Dubbio n.13: come scrivere le scene tabù?

Indice dei Contenuti

    Ultimamente ho un po’ stravolto la programmazione. Ho l’impressione che i miei ultimi dubbi del giovedì abbiano scavato un po’ troppo su errori, dubbi, insicurezze. Di questi argomenti avremo occasione di riparlare più avanti, oggi vorrei tornare a esaminare ciò che si scrive. Anzi, ciò che a volte siamo in difficoltà a scrivere. Parleremo quindi di tabù.[su_spacer]

    Che cosa sono i tabù?

    Partiamo dalla definizione del dizionario di italiano. Tabù è:

    1. ogni cosa su cui, per paura o per pudore, si preferisce tacere: per molti la morte è un tabù; tabù sessuale; tabù linguistico, parola o espressione che viene evitata per ragioni morali, religiose, di convenienza sociale | (fam.) ciò che immotivatamente non si riesce a fare o dire, che crea forti difficoltà: viaggiare in aereo per me è un tabù.

    2. presso i polinesiani e altri popoli di religione animistica, interdizione di carattere magico-religioso verso tutto ciò che è considerato sacro; la cosa, la persona, la situazione che ne sono oggetto.

    Garzanti online

    Ho riportato entrambe le definizioni perché l’una è strettamente legata all’altra.

    Infatti per Freud, che con la sua opera Totem e tabù studiò i tabù partendo dall’analisi della società degli aborigeni australiani, il tabù è un qualcosa che contemporaneamente abbraccia il concetto di sacro e il concetto di pericoloso e impuro. Poiché nella natura umana sono presenti impulsi di desiderio innati, sempre secondo il padre della psicanalisi, essi vengono accompagnati dalla percezione di riprovazione, pertanto la violazione del tabù, anche se inconsapevole o involontaria, fa sorgere il senso di colpa.

    Nella società moderna esiste ancora lo stesso limite indicato da Freud. Morte, malattia e sesso in questo caso vanno a braccetto.[su_spacer]

    Che cos’è il tabù per chi scrive?

    Chi scrive dovrebbe essere libero da vincoli di questo genere. La narrativa, così come la cultura in generale, dovrebbe essere lo strumento principe per superare luoghi comuni, pregiudizi, cliché, dunque anche tabù. Le inibizioni non vanno d’accordo con la creatività né con l’arte.

    Eppure chi scrive è un essere umano e come tale subisce gli stessi condizionamenti inconsci. Come può liberarsene? E, soprattutto, come può essere in grado di distinguere se si tratta di tabù o di semplice opportunità? Voglio dire: è opportuno inserire scene di sesso in un romanzo? quando, perché e, soprattutto, come? E nelle scene che riguardano la malattia o la morte, qual è il confine tra il tabù e il gusto del macabro?[su_spacer]

    Scene opportune e scene da evitare

    Al di là del fatto che ogni ragionamento sull’argomento dovrebbe iniziare con un bel grosso “dipende”, il dubbio rimane. Partendo dal principio che chi scrive non deve lasciarsi condizionare dall’opinione che il lettore potrebbe farsi di lui leggendo certe scene, né che debba sentirsi vincolato al politicamente corretto, resta da chiedersi se certe scene siano coerenti con la natura dell’opera e se il loro inserimento non sia un modo per aumentare le vendite. Consciamente o inconsciamente che sia, è chiaro che strizzare l’occhio all’erotico piuttosto che allo strappalacrime è un rischio che si può correre soprattutto quando si trattano certi temi.[su_spacer]

    La coerenza prima di tutto

    Essere coerenti con sé stessi e con il proprio stile, così come con il proprio genere narrativo sono punti di partenza importanti. In certi casi certe scene potrebbero parere fuori luogo, mentre in altri casi la stessa scena potrebbe essere del tutto appropriata. Quindi, forse, il trucco è tutto lì. Nel capire che cosa è adeguato e che cosa no, regola che peraltro non vale solo per i tabù, ma anche per tanti elementi che compongono un romanzo.

    Detto ciò e dato quindi per scontato che certe scene siano adeguate, rimane da chiedersi come esse siano da trattare. [su_spacer]

    Come scrivere scene tabù?

    Premetto che io non ne ho mai scritte. Forse le ho inconsciamente evitate, forse non mi è mai capitato che fosse necessario. Non amo lo splatter né nei libri né tanto meno nei film. Tra l’altro avrebbe anche poco a che fare con il genere non-genere di cui mi occupo io. Morte, malattia e sangue in genere di solito non hanno nulla a che vedere con quello che scrivo io.

