Otto passi per un romanzo

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    Questo è il primo post della mia nuova rubrica i Dubbi del Giovedì, nata dal post che riprende le tre parole chiave per il mio 2016, di cui una è appunto “dubbio”.  Il fine di questa rubrica è quello di analizzare le difficoltà che stanno nascendo in me nel momento in cui sto iniziando la stesura di un nuovo romanzo.

    Partendo dalla mia esperienza personale,  vorrei condividere dubbi e domande che credo possano trovarsi ad affrontare anche altri scrittori o aspiranti tali di fronte a questo difficile compito.

    In questo mio primo post, più che ragionare su un vero dubbio, vorrei presentarvi il mio metodo di lavoro utilizzato fin qui, cioè nella lunga preparazione che ha preceduto la stesura vera e propria, fornendovi una piccola guida, se ancora dovete compiere questi passi, e chiedendo quale invece è stato il vostro metodo se siete più avanti di me.

    Dalla prossima settimana invece comincerò a proporvi tutti i miei dubbi.

    Scrittura di getto o scaletta?

    Per quanto ci sia ancora chi sostiene che la scrittura di getto sia la migliore e che l’artista non deve essere imbrigliato nella gabbia di uno schema o scaletta, durante questo mio periodo di lavoro oscuro sulla struttura del mio romanzo, ho maturato la convinzione che rispetto ai due romanzi che ho scritto in precedenza, nei quali questo lavoro in parte è mancato o almeno non è stato altrettanto preciso, la differenza, almeno per me, sarà evidente.

    A ben guardare non l’ho trovato poi un lavoro così pesante o noioso e soprattutto è stato fondamentale per organizzare le idee e farmene venire di migliori.

    Ho fatto qualche passo, l’uno dopo l’altro, a volte sono dovuta tornare indietro, ma ho comunque tracciato la mia strada.

    Il primo passo: l’idea

    Avete avuto una buona idea? Mettetela da parte. Non nel senso di accantonarla, ma di custodirla come un buon vino che deve invecchiare quel tanto che basta. Nel frattempo fatevi tutte le domande che vi vengono in mente, tipo:

    • è credibile?
    • interesserà a qualcuno?
    • a quale pubblico potrà interessare?
    • è già stata utilizzata da altri?

    Rispondetevi sinceramente e riproponetevi la domanda in periodo successivi. Se, col passare del tempo, continuerete a essere convinti che sì, vale la pena di farci un romanzo, allora probabilmente ne vale la pena e potete cominciare a lavorare.

    Il secondo passo: la trama

    Un’idea è solo un’idea, non è una trama intera. Per cui cominciate a pensare a tutto lo svolgimento del racconto. Morgan Palmas, nel suo Scrivere un romanzo in cento giorni, suggerisce di creare una specie di cerchio che poi suddividerete in spicchi. Nel mio caso ne ho creati otto, individuando otto momenti portanti della mia storia. Quasi come se fosse una scaletta, ma organizzata in modo circolare.

    La struttura a cerchio ha la funzione di far tornare dalla fine al punto di partenza: se la circolarità funziona, allora anche la struttura sta in piedi. E’ un cerchio che si chiude.

    Ancora Palmas suggerisce di suddividere gli spicchi in ulteriori sotto-gruppi: 3 per ogni punto, ottenendone appunto 24.

    Nel mio caso questo non è stato possibile, io ho creato ben 30 sottolivelli e non suddividendo i livelli superiori in modo omogeneo: a volte ho ottenuto solo 2 sottolivelli, altre anche 5.

    In ogni caso, qualsiasi sia il vostro metodo per organizzare i vostri punti, è importante creare una trama ben articolata in una specie di ragnatela che comprenda un po’ tutto.

    Il terzo passo: i personaggi

    Se avete una trama ormai fitta, avrete individuato quali saranno i personaggi. Ci saranno personaggi principali e personaggi ausiliari, ma sarà importante caratterizzarli tutti con la stessa precisione.

    Io ho seguito un metodo abbastanza banale: ho preso un quaderno a quadretti con gli anelli e ho fatto una scheda in cui ho indicato il nome dei personaggi e il loro ruolo.

    Poi, per ognuno, ho creato una scheda in cui ho inserito tutte le caratteristiche che mi venivano in mente, da quelle fisiche a quelle caratteriali, inserendo abitudini o modi di fare che mi sembravano potessero avere un senso.

    Credo che sia importante scriverlo, proprio con carta e penna, perché favorisce la memorizzazione. Dovete conoscere bene il vostro personaggio per evitare di commettere l’errore di contraddirvi o di fargli fare qualcosa che quel personaggio, se fosse reale, non farebbe.

