Che scrittore sei? Plotter o pantser?

Indice dei Contenuti

    Giuro che questa non è farina del mio sacco. Semmai sono preziose scaglie d’oro che arrivano direttamente dal blog di Barbara Businaro.

    Se, come me, la seguite, allora conoscete già l’origine del mio post, altrimenti vi spiego brevemente.

    La discussione tra chi predilige creare una storyboard da seguire passo a passo e chi, invece, preferisce affidarsi all’ispirazione del momento è sempre piuttosto calda.

    Personalmente sono passata più volte da una posizione all’altra, incerta tra la necessità di una linea guida e un istinto anarcoide che mi porta a cambiare le regole proprio quando il traguardo appare all’orizzonte.

    Tuttavia, le esperienze pregresse e l’età matura sembrano condurmi verso la quiete e la certezza che senza bussola, cartina geografica o, se preferite, navigatore satellitare non si va molto lontano.

    Sono dunque un plotter che rinnega il passato da pantser? Oppure sono sempre stata la fusione dei due elementi?

    Per capirlo risponderò alle domande proposte nel test finale del post di Barbara e ai posteri l’ardua sentenza.

    9 domande per sapere se sei plotter o pantser

    1. Prima di scrivere prepari una scaletta degli eventi in ordine cronologico?

    Decisamente sì. Se si tratta di un  racconto o di un testo breve non sempre la metto su carta, a volte è solo nella testa. Ma raramente lascio del tutta libera la fantasia e mai in testi di una certa lunghezza.

    2. Riprendi la scrittura esattamente dall’ultima linea dove ti eri fermato?

    Di solito sì. Magari butto un breve sguardo a ciò che ho scritto fino a quel momento per rientrare nel clima della narrazione, ma proseguo con metodicità.

    3. Per ogni personaggio devi avere una scheda dettagliata alla quale attenerti ogni momento?

    Se sto scrivendo un romanzo, ce l’ho di sicuro. Amo preparare i personaggi. Immaginarli, vederli, creare loro una storia che magari poi non verrà nemmeno utilizzata nel testo che sto scrivendo. Ma ciò mi serve a caratterizzarli e a farmeli sentire vivi.

    Per quanto riguarda invece i racconti, di solito non faccio schede però mi preparo il personaggio nella mia testa prima di iniziare a scrivere.

    4. Lasci che le cose cambino improvvisamente a metà della storia, secondo l’emozione del momento?

    Non sempre, ma è già successo. E questo ovviamente mi costringe a modificare la storyboard e a rivalutarne il funzionamento. In questo modo non mi sento schiava della trama, ma allo stesso tempo posso controllare che funzioni.

    5. Hai bisogno di conoscere il finale ancora prima di scrivere l’incipit?

    Le mie storie nella mia mente molto spesso partono contemporaneamente da una situazione iniziale e dall’evoluzione finale. Mi tocca riavvolgerle all’indietro come in una specie di flash-back. Per me la sorpresa, non consiste nel come andrà a finire, ma nel che cosa è successo per arrivare fin lì. Spesso non mi annoia scrivere proprio perché devo riuscire a riannodare i fatti che costituiscono la trama.

    6. Ti trovi mai a scrivere fuori dalla storia principale seguendo un personaggio secondario?

    Sì, anche questo può succedere proprio perché per me la storyboard non è un impedimento, semmai una linea guida che mi aiuta a trovare nuove strade.

    7. Conosci a fondo la trama ancora prima di studiare i tuoi personaggi?

    Di solito, no. Parto dai personaggi principali e dalla loro caratterizzazione, immagino una loro difficoltà iniziale e la risoluzione finale. Costruire la trama vuol dire, per me, riannodare i fili che vanno dal finale all’incipit. Quindi viene dopo.

    8. Provi mai qualcosa di imprevisto e inaspettato solo per vedere dove ti porta la storia?

    Poiché per me l’inizio, o meglio l’incidente scatenante, e il finale sono già scritti in partenza, non mi chiedo dove mi porta la storia, semmai come farà a portarmi in un certo posto. Anche in questo caso possono esserci degli stravolgimenti rispetto alla storyboard, però sono necessari quando ci si accorge che qualcosa che sulla carta funzionava, non sta funzionando.