    Invece ora, nel romanzo che sto scrivendo, ritengo che sarebbe opportuno inserire una scena che ha per oggetto il sesso. Come chiamarla: erotica? Il senso non è quello. La mia scena non deve suscitare erotismo, semmai raccontare una situazione, anzi inquadrare la protagonista. Solo raccontando il suo rapporto con il marito, anche da un punto di vista fisico, si potranno capire le scelte che farà nel corso del romanzo e che daranno origine all’incidente scatenante.

    Tuttavia, per coerenza con il personaggio piuttosto inibito, penso che la narrazione di queste scene, almeno nel mio caso, debba essere trattata con delicatezza. Evocare piuttosto che dire esplicitamente. Lasciare davanti un velo che copra certi particolare per esaltarne altri.  Sensualità, al limite, non pornografia.

    La domanda che mi resta è se questo sia questo ragionamento sia sincero o non piuttosto il risultato di un tabù, di cui magari inconsciamente non mi so liberare.

    [su_spacer]

    E voi che rapporto avete con le scene tabù?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    57 Comments

    • mmm… dipende l’hai già detto tu mi pare 😛
      Quel tabù mi manca 😀 figurati che uno dei primi racconti che mi hanno pubblicato in antologia era erotico. E nel mio vecchio blog metà delle poesie erano erotiche (ma non andare a sbirciare 😛 ). Ne ho sicuramente altri, ad esempio non riuscirei a scrivere di violenza sui bambini o sulle donne, se ne fossi costretto stenderei un velo, nasconderei la scena dietro un sipario. E probabilmente ne ho altri talmente radicati da non essere manco in grado di riconoscerli, al punto che proprio non mi verrebbe in mente di scriverci (rimozione totale).
      Quanto al tuo caso specifico non conosco il tuo personaggio e la situazione e, soprattutto l’effetto che quell’atto avrà sul suo sviluppo. Perchè tutto dipende da ciò. Se lei avrà una visione romantica e delicata del sesso allora va bene quel che dici, se invece l’effetto sarà quello di provocarle un distacco, una repulsione, allora ci vorrebbe un po’ più di freddezza scientifica nel descrivere la scena. Al solito dipende (mannaggia, non volevo usare questa parola) dall’effetto che vuoi ottenere 😉

      • Figurati se non vado a cercarle sul tuo blog! 😛
        Non vorrei dire una stupidata, ma ho la sensazione che il tabù erotico sia più femminile che maschile. Del resto è conseguenza delle etichette e dei ruoli che nella società vengono attribuiti a uomo e donna. L’uomo che parla di sesso è un figaccione, la donna è una poco di buono, no?
        In ogni caso penso che cercherò di utilizzare il mio tabù (detto così in effetti è un po’ esagerato) in modo proficuo. Visto che il mio personaggio deve essere descritto come inibito, troppa esibizione sarebbe fuori luogo, no?

        • Non so se siano più inibite, però scrivono meglio degli uomini quando scrivono le parti erotiche. Gli uomini tendono ad essere troppo espliciti, cadono spesso nel pornografico, le donne sono più sottili.

          • Forse non tanto inibite, quanto più vittime di un pregiudizio da cui difficilmente riescono a liberarsi.
            Le donne sono più sottili in molti frangenti! 😛

            • Le donne di pregiudizzi se ne portano dietro anche troppi, cominciamo a toglierne qualcuno 😉

    • P.S. ti faccio notare una cosa: hai scritto “una scena che ha per oggetto il sesso”. Nota come anche nello scrivere allontani quella parola, avresti potuto dire “una scena di sesso” invece ci metti altre quattro parole in mezzo 😉

      • Sì, più o meno inconsciamente ho scelto questa formula perché mi sembrava, come dire?, scientifica! 😉

    • Le scene tabù sono un vero tabù per me, intendo il sesso. Non vedo la morte come un tabù e ne parlo senza grosse remore, nel senso di affrontare il dolore del distacco, anche in casi di morte non naturale. Ho parlato ad esempio di un suicidio. Col sesso sono guai, non lo amo buttato lì, ma come dici tu, talvolta è necessario. Sto cercando di avere una linea più morbida, ma la prima volta che ho scritto la parola “erezione” sono rimasta pietrificata davanti al video per parecchi minuti. Davvero l’avevo scritta?

