Dubbio n. 9: e se usassi le tecniche dei gialli?

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    La settimana scorsa, parlando di come e quando (e se) tenere nascosti certi eventi al lettore, siamo giunti ad una domanda finale che avevamo lasciato in sospeso. La domanda era: e se usassi le tecniche dei gialli?

    Come ricorderete, questa domanda nasceva come suggerimento per provare a superare la difficoltà di mantenere un segreto per tutto l’arco di un romanzo. Poiché il giallo è il genere che si basa su un mistero (chi sarà stato a compiere il delitto?), abbiamo ipotizzato che possa essere interessante anche per il nostro mainstream l’utilizzo delle tecniche di questo genere.[su_spacer]

    Giallo, thriller, poliziesco o noir?

    Poiché, pur avendone letti alcuni, non mi considero una gran esperta in materia, ho voluto fare un po’ di chiarezza per capire di quali generi letterari stiamo parlando e quali siano le loro caratteristiche.

    Tra generi molto simili voler a tutti costi dare una definizione potrebbe diventare un’attività un po’ oziosa, tanto più che poi nella realtà dei fatti spesso un romanzo sconfina in generi simili tra di loro. Quello che ci interessa però capire è quali siano le caratteristiche peculiari di questi generi e se possano essere applicate anche al mainstream.

    L’enciclopedia Treccani on line dà le seguenti definizioni:

    giallo, romanzo: Romanzo poliziesco molto diffuso (così chiamato in Italia a partire dagli anni Trenta perché di solito il libro aveva una copertina gialla), che tiene desto l’interesse del lettore con la narrazione di misteriosi delitti o vicende impreviste e di un’inchiesta.

    thriller: Narrazione o spettacolo (teatrale, cinematografico, televisivo) che sviluppa un intreccio poliziesco o comunque fortemente emotivo, avvalendosi dei procedimenti tipici della suspense così da produrre tensione, brivido o terrore.

    poliziesco, genere: Opera narrativa, cinematografica ecc. il cui argomento è costituito da un delitto, o da una serie di delitti, e dalle indagini svolte da agenti di polizia o da investigatori privati. Nato in letteratura alla metà del 19° sec. con E.A. Poe ed entrato nel cinema ai primi del Novecento, ha conosciuto una ininterrotta fortuna. In Italia è noto come giallo, dal colore delle copertine dei libri del genere pubblicati dall’editore Mondadori dal 1929.

    noir: Nella critica cinematografica, e subordinatamente letteraria, opera caratterizzata dalla presenza di scene violente, trame criminose, atmosfere inquietanti. Il termine fu introdotto nel 1946 da alcuni critici francesi con riferimento a film statunitensi tratti da romanzi che in Francia venivano pubblicati dall’editore Gallimard nella Série noire (così denominata dal colore delle copertine), una collana di polizieschi tascabili, particolarmente attenta alla più recente produzione proveniente dagli Stati Uniti. Riferito dunque al cinema e insieme alla letteratura che lo ispira, il termine si è poi diffuso internazionalmente (dagli anni 1980 anche in Italia), sia pure con una pluralità di usi talvolta impropri (affiancandosi o sovrapponendosi al generico poliziesco, a thriller, a pulp), derivante dalla difficoltà di circoscrivere in una formula univoca un insieme di fenomeni piuttosto complesso. Infatti, più che un vero e proprio genere il n. costituisce una tendenza dell’immaginario, uno stile.[su_spacer]

    Da queste interessanti definizioni potremmo già trarre alcune conclusioni:

    1. Di fatto giallo e poliziesco coincidono, sebbene il giallo sia più propriamente un genere letterario  mentre il poliziesco si adatti anche al cinema;
    2. Il thriller è un tipo di giallo basato sulla suspense o terrore;
    3. Il noir non è tanto un genere quanto piuttosto un’ambientazione o uno stile.[su_spacer]

    Interessante la definizione di James Patterson di thriller, riferitaci da Wikipedia:

    Al genere del thriller appartengono una grossa mole di generi letterari. Ce ne sono tutti i tipi. Il thriller legale (legal thriller), il thriller di spionaggio (spy thriller), il thriller di azione o d’avventura, il thriller medico, il thriller poliziesco, il thriller romantico, il thriller storico, il thriller politico, il thriller religioso, il thriller high-tech, il thriller militare. (…)  Ma ciò che dà la varietà al genere del thriller è l’intensità delle emozioni che esso crea, in particolare l’apprensione e l’euforia, l’eccitazione e la mancanza di respiro, tutte progettate per generare quel brivido che è la cosa più importante di tutte. Per definizione, se un thriller non emoziona, non sta facendo il suo lavoro.