    Inoltre, senza accorgervene, mentre create un personaggio, create anche la sua storia.

    E’ zoppo? Sì, perché ha avuto un incidente stradale. Quando? Quando andava all’Università. Che conseguenze ha avuto l’incidente sulla sua vita? Etc etc.

    Potete anche non raccontare tutto questo, ma voi dovete sapere com’è successo. O almeno chiedertelo prima di decidere che non è importante per la vostra storia.

    Quarto passo: le sottotrame

    Dalla creazione dei miei personaggi sono nate le mie sottotrame, che traggono origine dalla biografia dei personaggi di cui dicevo nel punto precedente.

    Secondo il mio parere, in un buon romanzo devono esserci delle piacevoli sottotrame. Se la narrativa riesce a condurre il lettore lungo il suo percorso cullandolo nel limbo tra la fantasia e la realtà, non c’è nient’altro che il lettore desideri di più se non continuare a leggere.

    Questo non vuol dire menare il can per l’aia o uscire fuori tema, vuol dire accompagnare il lettore a conoscere parti della nostra storia che possono condurre in direzioni a volte inaspettate anche a noi autori stessi.

    Anche in questo caso alcune sottotrame saranno quasi indispensabili allo svolgimento del racconto perché spiegheranno fatti diversamente incomprensibili, altre saranno accessorie, ma dovranno avere, tutte allo stesso modo, senso di esistere.

    Quinto passo: gli incroci

    Gli elementi portanti della trama e le sottotrame molto probabilmente si incroceranno, a meno che le sottotrame si sviluppino tutte in un altro luogo o in un altro tempo, però sarebbe un caso un po’ particolare. In ogni caso dovrete controllare che il quadro che ne risulta sia verosimile, oppure dovrete chiarivi il perché di una situazione inverosimile.

    Farlo adesso, quando cioè non avete ancora scritto niente, vi permette di tornare indietro sui vostri passi se qualcosa non collima, accorgervene quando siete a metà stesura potrebbe essere un serio problema.

    Sesto passo: la contestualizzazione

    Attraverso questi elementi strutturali avrete chiarito dove si svolge la vostra storia e quando. Se non lo avete ancora fatto (potrebbe essere una storia che si adatta a qualsiasi luogo in qualsiasi tempo) fatelo ora. Se decidete che è indifferente, proprio perché è una storia senza tempo o senza luogo, decidetelo ora. L’importante è che siate coerenti con la vostra scelta.

    Settimo passo: il tono

    Ora che avete deciso che cosa volete scrivere, dovete capire come volete scrivere. In prima persona? In terza? Al passato? A presente? Perché no, al futuro? Scegliete cioè la funzione che avrete voi come narratori, se sarete voi i narratori. Ci sarà un narratore onnisciente? Il tono sarà in funzione di tutte queste variabili.

    Io, nel mio romanzo, ho deciso di scrivere in terza persona al passato. Tuttavia il mio obbiettivo è quello di cambiare tono ogni volta che racconto le vicende di un personaggio in modo che il suo linguaggio entri nel mio. Ci riuscirò? Non lo so, comunque ci proverò.

    Ottavo passo: gli obbiettivi

    Con questo passo si ritorna al primo, anche in questo caso in modo circolare, ovvero all’idea. Se avete avuto un’idea, è perché volevate dire qualcosa. Nell’idea c’è già tutto il vostro romanzo, ma solo in nuce. Come un piccolo germe che ha tutto in sé per diventare pianta, ma senza terra, acqua, calore, sole difficilmente diventerà qualcosa.

    I passi che avete fatto fin qui devono non solo consolidato i vostri obbiettivi, ma portato elementi nuovi per dargli una forma più piena.

    Un romanzo è un viaggio in cui voi che scrivete crescerete, non solo superando le difficoltà e gli ostacoli della scrittura, ma accorgendovi in modo più pieno del significato del vostro messaggio. Il lettore crescerà grazie all’esperienza che gli permetterete di vivere e a quello che il suo vissuto personale gli farà interpretare del vostro racconto. Allo stesso modo dovranno crescere anche i personaggi, perché in bene o in male non potranno restare gli stessi del punto di partenza, altrimenti avrete sbagliato qualcosa nel vostro racconto.