      • Il sesso e la morte, come la malattia etc etc, fanno parte della vita, eppure tante volte anche nel linguaggio comune tendiamo a escluderli. Pensa quando muore qualcuno come cerchiamo di nascondere dietro un velo la realtà dicendo “è mancato” invece che è “morto”. Oppure quando diciamo “ha un brutto male” invece che “ha il cancro”. Allo stesso modo quando si tratta di sesso usiamo termini che non indichino esplicitamente certe parti del corpo o certe funzioni. E’ delicatezza? Scrupolo? O tabù? Come ben dici tu, persino la parola “erezione”, che in sé non ha nulla di volgare, può crearci problemi.
        Anch’io così su due piedi non credo di avere tabù riguardo alla morte, ma in linea di massima, almeno a livello teorico, nemmeno per il sesso. Però poi devo scrivere una scena di sesso e allora mi vengono un po’ di dubbi… 🙂

    • Nel mio romanzo un personaggio morirà, forse due, però non metterò in scena la morte, ma informerò i personaggi al momento opportuno.
      Per quel che riguarda l’erotismo, ho un problema simile al tuo, in quanto ritengo che alcune scene siano funzionali alla storia e necessarie per illustrare il rapporto fra i protagonisti, specialmente alla luce di alcuni episodi accaduti in precedenza. Allo stesso modo però ho avuto difficoltà nella scelta del punto di vista, dal momento che utilizzo una terza limitata. Credo che nella maggior parte dei casi userò quello di lei. Sebbene sia piuttosto inibita, mi trovo in parecchia difficoltà a raccontare il sesso dal pdv di un uomo, specialmente perché non voglio scadere nel volgare ma mantenermi su toni più romantici.

      • Quindi, come dici Grilloz, anche tu sei dell’idea che dal punto di vista maschile il sesso sia più pornografico? Secondo te, ciò avviene perché per natura il maschio è più “animalesco” o forse anche per una visione della società in cui l’uomo deve svolgere quel ruolo mentre la donna deve mostrarsi più casta?

        • Non più casta, al contrario, più maliziosa. La differenza è che l’uomo va subito al dunque mentre la donna si svela (non solo in senso metaforico) pian piano. Più che una differenza culturale però è proprio fisiologica, ma non fatemi entrare nei dettagli, dai 😛

          • Quindi per te è una differenza puramente fisiologica. Per me sicuramente c’è questo aspetto, ma se si parla di tabù c’è anche una componente sociale. L’uomo deve attenersi a quel ruolo, altrimenti risulterebbe effemminato o comunque poco virile. La donna non può osare troppo, altrimenti risulterebbe una poco di buono. E’ lo stesso pregiudizio che fa sì che, tra l’uomo che va con una prostituta e una prostituta, quella più “colpevole” è la prostituta.

            • Secondo me l’aspetto a livello narrativo varia perché varia la testa con cui ci si approccia all’atto. I pensieri sono diversi, è diverso ciò che si nota, ed è diverso l’istinto di base. Se il punto di vista è in terza limitata, per una donna è forse più facile raccontare la scena dal punto di vista femminile. Si tenderebbero ad usare delle perifrasi per indicare certe “pratiche” e si potrebbe dare maggior rilevanza a dinamiche romantiche, piuttosto che puramente fisiche. 🙂

            • mmm, “puramente” nella realtà non esiste 😉 la componente sociale è in parte intrecciata a quella fisiologica, quindi difficile svelare un aspetto dall’altro.
              Però l’uomo parla di sesso quando è tra altri uomini, meno quando sono presenti altre donne, e credo che le donne facciano un po’ lo stesso, magari con un po’ più di timidezza.
              PErò, superato il fatto che ne arrivino a parlare (scrivere più nello specifico) lo fanno in modo diverso, e in genere le donne tendono ad essere più coinvolgenti, e credo che questo sia molto dovuto alle cause fisiologiche di cui si parlava (non solo ovviamente, non escludo che la donna scrittrice prediliga le allusioni per questioni sociali, ma quelle allusioni sono più intense delle parole esplicite).

              “E’ lo stesso pregiudizio che fa sì che, tra l’uomo che va con una prostituta e una prostituta, quella più “colpevole” è la prostituta.”
              Boh, io ho sempre considerato colpevole l’uomo, però in effetti non rappresento la maggioranza.