    9. Il tuo lavoro è un cumulo disordinato di appunti, scrivi in qualsiasi posto e spesso perdi i pezzi?

    Sì e no. Sì  da un punto di vista puramente fisico, perché l’ispirazione arriva quando vuole lei, mica quando lo decido io. E in quel frangente può essere utile annotare dietro uno scontrino quanto sullo smartphone o su un notes. No, invece, da un punto di vista concettuale, perché ho talmente chiara la storia che anche se l’ispirazione arrivasse nel momento più impensato si incanalerebbe comunque nel solco già tracciato e i miei appunti, per quanto apparentemente disordinati, per me sarebbero comprensibilissimi.

    E voi, che scrittori siete? Plotter o pantser?

    Ps. Grazie ancora a Barbara per l’interessante spunto di riflessione.

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    12 Comments

    • Che bella idea farlo diventare un meme. Ora ci penso, magari non lo uso subito, ma prima o poi!

      • Le domande proposte da Barbara erano decisamente interessanti, quindi, perché no? Un bel meme ci sta. 😉

    • Direi che sei un plotter, con elementi pantser, e quindi un plotser. (Sti americani ci fanno uscire pazzi con queste definizioni 😛 )
      Contenta che il mio post sia piaciuto. Come sempre, stavo cercando una risposta per me e ho condiviso tutta la ricerca. 🙂

      • Condivido la tua analisi, del resto non mi ritrovo mai negli estremismi. 😉

    • Daniele

      In un racconto che sto scrivendo ho creato una scaletta, sono 9 punti e per ognuno ho scritto 2 o 3 righe di sunto. Poi ho cercato i nomi adatti per i personaggi, ma li ho creati mentre scrivevo. Per un racconto non mi metto a creare schede.
      Riguardo al finale, capita che lo cambi rispetto a quello immaginato in partenza. È capitato in questo racconto (non è finito, ma ho in mente un finale diverso da quello pensato prima) e in quello precedente.
      Nel racconto bonsai scritto per “Storie di gatti” ho creato una scaletta, ma per quello per la nuova antologia ho scritto di getto.

      • Quindi anche tu sei una via di mezzo tra il plotter e il pantser. Come dire: in medio stat virtus!

    • Giulia Mancini

      Pantser per l’ispirazione della storia poi plotter per necessità, come scrivevo anche nel commento nel post di Barbara. Di solito la storia mi nasce dentro in seguito a un’idea improvvisa e comincio a scrivere qualcosa di getto, può essere l’incipit, la sinossi o un capitolo fulcro della storia, poi però mi tocca pianificare per capire dove voglio arrivare, questo mi è successo soprattutto con il giall. I personaggi però sono già scolpiti dentro di me…

      • Anche tu quindi stai nel mezzo. Che alla fine è sempre la cosa migliore! 😉

    • Io sono una ex pantser, che ormai da tempo cerca di rimediare all’improvvisazione del primo romanzo. Dopo l’esperienza non positiva, sono diventata plotter convinta. Credo sia fondamentale creare un plot organizzato al massimo. Sulla tua scia seguirò l’idea di Barbara e ne parlerò in un futuro post

      • Io sono convinta che senza almeno uno schema (fosse pure mentale) sia davvero difficile avere un prodotto di qualità. A meno di essere geniali come Stephen King, ma non è il mio caso! 😛
        Leggerò volentieri il tuo post, cara! 🙂

    • luisa

      Sono un po’ allergica ai “confini” e al modo tutto americano di limitarci entro essi.
      Io scrivo sempre una traccia intorno a cui si snoda tutto, ma a cui tengo fede fino all’ultimo; studio sempre a fondo i miei personaggi, ed anche se poi non li descrivo, mi è necessario perché agiscano in maniera fedele a se stessi; parto con un finale già chiaro, ma non nascondo che nell’evolversi della storia spesso il finale mi sembra inutile e superato.
      Ho sempre pensato che questo modo di procedere mi venisse dalla mia professione, in cui all’idea segue il progetto, e più esso è chiaro dentro me, meglio riuscirò a comunicarlo e a farne innamorare il cliente. Ma forse non è così?

      • Condivido in pieno, Luisa.
        Dalla creatività al progetto seguendo linee guida che non mortificano ma esaltano l’idea.

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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