    Mi verrebbe quindi da osservare che il thriller si differenzia dal giallo per l’intensità con cui vengono narrati i fatti e con il ritmo con cui si succedono gli eventi.[su_spacer]

    Quali sono le tecniche di questi generi e come applicarle al mainstream?

    • Distrazione dell’attenzione dall’omicida verso altri personaggi

    Uno dei punti chiave dei gialli è quello di portare l’attenzione del lettore verso determinati personaggi inducendo a credere che si tratti dell’assassino, distogliendo invece l’attenzione dal vero colpevole.

    In un mainstream potrebbe avere senso distogliere l’attenzione da certi fatti secondari, lasciando scoprire solo in seguito che invece sono più importanti di quello che si pensa? Nel mio caso, per esempio, sto pensando ad accennare alcuni fatti senza narrarli, oserei dire una sorta di prolessi a carte coperte. Anticipare cioè al lettore che capiterà qualcosa, senza però dire apertamente che cosa succederà.[su_spacer]

    • Uso di tecniche specifiche ed espedienti letterari

    Per quanto riguarda i romanzi gialli me ne vengono in mente quattro:

    1. Analessi (detta comunemente flash-back) è la tecnica attraverso cui vengono raccontati eventi antecedenti il punto raggiunto dalla narrazione;
    2. Prolessi (o anticipazione) è l’inverso del flash-back, ovvero l’evocazione di un fatto che si verificherà in un momento successivo rispetto a quello raggiunto dalla narrazione;
    3. Sospensione è l’interruzione di un racconto (che in genere coincide con la fine di un capitolo) sul punto di massima tensione, lasciando in sospeso un argomento;
    4. Climax è una figura retorica che ha come scopo l’aumento progressivo della tensione narrativa a livello di espressività del discorso e/o di successione di eventi.

    In realtà questi espedienti, sebbene tipici di questo genere, possono venire usati proficuamente anche nel mainstream, cosa che in effetti accade con frequenza.[su_spacer]

    • Eventi che modificano improvvisamente il quadro dell’indagine

    Da un punto di vista cinematografico è uno schema piuttosto consolidato. Ad un certo punto dell’indagine si verifica un evento che sembra portare l’indagine stessa alla conclusione. Nei polizieschi o nei thriller generalmente prende il sopravvento la rapida sequenza di fatti rocamboleschi che porta alla conclusione definitiva. Nei gialli, soprattutto se non è tanto l’azione a creare il pathos quanto la tensione psicologica, può esserci un ulteriore rovesciamento di scena.

    Un’abile scrittore sarebbe in grado di utilizzare questo schema anche nel mainstream? Io, probabilmente, no.[su_spacer]

    • Rapida successione di eventi

    Probabilmente questo punto l’avrei liquidato molto più in fretta se, pochi giorni fa, non avessi letto un interessante commento di Marco Amato ad un post di Salvatore. Cito testualmente:

    […] E se al mainstream, che possiede delle peculiarità di forza superiori al romanzo di genere, venisse applicata una successione di fatti avvincente, come avviene nei thriller, senza per questo intaccare una importante introspezione interna, cosa accadrebbe? Un romanzo letterario con spiccate capacità commerciali?

    Sebbene questa domanda vada inserita in un discorso di più ampio respiro a commento di un post che ha come oggetto l’importanza dei fatti nella narrazione, certamente introduce un elemento di analisi a cui non avevo pensato. E’ possibile affidare ai fatti narrati la funzione di creare da sé un’introspezione psicologica eliminando ogni forma di commento esterno?

    In un certo senso questo mi riporta ad un’osservazione sugli horror di Stephen King: i suoi mostri non potrebbero forse essere interpretati come la personificazione delle nostre paure più ancestrali? Non sarebbe anche questa un’introspezione psicologica non spiegata ma narrata attraverso i fatti?[su_spacer]

    Conclusioni

    Alla fine di questo lungo discorso, direi che, almeno nel  mio caso, i dubbi superano le certezze.

    In ogni caso penso che le tecniche utilizzate nei romanzi di genere possano essere importate proficuamente nel mainstream sotto forma di metodo per superare alcune difficoltà in fase di costruzione del romanzo o in modo sperimentale per creare qualche effetto particolare.