    • Tanto per dire quanto possiamo essere diversi…
      Mentre leggevo tabù, stavo pensando a quanto mi ha colpito la tua versione di thriller paratattico di oggi. Perchè? Me lo sono chiesta e credo di avere un tabù sugli assassini per puro svago, o collezionisti d’ossa. Per me un assassino deve avere un motivo più valido. In questo periodo sto vedendo al serie The following, i seguaci di E.A.Poe che diventano seguaci di uno scrittore e ammazzano gente per poi scriverlo in un libro comunitario (una scena dove un seguace dice allo scrittore “ammazzami, ti dono la mia vita, perchè voglio che valga qualcosa!” è completamente fuori dal mio ordine di cose…è un tabù?)
      Poi scorro il tuo articolo e scopro che il tabù è il sesso.
      Che no, non è un mio tabù…sarà per quello che ho letto le 150 sfumature ridendo?! Poi in informatica, è tutto un hard, soft, disk, connect, non si riesce mai a fare un discorso serio 😛
      Il sesso fa parte della vita, anzi genera la vita, direi che senza saremmo estinti. Forse il mio tabù è quanto scrivere senza offendere nessuno. Perchè il sesso è anche un tabù per i lettori e quindi dipende anche dal target per cui scrivi. Certo che se la protagonista è una trombamica non la puoi tratteggiare come una suora carmelitana scalza, non sarebbe credibile. Nel tuo specifico caso, se il sesso della protagonista con il marito spiega anche un loro allontanamento, direi che va inserita quella scena. Velata, non occorre scendere nei particolari anatomici, ma un rifiuto per capirci è un rifiuto. In un matrimonio, è una delle forme di comunicazione, per alcuni anche la più importante.

      • Sulla mia versione del thriller paratattico, ti dirò che mi sono stupita pure io. Nel senso che da decenni non leggo quel genere, per non parlare di televisione, dove qualsiasi scena violenta (persino il telegiornale) mi fa cambiare canale. Boh! Mi è uscita così.
        Per cui a dire il vero forse ho più tabù per la violenza che per il sesso, almeno nella vita reale. Anch’io ho letto le 50 sfumature ridendo, però se le dovessi scrivere, ecco mi sa che non ce la farei proprio. E forse non mi interesserebbe nemmeno. 🙂

    • L’unico problema che ho con i tabù sessuali sono le parole. “Capezzoli”, “pene” e “vagina” a mio parere tolgono tutto il romanticismo e siccome scrivo romanzi rosa e non romanzi erotici, tendo a fermarmi prima. Non evito le scene di sesso, semplicemente, le faccio arrivare fin dove ritengo necessario. Parlo di erezione senza usare questo vocabolo, parlo di penetrazione senza usare questo verbo. Evito di raccontare l’intero rapporto perché credo che l’immaginazione possa fare molto più di quello che farei io descrivendo. D’altronde, non è quello il mio genere.
      Ho fatto un commento più osé di tutte le scene di sesso che ho descritto finora. 😀

      • Evocare piuttosto che raccontare esplicitamente. Condivido. Del resto è anche in linea con il tuo genere. 🙂

      • grilloz

        “pene” e “vagina”, in effetti esistono tanti di quei sinonimi 😉
        “credo che l’immaginazione possa fare molto più di quello che farei io descrivendo.” è questo è proprio vero, proprio per quel che si diceva anche sopra.

    • Ho letto i commenti con particolare interesse, perché volevo vedere come se la cavavano i commentatori. L’unico uomo presente alla discussione è Grilloz? Il confronto con il mondo maschile è sempre affascinante.
      Se le scene di sesso sono orientate più verso l’erotico, non ho problemi, quelle più esplicite mi creano imbarazzo, ma quest’estate ho fatto un esercizio mentale che mi imponesse un distacco tale da rendere possibile la descrizione di alcune scene molto spinte. Ci sono riuscita, ma il libro, se uscirà mai in quel modo, non avrà mai il mio nome (mi vergogno del pubblico e dunque non ho dimostrato niente!) Il mio vero tabù è parlare di violenza, in tutte le sue forme: descrivere una violenza sessuale, per esempio, sarebbe impensabile per me. Credo che mi metta fortemente a disagio la condizione psicologica di inferiorità.

      • Sinceramente non mi sono mai posta il problema della violenza sessuale, sebbene abbia letto libri che ce l’hanno come oggetto, tipo Stupro della Carrano. Da lì a scriverne però ce ne passa. Quello però che mi sembra che stia venendo fuori è che i nostri tabù sono strettamente legati al nostro vissuto e soprattutto alle nostre paure più remote. Superarle nella scrittura potrebbe essere terapeutico anche nella vita quotidiana?

        • Io penso di sì, anche perchè affrontarli da scrittore significa dissezionarli, esplorarli in ogni aspetto, scoprirne tutti i segreti.