    E voi quali passi avete fatto o vorreste fare verso il vostro romanzo?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    18 Comments

    • Interessante. Provo a risponderti riferendomi alla mia esperienza con i racconti. Sulla preparazione non c’è quasi differenza.
      Per prima cosa: quell’idea, che Calvino chiama l’immagine mentale, va pesata. Cioè bisogna capire cosa di questa idea ci interessa davvero, cosa ci spinge a prenderla in considerazione. Va osservata da tutti i punti di vista, rivoltata, messa in discussione. Se l’idea sopravvive a questa analisi, cioè non c’è venuta a noia, allora forse vale la pena andare un po’ oltre.
      A questo punto ci si potrebbe accorgere che l’immagine originale, quella che abbiamo chiamato idea, è diventata qualcosa di diverso. Non solo si è ingrandita, modificata, ma potrebbe aver cambiato proprio natura. Di questa nuova forma, per procedere, diventa necessario individuare il dispositivo drammatico. Esso è utile non solo a esplicitare la vera natura dell’idea, ma anche a creare quel meccanismo utile a tramutare un’immagine in storia.
      Arrivati a questo punto, non si comincia ancora a scrivere. Infatti si deve prima raccogliere tutto il materiale utile alla nostra storia. Cioè tutte quelle informazioni che ci permettono non solo di sviluppare il racconto/romanzo, ma anche ad approfondire l’argomento. Importante, secondo me, è andare più a fondo che si riesce; cioè, penetrare l’idea finché su questa non abbiamo più nulla da dire.
      Il resto: i personaggi, la trama, la scaletta, ecc. per i racconti in genere non si fanno. Quindi qui mi fermo. Aggiungo solo che di tanto in tanto, soprattutto per i racconti, può capitare di scrivere di getto e di tirare comunque fuori un buon prodotto narrativo. Ma se ci si sofferma a riflettere, potremmo scoprire che tutti questi processi li abbiamo comunque fatti mentalmente prima di cominciare a scrivere.
      A questo punto, forse varrebbe la pena chiedersi che differenza ci sia tra racconto e romanzo, e perché scegliere l’una o l’altra forma. Il racconto è un’immagine che da sola cerca di penetrare il nucleo dell’idea che ci spinge a scrivere quella storia; se ci riesce e ci pare completa, cioè che abbia sondato a fondo la natura dell’idea, allora non serve passare ad altra forma. Se invece ci accorgiamo che da solo il racconto non è riuscito a dire tutto quello che c’è da dire, forse vale la pena riflette su una forma più ampia di narrativa: il romanzo.

      • Credo che per quanto riguarda i racconti sia possibile scrivere di getto anche per un altro motivo: la quantità di materiale da tenere a mente è inferiore. Un romanzo, fosse anche solo di cento o duecento pagine, contiene un numero molto più elevato di dati, informazioni etc etc., nel quale si rischia di perdere il filo.
        Concordo con ciò che dici sulla differenza tra il racconto e il romanzo. In più direi che il romanzo asseconda il puro piacere di narrare e quello del lettore di leggere. Cioè, avendo letto un bel racconto succede di chiedersi: “perché è già finito? avrei voluto che proseguisse!”. Il romanzo in questo caso approfondisce e sviluppa aspetti che nel racconto, per motivi di brevità, vengono solo accennati.

        • Esattamente: il numero di informazioni è minore. Serve una gran memoria per scrivere un romanzo, anche se si fa uso di scalette, schede personaggi, eccetera. Ecco perché alcuni scrittori, anche piuttosto bravi, non riescono ad andare oltre la forma del racconto.

          • Peraltro, secondo me, il racconto ha altre difficoltà. E’ un po’ la differenza che c’è tra il centometrista e il maratoneta. 🙂

    • Daniele

      Secondo me il tono va deciso subito, perché una narrazione in prima persona implica un intreccio diverso, anzi non potrebbe esserci un intreccio, a meno di non creare una struttura ibrida, come in Cloud Atlas.

      • Hai ragione, sicuramente il tono va deciso di pari passo con la stesura della trama. Probabilmente anche la contestualizzazione, a meno di casi particolari. Credo che quando si pensa ad una storia si prenda in automatico anche la decisione del tono e del contesto.

    • Fermo restando che esistono molte tappe intermedie fra la “scrittura di getto” (per me è impossibile, perché come la intendo io è un procedere a caso) e la progettazione troppo dettagliata (c’è chi prima di scrivere definisce anche scene e capitoli), non conoscevo questa scaletta circolare, e credo valga la pena approfondire il discorso. La pianificazione è proprio la mia bestia nera: mi crea ansia. Ho una scaletta generica, ma se entro troppo nel dettaglio mi blocco. 🙂