    Tuttavia il limite contro cui ci si può scontrare è quello di dare troppa importanza alla tecnica a discapito del romanzo stesso. Ma usarle bene e in modo ben calibrato non è per nulla facile.[su_spacer]

    E voi quali contaminazioni tra generi avete usato o vorreste proporre al vostro pubblico?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    15 Comments

    • In un certo senso è il mondo (prendilo con le pinze) in cui Elena Ferrante introduce un elemento giallistico, passami l’estressione, in romanzi che sono di narrativa classica (nel senso di: non di genere). Prova a leggere: L’amore molesto e L’amica geniale. Magari ti possono essere di aiuto.

      • Grazie dei suggerimenti. L’amica geniale l’ho letto, attendo il tuo post per rileggerlo con cognizione di causa! 😛 L’amore molesto l’ho messo nella lista di quelli da leggere, che è sempre più lunga!!

    • Personalmente ti sconsiglierei di applicare le tecniche classiche del giallo perchè complesse e non credo che nel tuo caso sarebbero utili. Un giallo ben fatto è difficile, richiede un’accurata considerazione di tutti gli elementi in modo da fornire il giusto mix di informazioni e false piste al lettore. Tieni anche conto che il lettore di giallo cercherà dalla prima riga di individuare il colpevole, ma non sarà così nel tuo caso, immagino che sarà più semplice sorprenderlo proprio perchè non si aspetterà una sorpresa.
      Gli espedienti narrativi che tu citi (flashback ecc.) in realtà sono tipici di tutta la narrativa, non peculiari di un genere, quindi quelli sì, usali tutti, secondo il tuoo stile 😉
      La differenza tra giallo classico e noir/thriller è che mentre nel giallo l’assassino è sconosciuto fino a quando non viene scoperto nel noir/thriller l’assassino può anche essere palese al lettore (ma a volte anche all’investigatore) fin dall’inizio ed è più un gioco di abilità, una sfida tra investigatore e colpevole.
      Io personalmente tendo a distinguere il giallo dal poliziesco perchè nel giallo la scoperta del colpevole dipende esclusivamente dalle capacità deduttive dell’investigatore, mentre nel poliziesco possono subentrare elementi esterni, fatti casuali, ecc.
      Ecco, forse l’unica cosa che potresti provare a sfruttare è di mettere alcuni elementi in bella mostra in modo che passino inosservati al lettore 😉

      • Silvia

        Avevo immaginato, anche sulla base di romanzi che ho letto, che nel thriller l’assassino potesse palesarsi prima della fine o già fin dall’inizio. Non l’ho scritto nel post perché temevo di dire una stupidaggine. Per altro nel thriller non è neanche detto che debba esserci un assassino, no? Forse per questo al mainstream potrebbe adattarsi meglio una tecnica da noir o thriller, perché in effetti più che generi a sé, sono generi trasversali, che poi tendiamo erroneamente a confondere (almeno io facevo così).
        Sicuramente l’idea di mettere in luce proprio gli elementi che devono passare inosservati è molto interessante Richiede però una grande abilità e una grande sicurezza di sé, ma è una sfida che mi piace. 🙂

    • Oggi cara Silvia sono davvero di fretta, volevo lasciarti un segnale circa un manuale che secondo me aderisce alle motivazioni di usare le tecniche dei gialli un po’ a tutto, te lo linko, l’autrice è di sicuro una garanzia

      http://www.minimumfax.com/libri/scheda_libro/718
      So di aggiungere un libro alla tua già lunga lista, ma valutalo un attimo perché potrebbe fornirti molte soluzioni. Noto che sei in fase di studio quasi leopardiano 😀 Buon lavoro

      • E’ vero! Sono proprio in una fase di studio leopardiano, con il risultato che, per ora, ho una gran confusione in testa! 😛 Ma, da ottimista, penso che sia un percorso necessario. Prima o poi le nuvole si dissolveranno e vedrò il cielo. Grazie del suggerimento. L’ho ordinato subito e penso che scalerà molte posizioni nella lista dei libri da leggere. 🙂

    • Non saprei se le tecniche del giallo/thriller/noir/poliziesco possano avere un’efficacia analoga nei romanzi mainstream; se mi riferisco all’unico romanzo che io ho scritto, ci sono dei segreti da svelare (questo anche in relazione al post di qualche giorno fa), suspense… beh, un clima di attesa c’è, analessi presente e c’è un discreto climax, credo, ma queste caratteristiche prescindono dal genere, credo!