      • E poi dicono che i maschi sentono meno questo tabù 😛
        La violenza è un tabù anche per me, ma dipende dal tipo di violenza. Una scena alla tarantino, splatter ed esagerata mi crea meno problemi proprio perchè è irrealistica, volge al grottesco. Una scena realistica, alla Ammaniti per intenderci, mi blocca (anche a leggerla) probabilmente per una questione di immedesimazione. Mi fa paura l’idea, anche se solo in modo narrativo, di poter concepire certe cose, mi fa paura l’idea di poter essere io il mostro.

        • Anch’io, parlando di violenza, ho subito pensato a Tarantino. E anche a me, che in genere rifiuto lo splatter, utilizzato come lo utilizza lui non crea nessun imbarazzo né turbamento. A ben pensarci lo splatter che più mi turba è il telegiornale, perché è reale.

        • Io che adoro Ammaniti, capisco, tuttavia, quello che dici: lo leggo e mi chiedo tutte le volte come diavolo faccia a raccontare quelle cose con una lucidità e una bravura paurose. No, neanch’io riuscirei a fare agire i miei personaggi in quel modo.

    • Marco Amato

      Non volevo commentare essendo in fase no comment.
      Ma visto che Marina lamenta l’assenza di uomini alla discussione (meno male che Grilloz tiene alta la rappresentanza :P) mi sento di partecipare.

      Io non ho nessun tabù, o almeno spero di non averne. Trovo comunque argomenti inaccettabili come la pedofilia.
      Tutto sommato avere tabù lo considero inutile. E’ indubbio che nasciamo nudi ed è poi la cultura del luogo a vestirci di morali sociali e religiose.
      Scrivere di sesso, religione, morte, malattia, violenza perché no? Liberi dai tabù si ha la possibilità di manipolare e forgiare le parole a proprio piacere.
      In un mio racconto una donna sposata ha una scena di sesso selvaggio con due uomini sconosciuti. E’ divertentissimo aver realizzato la scena senza mai un riferimento sessuale esplicito. In altri casi il riferimento è netto, palese, brutale.
      Lo scrittore è un demiurgo che con le parole può tutto. Può giocarci, forgiare, urlare, graffiare. Perché limitarsi?

      • Avere dei tabù più che inutile è un limite. Non solo dal punto di vista creativo ma anche personale e/o sociale. Del resto, riconoscere i propri tabù attraverso la scrittura può essere molto utile per provare a superarli.

    • Questo post cade a proposito. Di recente ho scritto un racconto un po’ piccante, con inclusa persino una scena di sesso (tra l’altro, la prima che ho scritto in vita mia), ed ero quindi un po’ titubante sul fatto che Mondadori potesse chiedermi al riguardo una riscrittura o rifiutarmelo del tutto. Sarebbe stata la prima volta. Nonostante tutto ho voluto tentare comunque.

      I tabù esistono e fanno parte delle società. I tabù non comprendono solo argomenti legati al sesso, o alla malattia, o alla morte. In un Paese a maggioranza cristiana come il nostro, un tabù potrebbe essere il semplice affermare: «anche il papa fa la cacca». In un paese a maggioranza mussulmana ritengo che i tabù possano essere ancora più numerosi e più forti.

      Perché uno scrittore combatte il tabù? Perché essi, in alcuni casi, rappresentano un limite, una zavorra culturale retaggio del passato di cui la società farebbe bene a liberarsi. Tuttavia, dici bene che anche gli scrittori ne vengono influenzati, in due modi diversi: intanto perché nascendo all’interno di una società, per quanto più aperti al nuovo, anch’essi hanno subito il carico culturale dei tabù; poi perché anche se lo scrittore non ne fosse a sua volta vittima, mettere la società davanti a uno specchio è sempre un atto violento, e la violenza genera violenza…

      Per quanto riguarda il sesso, che poi è il caso più tipico a cui un autore pensa quanto si parla di tabù nella scrittura, credo ci siano delle regole generali di buon gusto da rispettare:

      evitare sempre le volgarità: non aggiungono nulla di esotico e, anzi, tolgono valore e stile al testo;
      inserire scene di sesso solo quando è necessario, cioè quando la storia lo richiede;
      evitare i dettagli che non racconteresti a tua madre (o padre, per le fanciulle).

      Poi, per quanto riguarda la tecnica pura, il discorso è ancora più semplice, tanto che lo si potrebbe riassumere così: più è vago, più funziona.

      Per la cronaca, le signore di Mondadori hanno trovato il racconto in questione “intrigante”. Uscirà forse già il prossimo mese.

