Dimmi che lavoro fai e ti dirò che scrittore sei (meme)

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    Ed ecco che finalmente partecipo al meme di Barbara: dal suo webnauta ci ha lanciato la sfida ad analizzarci come aspiranti scrittori in relazione al lavoro che svolgiamo.

    Il mio primo problema è definire quale lavoro debba prendere in considerazione. Nella mia vita lavorativa ho cambiato attività un certo numero di volte. Sempre per scelta volontaria e autonoma.

    Un breve excursus

    Raccontarvi la mia vita lavorativa non è puro gusto autobiografico, bensì una breve spiegazione di come sia arrivata a ciò che faccio oggi, perché e con quali connessioni con la scrittura.

    Mi sono laureata in lettere classiche, diciotto anni fa, con il preciso obiettivo di insegnare. Fin da bambina sognavo di insegnare. Poi le cose andarono diversamente.

    Appena laureata avevo una folle smania di andare a lavorare e di rendermi indipendente tanto che accettai il primo lavoro che mi passò davanti agli occhi: operatore al canile comunale. In meno di mezza giornata il posto fu mio. Non tanto per la mia fresca laurea, quanto perché non avevo concorrenza.

    Lavorai lì per qualche mese con turni assurdi (dalle 7 alle 10 e dalle 14 alle 17), sabato e domenica mattina compresi (i cani mangiano, defecano e si perdono anche nel week-end) e con una paga di ben 800.000 lire. Ma a me, che fino a quasi 25 anni avevo dovuto chiedere i soldi ai miei genitori anche per comprare il giornale, sembrava di essere ricca.

    Poi venni a sapere di un concorso in un Comune vicino a casa mia. Comprai i libri e iniziai a studiare. Anche in quel caso la mia laurea non era un requisito richiesto, ma, di nuovo, avevo poca concorrenza. Vinsi il concorso senza nemmeno capire quale sarebbe stato il mio lavoro. E cominciai la mia avventura da statale.

    Imparai molto perché nella vita c’è sempre molto da imparare. Ma mi stufai anche molto presto. In quegli anni avevo scoperto la cucina prima del’avvento di  Masterchef e avevo voglia di mettermi in gioco. Così mi licenziai e aprii un locale, un circolo culturale dove organizzavo serate a tema e spettacoli di vario genere.

    Lavorai per sei anni dalle otto del mattino a mezzanotte, sabati e domeniche comprese. Era il mio mondo e io ero felice.

    Poi arrivò Leonardo e la vita cambiò di nuovo. Avevo voluto questo figlio illudendomi di poter fare tutto, tutto da sola, come sempre. Invece mi dovetti rendere conto che non potevo tenerlo con me al lavoro come avevo creduto e mi accorsi che, man mano che cresceva, si intristiva per la mia mancanza da casa. Così vendetti il mio locale e decisi di fare la mamma a tempo pieno. Francesco nacque poco dopo.

    Nei lunghi mesi seduta sul divano ad allattare iniziai a studiare. Già da tempo ero appassionata di siti web. Quando ancora lavoravo al circolo, avevo creato il mio primo sito proprio per il circolo, utilizzando Flash e Dreamweaver. Pensai che quel mondo poteva fornirmi uno sbocco lavorativo pur stando a casa a seguire i bambini. Imparai l’HTML, il CSS e le basi della grafica, prima da autodidatta, poi frequentando un corso professionale. Nel frattempo si diffusero i vari CMS e mi dedicai a WordPress, che mi pareva più alla mia portata rispetto a Joomla!.

    Iniziai ad aiutare un’amica a gestire il sito web e le pagine sui social della cooperativa di cui era presidente. Fu un’ottima palestra. Altre persone mi chiesero di scrivere i testi per i loro siti. Ricominciai a studiare un’altra volta, perché ogni mestiere richiede i suoi strumenti. Scoprii che mi piaceva e avendo già una discreta conoscenza del mondo del web, iniziai a lavorare come copywriter.

    Questo è diventato, ormai da un paio d’anni, il mio mestiere. Quello che faccio tuttora.[su_spacer]

    Quali relazioni tra la mia vita lavorativa e la scrittura?

    • Senso del sacrificio e del dovere

    Non mi piace la vita facile, vivo tutto come una sfida. Ho scelto di vivere nel bosco, non amo le comodità. Potreste trovarmi alle sei di mattina a spalare neve o a girare la terra nell’orto. Non mi spaventa la fatica. Così nella vita quanto nel lavoro, come nella scrittura.

    • Ossessione per lo studio

    So di non sapere. Ho sempre paura di non essere all’altezza del mio compito o di ciò che sto facendo (forse per questo ho abbandonato il mio sogno di insegnare?). Per cui leggo e studio, studio e leggo. Sempre alla ricerca di qualcosa che non raggiungerò mai.

    • Insieme di passioni

    Mi appassiono facilmente e ciò che amo entra in tutti i campi della mia vita, lavorativi e non: musica, cucina, scrittura.

    • Precedenza al cuore

    Pur essendo una persona tendenzialmente razionale, non accetto di piegare la mia vita a logiche puramente utilitaristiche. Non ho esitato la lasciare il posto fisso da statale, ma ho anche sacrificato un lavoro che amavo per un amore più grande: mio figlio.

    Quando scrivo vale lo stesso principio. Non posso scrivere se non sento amore per ciò che racconto, altrimenti lo abbandono. Ma non sempre è un pregio. Il più delle volte è un grande limite[su_spacer]

    Conclusioni

    Il mio modo di scrivere, come di lavorare, parla di me, del mio mondo, del mio modo di interpretare la vita. Prendo la scrittura sul serio, così come ogni lavoro che ho svolto. Direi in modo totalizzante.

    In quello che scrivo c’è tanto dei lavori e delle mansioni che ho svolto finora. Ho lavorato quasi sempre a contatto col pubblico ed è stato inevitabile costruire personaggi e storie intorno a persone reali. A volte questo modo di interpretare le situazioni mi ha permesso di staccarmi dalla contingenza, mi ha – per così dire – salvato la vita.

    Nel test collegato al meme di Barbara sono risultata Artisan, che poi Barbara mi ha indicato come una via di mezzo tra Expressive (espressivo: specialisti del sociale) e Amiable (amabile, specialisti del supporto).  Credo di essere proprio così. E, pur da mancata insegnante, credo di essere felice di esserlo.[su_spacer]

    E voi che autori-lavoratori siete?

     

     

     

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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