    • Sono in ritardo ritardissimo a commentare, anche se il post l’avevo già letto. Mi sta da sempre stretta la definizione dei generi, categorica come la vivono le case editrici e pure certi lettori, per cui sono convinta che sì, le “contaminazioni” siano proficue, a volte passano pure in sordina ma ci sono. Si pensi nella vita reale quanto “poliziesche” sono certe vecchiette! 😀 (non a caso Agatha scelse Miss Marple). Per esempio, gli espedienti letterari che hai citato (analessi, prolessi, flashback, ecc) sono usati da Sophie Kinsella, che scrive rosa chicklit.
      Per quanto riguarda la distrazione dell’attenzione dall’assassino a favore di altri personaggi, per confondere le acque, è un’arma a doppio taglio. Ancora non gliela perdono ad Agatha per L’assassinio di Roger Ackroyd….

      • Anch’io non amo le categorizzazioni troppo strette. In fondo un romanzo è un romanzo, stabilire a che genere appartenga non è così fondamentale. Credo che le contaminazioni siano un modo per crescere e anche un po’ per uscire dagli schemi. Mi piace sperimentare anche se a volte il rischio di fare un buco nell’acqua, soprattutto per chi non è esperto, è molto alto. 🙂

    • Nel romanzo che sto scrivendo, c’è una sottotrama che potrebbe definirsi “gialla”, sebbene molto esigua rispetto al resto della narrazione: dopo un anno e passa di stesura, mi sto ancora domandando se non sia posticcia. Però tutto sommato non mi spiace, e dà un po’ di pepe. Anche per la definizione del segreto che alcuni personaggi tengono nascosto al protagonista mi appoggio alle tecniche del giallo, svelando la situazione poco a poco. Vedremo poi in revisione se questo rimarrà, in revisione…
      In ogni caso, una distinzione troppo netta fra letteratura mainstream e di genere mi sembra ormai obsoleta: sono sempre di più i romanzi che presentano delle contaminazioni. 🙂

      • Mi viene da chiederti perché temi che la tua sottotrama possa apparire posticcia. Non conosco il tuo lavoro, però credo che nelle sottotrame si possa prendersi anche qualche libertà di divagazione, soprattutto se si tratta di una trama che tu definisci esigua. Se in aggiunta c’è un elemento “giallo” di certo aggiunge quel tanto di suspense che non guasta mai. 🙂

          • Consolati, non sei la sola paranoica!! 😀 😀

    • Marco Amato

      Ciao Silvia,
      Purtroppo in questo periodo la mia ruota gira così in fretta che non riesco a commentare quasi in nessun blog di voi blogger amici.

      Però visto che cortesemente mi hai citato, almeno con te devo fare un’eccezione. 😉
      Io penso che la straordinarietà dello scrivere sia proprio la mancanza di regole e direzioni.

      Anche se i romanzi di genere sembrano imporre paletti inderogabili (in un giallo ci vuole il morto e tale morto non può palesarsi all’ultima pagina del libro), la possibilità di mescolare gli elementi dell’alchimia narrativa è praticamente infinita.

      Io mi vedo proprio così, come un alchimista che prepara intrugli. Tutti noi scrittori alchemici vorremmo trovare la formula esatta per trasformare i metalli in oro, tuttavia, quella ricetta esatta come nella realtà pare proprio non esistere.

      Tornando alla domanda del post: E se usassi le tecniche dei gialli?
      La mia risposta è perché no?
      Sarebbe pedantemente stupido smontare il meccanismo di un giallo per adattarlo a un mainstream. Però il mainstream può perfettamente fare suoi alcuni elementi del giallo e meglio ancora del thriller. E in particolare mi riferisco alla magia di catturare il lettore e spingerlo a voltare pagina dopo pagina col fiato sospeso.

      Detto in soldoni diventa una capacità di gestire gli eventi, di gestire la tensione, il ritmo, i desideri e i voleri dei personaggi.
      Tutto ciò è complicato. Ma scrivere è complicato per natura.
      Alla fin fine non possiamo far altro che tentare al meglio di noi stessi.

      • Ciao Marco e benvenuto tra i commentatori del mio blog. 🙂 Ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo, tanto più se, come sempre più spesso accade, questo scarseggia.
        E grazie anche per la tua risposta, che contiene elementi di analisi di valore. Soprattutto là dove distingui l’adattare un meccanismo in modo pedante dall’importare caratteristiche che tradizionalmente si attribuiscono ad altri generi, rendendole proprie. In altri commenti si parlava di contaminazioni. Ecco credo che si possa riassumere il tutto in questi concetti chiave.

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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