      • Finalmente un’altra voce maschile a dare la sua opinione! Il tuo commento mi suscita un sacco di osservazioni, ci dovrei quasi scrivere un altro post. Le divido per punti per essere più chiara.
        1. (non c’entra niente con i tabù): ormai anche nei commenti usi lo schema dei racconti: incipit che lascia in sospeso e conclusione che riprende l’incipit. In mezzo la trattazione del tema. 😛
        2. Hai ragione, i tabù non riguardano solo sesso e morte, ma tutto ciò che è sconveniente o visto come “sporco”. Sovente ciò che riguarda il corpo: parti del corso, funzioni corporali, sangue, liquidi. Da lì, per estensione, sesso, violenza, morte, malattia etc etc.
        3. Dici bene: chi scrive subisce un doppio tipo di tabù. Quelli personali, che lo influenzano più o meno consciamente, e quelli dei lettori. Diventa difficile non farsi scrupoli ad andare contro i tabù della società, che oltretutto cambiano di volta in volta a seconda del sentire comune. Oggi il sesso tout-court fa meno paura, forse sono più le diversità a spaventare: non tanto l’omosessualità (ormai sdoganata dalla letteratura), ma i modi alternativi di vivere la sessualità. Oppure altri tipi di diversità. La disabilità, per esempio. Che anche nel parlato abbiamo dovuto rivestire di formule ad hoc seguendo il politicamente corretto. Oppure la devianza. E’ stato scritto anche qui: molti non parlerebbero per esempio di pedofilia. Eppure esiste, è un aspetto violento e negativo della società, ma c’è. Ignorarlo e trasformarlo in un tabù non è forse peggio che parlarne?
        4. Quello che potrebbe emergere è il fatto che chi riesce a superare i tabù della società ottiene il successo del pubblico. Pensiamo al tanto bistrattato 50 sfumature di grigio. Al di là del valore dell’opera in sé, c’è da chiedersi se il coraggio dell’autrice nel superare un tabù così forte della società come il sesso sadomaso (anche se poi molti sostengono che quello descritto non sia il vero sadomaso) non sia alla fine stato premiato dal pubblico.
        Proprio ieri ho letto un bel articolo su Stephen King (http://www.internazionale.it/opinione/nicola-lagioia/2016/04/23/stephen-king-it-trent-anni). Da lì emerge la capacità di King di raccontare le vicende umane nei loro aspetti considerati più “bassi”, ma che alla fine fanno parte della vita di tutti noi. Nell’articolo si dice che la magia di King viene fuori dalla capacità di raccontare di bambini (o adulti) che puzzano, sudano, scoreggiano.
        Non è anche questa una sorta di superamento dei tabù? E non è da lì che nasce il suo successo?

        • Marco Amato

          In realtà però io riguardo alla pedofilia intendevo che al momento attuale, da genitore, non potrei scriverla. Intendo le descrizioni dell’abuso. Di per sé per me non è un tabù e ne parlo anche spesso varcando i limiti dei tabù altrui. Io ad esempio dico senza tanti giri di parole che il grande imperatore Adriano era pedofilo se giudicato con gli standard attuali. Roba che in nessun libro di storia per tabù verrebbe mai detto.
          Ecco il tabù culturale occidentale secondo me non è meno peggio. Credo che il nostro grado di consapevolezza moderno, debba portarci a mettere in discussione anche i pilastri stessi della nostra cultura. Perché io posso andare anche oltre e dire che nell’antica Grecia era comune l’omosessualità, nessuno scandalo, ma anche che era diffuso l’uso e l’abuso dei fanciulletti. Lo sappiamo tutti leggendo le opere. Eppure viene sempre taciuto: a scuola, sui libri, ai convegni. Lo vogliamo dire che deriviamo da una radice culturale per noi adesso anche esecrabile.
          Se giudichiamo schifoso un pedofilo moderno perché non dovremmo considerare schifosi i grandi del passato? Tabù e ancora tabù. Qual è la nostra paura nel dirlo?

          Io ad esempio non mi pongo problemi a dire che il divino Socrate era in odore di pedofilia. E quando lo dico ci sono molti che si sentono in dovere di minimizzare e giustificare.

          Oppure vogliamo scriverlo a chiare lettere che Giulio Cesare oltre ad essere quel grande personaggio della storia è stato pure uno che ha commesso orrendi genocidi e che allo stato attuale, la grandezza da noi vantata equivarrebbe a uno che ha commesso crimini contro l’umanità!

