Partiamo dal presupposto che nell’editoria 2.0 l’aspirante scrittore ha la necessità di conoscere almeno un po’ le tecniche di marketing per farsi conoscere sul web.
Per quanto il contenuto sia fondamentale, che sia quello di un blog, di una pagina social o di un libro, è comunque vero che se non lo vede nessuno tanto vale che ci si sia impegnati a produrlo.
Lo so: il marketing sta simpatico all’aspirante scrittore quanto il self-publishing alle case editrici, ma se continuerete a leggere potreste stupirvi. Potrei svelarvi un segreto. E non un segreto da poco. Volete conoscerlo?
Allora datemi solo cinque minuti e lasciatemi accennare all’inbound marketing.
Che cos’è l’inbound marketing?
Sono d’accordo con voi: sono due brutte parole: difficili da pronunciare (almeno per me) e da tradurre. Non c’è un corrispettivo italiano che lo traduca con la stessa efficacia.
In realtà l’inbound marketing lo facciamo tutti noi (o almeno proviamo a farlo) anche se non sappiamo che questo è il suo nome.
Rientrano in questo concetto tutte quelle azioni di promozione che non prevedono una sistematica ricerca del cliente, ma semmai l’offerta di un contenuto. Il cliente non viene “pressato” dalla pubblicità, ma attirato. Questo fa sì che sia molto importante essere trovabili.
[Tweet “Se non sono raggiungibile con le ricerche sui motori di ricerca, non esisto.”]
Forse non lo sapete ma i blog sono i principali canali dell’inbound marketing.
Al contrario l‘outbound marketing che è quello basato sull’advertising, ovvero sulla classica pubblicità a pagamento, inbound fornisce contenuti a chi li sta cercando.
Nel nostro caso di aspiranti scrittori, stiamo offrendo storie a chi le sta cercando.
In questo modo di comunicare con il pubblico è ancora più importante trovare il target giusto a cui riferirsi, anzi il concetto di target non è più sufficiente.
Ecco dov’è il vantaggio per gli aspiranti scrittori:
[Tweet “Non target, ma buyers personas: in pratica personaggi di un libro.”]
Le differenze tra target e buyers personas
Il target abbraccia un certo tipo di persone definendole per categorie.
Quanto più le categorie saranno omogenee e conformi al progetto che si vuole presentare al pubblico, più sarà alta la possibilità di successo di una campagna.
Tuttavia avrà sempre un certo scostamento dalla realtà, proprio perché si tratta di insiemi fittizi.
Posso individuare gruppi che si assomigliano per età, area geografica, sesso, interessi, orientamento religioso, classe sociale, ma non saprò mai quale sarà l’esigenza specifica di ogni persona.
Il concetto di buyers personas serve a rispondere a queste domande:
- quali sono i bisogni specifici di ogni singola persona?
- come posso soddisfarli?
- che cosa le posso offrire?
[Tweet “Immagina non un target ma una persona reale in quel target: avrai una buyer persona.”]
Buyers personas come personaggi di un romanzo
Proprio da molti dei vostri blog ho imparato a costruire i personaggi, trattandoli come persone reali e andando a sondare ogni loro aspetto.
Le buyers personas non sono molto diverse perché anche in questo caso la parola d’ordine è la verosimiglianza.
Immaginarle come persone reali permette di avvicinarsi il più possibile alle loro esigenze e a capire come possono essere raggiunte e soddisfatte.
Ma vi rendete conto? Questo è il nostro pane quotidiano, altro che marketing astruso!
Sul web si trovano degli strumenti bellissimi che possono aiutarvi nel tratteggiarli.
Hubspot fornisce un vero e proprio tool attraverso il quale creerete il vostro personaggio e riceverete una mail in .doc modificabile.
Mentre il bell’articolo di Marcia Riefer Johnston vi potrà essere utile per capire come costruirlo.
Vi piace l’idea? Perché non cominciare il 2018 con questo nuovo modo di lavorare?
2 Comments
Molto interessante, ottimo spunto per il nuovo anno.
Grazie mille, cara!