      • Ciao Chiara e benvenuta sul mio blog. Ti confesserò che ho sempre avuto grossi problemi con le scalette. Nei due romanzi che ho scritto in precedenza avevo una trama di massima che ho modificato in modo netto durante la stesura. In questo caso invece la mia trama è più impegnativa e mi richiede una programmazione maggiore. La scaletta “circolare”, che ho conosciuto attraverso le lezioni di Morgan Palmas, a mio giudizio presenta almeno due vantaggi: il primo è proprio rappresentato dalla forma geometrica a cerchio che, anche visivamente, racchiude in sé tutto il contenuto in modo tale che sia subito visibile da dove si partiti e dove si intende arrivare; in secondo luogo la suddivisione a spicchi o per livelli. Quando ho i punti cardine del mio romanzo (che possono corrispondere a quella che tu chiami scaletta generica), questo tipo di suddivisione permette di entrare maggiormente del dettaglio suddividendo ancora a spicchi più piccoli. Per me ha funzionato, almeno fino a questo punto. Poi in realtà ognuno deve trovare il proprio metodo. 😉

        • Secondo te si può adottare la scaletta circolare anche se lo schema del romanzo esiste già, oppure c’è il rischio di fare troppa confusione? Molti suggeriscono: “se inizi con un metodo, continua con quello fino alla prossima opera”…

          • Secondo me, sì. In realtà non è così diverso da una scaletta classica, semplicemente ti permette di suddividere i blocchi più grandi in porzioni più piccole e di tenere sotto controllo tutto il materiale. Puoi fare una prova e vedere se ti sembra che ti porti fuori strada o se ti aiuta. Io l’ho fatto a penna, su un foglio a quadretti, scrivendo sempre più piccolo e con mille asterischi..
            Poi facci sapere se ha funzionato. 🙂

    • Io personalmente non ho una scaletta così dettagliata. Tendo a partire da una idea che deve essere avvincente oltre che credibile. Poi lavoro attorno a questa idea. Aggiungo scenari, aggiungo personaggi, costruisco le vicende, approfondisco i retroscena. Ne nasce così un intreccio. Cerco di tenere sempre un’occhio di riguardo alla credibilità: la ritengo fondamentale per la buona riuscita del racconto/romanzo. Il mio percorso “operativo” che seguo non è sempre identico.

      • Anch’io ritengo la credibilità un punto fondamentale.
        Spesso diciamo che la realtà supera l’immaginazione, cioè che nella vita reale si verificano fatti inspiegabili. Io penso che questo capiti anche perché non sempre siamo a conoscenza dei retroscena, non sappiamo che cosa ha causato un evento: vediamo solo la punta dell’iceberg.
        Nella narrativa questo non è accettabile perché rischia di apparire surreale. Noi possiamo scegliere che cosa narrare e come, ma non possiamo accontentarci della punta dell’iceberg. Dobbiamo costruirci attorno tutto l’iceberg.

    • E’ arrivata l’idea. Ed ho cominciato a scrivere di getto. Nel frattempo prendeva corpo la trama, i personaggi, l’ambientazione. I fogli hanno cominciato a sovrastarmi, fisicamente. Ho cominciato a perdere “pezzi” disseminandoli. Ed ho capito che mancava la struttura adeguata. Ho provato con un semplice file di videoscrittura, un personaggio ha cambiato nome nel giro di 20 giorni e 20 pagine. Oltre alla struttura, mancava l’organizzazione. Nel frattempo necessitavo di una palestra dove scaricare i nervi della fantasia. Che io non riesco a scrivere sempre nello stesso tono e modo, d’estate salta fuori la vena ironica, d’inverno quella fantasy, devo sfogarmi. Quindi, finchè non rimescolo tutto il cartaceo dentro un software apposito per scrittura (yWriter5, ne parlerò in un prossimo post), ogni tanto mi concedo una scemenza di racconto breve. E nel frattempo studio. Mi sono dovuta imparare le regole del basket, ma ancora non mi sono messa su quel malefico capitolo della partita…Che vederlo è una cosa, raccontarlo è un’altra.

      • Silvia

        Sai io credo che per certi versi scrivere un romanzo sia un po’ come preparare un esame all’università. Hai una enorme mole di materiale da organizzare e ti sembra sempre di non capirci niente e di non ricordarti niente. Poi arriva il momento in cui ogni tassello va al suo posto perché è il punto in cui ormai la materia la possiedi e sei in grado di rielaborarla, farla diventare altro rispetto a ciò che era all’inizio. A quel punto la stesura è solo l’ultimo passaggio di qualcosa che hai già dentro.
        Attendo il tuo post su yWriter5, mi interessa. 🙂

        • No, no, l’esame all’università no… brividi!
          Almeno a scrivere ci si diverte, a preparare gli esami mica tanto! 😛

    • […] e preparazione della struttura portante di cui abbiamo parlato la settimana scorsa nel primo post relativo ai Dubbi del Giovedì, arriva tra capo e collo un dubbio capace di spazzare in un attimo […]

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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