          Io sono d’accordo con Salvatore quando dice che lo scrittore non deve avere tabù. È limitante. E aggiungo che non deve avere peli sulla lingua. Perché lo scrittore è un pioniere culturale, colui che deve incidere i solchi. Il troppo comodo rassicura, ma lo scrittore deve essere scomodo, dire le verità sottaciute, fare emergere le ipocrisie.
          Nella storia i libri sono stati spesso perseguiti. Proibiti. Messi all’indice. Condannati.
          Il Decamerone, i libri di Giordano Bruno, l’Amante di Lady Chatterly, Il Dottr Zivago e la lista sarebbe interminabile.
          Ancora oggi c’è qualcuno che mi dice che il Codice da Vinci non va letto perché il prete della parrocchia ha detto che è il diavolo. Beh in quel libro ci sono tante fesserie storiche, ma alcuni interrogativi religiosi veri ci sono.
          Ben venga insinuare il dubbio in una società che prova a inculcare certezze e sottacere per tabù quello che è scomodo alle nostre coscienze.

          • Con il Codice da Vinci hai fatto un ottimo esempio, così come degli altri libri messi all’indice. Libri scomodi e criticati, ma che hanno ottenuto un enorme successo. Se non sbaglio, il Codice da Vinci da alcune fonti è considerato tra i dieci libri più venduti al mondo negli ultimi 50 anni. Ancora una prova del fatto che superare i tabù contribuisce anche al successo di pubblico. A questo punto sarebbe interessante analizzarne i motivi.

            • Marco Amato

              Un altro libro tabù è i versetti satanici di Rushdie.
              Con la differenza che Rushdie toccando l’islam si beccò una condanna a morte da Khomeini, mentre Dan Brown attaccando la Chiesa si è beccato una ricchezza stratosferica.

              @ Barbara
              In realtà de Il Codice Da Vinci è proprio il perno principale ad essere debole.
              Perché è verissimo che Maria Maddalena è stata boicottata dalla chiesa. Chiunque sa per cultura che Maria Maddalena era la prostituta penitente. Peccato che nei Vangeli canonici non si accenna mai al fatto che che fosse una prostituta.
              Dan Brown da questo punto di vista prende una tradizione antica dichiarata eretica dalla chiesa (idea non sua, infatti è stato accusato di plagio) che vedeva in Maria Maddalena un vero e proprio culto.
              Però non regge in Dan Brown la teoria portante del libro, l’occultamento del femminino sacro da parte della chiesa. Perché semplicemente la chiesa ha inventato un femminimo sacro che è sotto gli occhi di tutti. Ovvero il culto della Madonna che non esisteva fino a 400 anni dopo la morte di Cristo.

              Perché paradossalmente nella chiesa non c’è niente di nascosto, ma tutto è palese. Abbiamo tutto davanti agli occhi: Bibbia, Vangeli, Padri della Chiesa, Concilii.
              Comunque se qualche volta capiterà potremo farne una chiacchierata e sarà parecchio interessante. 😉

              • Conosco Rushdie e so cos’è una fatwa islamica. Oriana Fallaci docet. Apprezzo il tentativo di dialogo interreligioso dei papi cristiani, ma i due libri hanno spiriti completamente differenti (e non credo a problemi di traduzione, la mia edizione del Corano è quella tradotta da Federico Peirone). E’ poi vero che anche i cattolici hanno avuto la Santa Inquisizione, i libri proibiti e la caccia alle streghe, solo questione di tempistiche. Però non posso dare una valutazione col “tanto in giro c’è di peggio”. Leggiamo i 4 vangeli canonici e ne escludiamo un centinaio di apocrifi (alcuni assolutamente visionari, altri però verosimilmente concreti). Per conoscenze personali, posso dirti che no, non è tutto palese. O quel che è palese è solo la punta dell’iceberg. Non occorre scomodare l’Opus Dei, certe associazioni anche a livello localissimo si credono “più cristiani di altri”, e tendono ad escludere (soprattutto negli affari) i non accoliti.
                …sarà anche una chiacchierata interessante, ma mi verrà il fegato verde… 😛

          • “…il Codice da Vinci non va letto perché il prete della parrocchia ha detto che è il diavolo.”
            Un motivo in più per leggerlo di corsa! In realtà non risultano esserci fesserie storiche (a detta degli storici stessi, vedi Bart D. Ehrman), piuttosto Brown pone dei dubbi proprio sui buchi storici che sono stati riempiti dalla religione e che, per tabù o per fede, gli altri non mettono in discussione. Anche a me è capitato di sentire un parroco inveire contro quel libro. Mirabile la risposta di una signora di mezza età: “Quel libro non avrebbe avuto così tanta popolarità, se la Chiesa non avesse tante cose da nascondere. I dubbi si annidano nella nebbia, non nella luce.”

