abbonamento con miracoloso gadget, tanto che automaticamente i provider di posta li inseriscono nella cartella spam. Il colmo è che io sono già iscritta, con altro indirizzo email, e i contenuti che loro forniscono non avrebbero davvero bisogno di questa pubblicità invasiva e nemmeno del gadget a basso costo che funziona maluccio. Quindi si stanno dando una gran zappata sui piedi. Ma non capiscono.
      Mi è invece capitato di aver acquistato un videocorso, ma di essere oberata e rischiare di dimenticarmi di averlo acquistato e iniziare a vedere le lezioni. In quel caso la mail, che voleva vendermi servizi accessori, è servita come promemoria! 😀

    • Calogero

      Grazie, Silvia, il tuo post mi permette di sfogarmi un po’ 😉

      I peggiori spammer, nell’ordine:

      1) il tipo ‘Se mi lasci ti cancello’ “Se decidi di cancellarti dalla mia mailing list non riceverai altri aggiornamenti. PER SEMPRE!” (anche un deficente capirebbe che la minaccia non può essere usata come incentivo fidelizzante)

      2) il tipo ‘Adesso che ho la tua mail ti spammo come burro su una fetta di pane tostato’ (dalla terza newsletter settimanale in su è puro spamming)

      3) il tipo’ Il tuo tempo è il mio denaro’ “Affrettati!!! L’offerta è valida solo per i prossimi 15 secondi. Voglio solo gente DAVVERO interessata!” (Ho capito, Ciccio, basta che non t’incaz…)

      4) il tipo ‘Non sei uscito dal mio utero ma è come se lo avessi fatto’ “Offerta SOLO PER TE!” (Nooooooo, ma davvero? Solo per me? Perché sono davvero speciale? Woooaooo! Mi sento talmente lusingato da essere quasi in orgasmo)

      Gli altri aggiungeteli voi 😀

    Lascia il tuo commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Potrebbero interessarti:

    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

    Post Recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Come se fossimo già madri

    Silvia Algerino

    Restiamo in contatto?

    * indicates required

    Per favore, scegli i contenuti che ti interessano:

    Puoi cambiare idea in qualsiasi momento: il tasto per l'annullamento dell'iscrizione è piè di pagina di ogni email che ricevi da me. Oppure scrivimi a privacy@silviaalgerino.com. Per altre informazioni visita il mio sito web. Cliccando qui sotto, mi autorizzi a gestire i tuoi dati nel rispetto della legge. Grazie di cuore.

    Utilizziamo Mailchimp come piattaforma di marketing. Cliccando qui sotto per iscriverti, accetti che le tue informazioni verranno trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Scopri di più su come Mailchimp gestisce la tua privacy.

    Intuit Mailchimp

    Restiamo in contatto

    Iscriviti alla newsletter (e niente spam).

    Yeah! Ora sei dei nostri. Ops! Qualcosa non va. Mi spiace! :(
    Edit Template

    Articoli recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Contatti

    Silvia Algerino

    silvia@silviaalgerino.com

    P. IVA IT 02613430020

    © 2014 Created by Silvia Algerino – 2023 Updated by Silvia Algerino