            • Mi sa che anche ‘sto Codice da Vinci va inserito nella lista di quelli da leggere… 😛

              • L’ho letto un po’ di tempo fa, sì, si legge, però personalmente mi sarei aspettato un po’ di più, diciamo tipico thriller americano 😉

                • Silvia

                  Pensa che ce l’ho nella libreria. Ma non so perché non mi ha mai attirata più di tanto. I best-seller mi fanno sovente questo effetto, deve essere un problema psicologico… 😛

                  • Comunque è un libro che si legge in fretta, una lettur distensiva e poco impegnata. Almeno secondo il mio punto di vista 😉

                    • Allora lo inserirò tra le letture estive, tanto ormai quasi ci siamo… 😉

                      • Se lo dici tu… qui nevica 😛

        • 1. Sì, infatti ho letto tutto il pezzo con in testa la domanda: ma poi che ti han detto? 😀

          • Infatti!! e adesso ovviamente ci tocca comprarlo ‘sto numero di Confidenze! Ah, già, tanto lo compravo lo stesso, ormai faccio la collezione! 😛

            • Io posso solo sperare nel buon cuore dell’autore, visto che pare che Mondadori non voglia distribuire anche in Germania 🙁

      • “evitare i dettagli che non racconteresti a tua madre” quindi mi fermo all’ape e il fiore 😀
        Quanto all’evitare le volgarità dipende da cosa si intende per volgarità. Ciò che conta è l’effetto che si vuole raggiungere. Nell’erotico romantico quel che dici è tutto giusto, l’effetto da raggiungere è quello di stuzzicare, intrgare, eccitare, ma senza eccessi.
        Ma se l’effetto da raggiungere fosse ad esempio l’imbarazzo del protagonista ad una prima esperienza allora cambia, magari saranno più utili certi dettagli, se l’effetto da raggiungere è la depravazione, se ad esempio si vuole raccontare la caduta agli inferi del sesso di un personaggio allora la volgarità, intesa come l’uso di termini ritenuti volgari, potrebbe essere il mezzo giusto. Se si vuole provocare disgusto allora si potranno mostrare dettagli disgustosi. Se vogliamo raccontare di una ragazza timida alla prima esperienza che prova rifiuto, ma allo stesso tempo è innamorata del suo ragazzo ad esempio potremmo usare parole delicate per descrivere i suoi sentimenti e parole più crude per descrivere l’atto in se, creando un certo contrasto.
        Per fortuna la lingua è ricca di sinonimi e sfumature: fare l’amore, giaciere, copulare, accoppiarsi, fare sesso, scopare… Sta all’autore scegliere e dosare le sfumature per ottenere l’effetto desiderato.

        • Anch’io sono dell’idea che ci siano molti modi di raccontare a seconda dell’effetto che si vuole ottenere. In ogni caso dici bene: scegliere e dosare le sfumature. Che fa il pari con quello che dice Salvatore quando afferma: più è vago, più funziona. L’evocare è più efficace che il dire apertamente. Però anche in questo caso ci potrebbero essere delle eccezioni…

          • Scrivere è un gioco di equilibrismo tra le parole
            (questa poi me la segno caso mai un giorno diventassi un autore famoso 😀 )

    Lascia il tuo commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Potrebbero interessarti:

    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

    Post Recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Come se fossimo già madri

    Silvia Algerino

    Restiamo in contatto?

    * indicates required

    Per favore, scegli i contenuti che ti interessano:

    Puoi cambiare idea in qualsiasi momento: il tasto per l'annullamento dell'iscrizione è piè di pagina di ogni email che ricevi da me. Oppure scrivimi a privacy@silviaalgerino.com. Per altre informazioni visita il mio sito web. Cliccando qui sotto, mi autorizzi a gestire i tuoi dati nel rispetto della legge. Grazie di cuore.

    Utilizziamo Mailchimp come piattaforma di marketing. Cliccando qui sotto per iscriverti, accetti che le tue informazioni verranno trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Scopri di più su come Mailchimp gestisce la tua privacy.

    Intuit Mailchimp

    Restiamo in contatto

    Iscriviti alla newsletter (e niente spam).

    Yeah! Ora sei dei nostri. Ops! Qualcosa non va. Mi spiace! :(
    Edit Template

    Articoli recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Contatti

    Silvia Algerino

    silvia@silviaalgerino.com

    P. IVA IT 02613430020

    © 2014 Created by Silvia Algerino – 2023 Updated by Silvia Algerino