Intervista a Elena Ferro su “Tecniche di oratoria”

Indice dei Contenuti

    Questo post fa parte del Blog Tour di Elena Ferro e del suo Tecniche di oratoria.

    Ospito Elena con grande piacere, così come con grande piacere ho letto il suo libro, da cui ho potuto trarre spunti molto interessanti. Ciò che poi mi ha colpita di più sono stati gli aspetti psicologici del parlare in pubblico e la gestione dell’ansia.

    Su questo, in particolare, vertono le mie domande.


    Buongiorno, cara, e benvenuta sul mio blog. Il tuo libro Tecniche di oratoria mi ha interessata fin da quando ne ho sentito parlare.

    Il tema del “parlare in pubblico” è un tema che mi riguarda da vicino.

    A volte capita anche a me di dover parlare in pubblico, più per lavoro che per presentare il mio romanzo. Di solito non si tratta di un vasto pubblico, ma in ogni caso rappresenta un’attività da affrontare con impegno e in cui ho molto da imparare.

    Più di ogni altro aspetto, quello che nel tuo saggio mi ha maggiormente colpita è l’attenzione agli aspetti psicologici. Con il tuo Tecniche di oratoria affronti fin da subito il discorso “ansia”: lo fai dicendo che le emozioni non sono da temere, ma che, anzi, ci servono per lasciare un segno indelebile nelle persone. Come si impara a non avere paura delle proprie emozioni?

    Cara Silvia, intanto grazie per l’opportunità di essere ospite della tua casa virtuale. La prima volta fa sempre effetto 🙂
    Veniamo subito alle tue domande e al tema che ti interessa, la gestione dell’ansia. La mia opinione è che possiamo evitare di essere travolte dalle emozioni semplicemente accettandole. Troppe volte siamo tentate di resistervi e a resistenza crea tensione, attrito, nervosismo. Sono cose che aiutano la comunicazione verbale? Direi proprio di no. Ho scelto di sintetizzare questo concetto nella quarta di copertina, che recita: “La chiave di una buona comunicazione è la ricerca dell’equilibrio tra pathos e logos. Chi si fiderebbe di qualcuno che si esprime correttamente ma non è capace di trasmettere emozioni?”
    Qui sta il senso del mio ragionamento: le emozioni creano fiducia, empatia , contatto. Senza tutto ciò, il messaggio non passa con la stessa forza e radicalità.

    Nel mio percorso personale ho imparato che l’ansia, se non diventa vero e proprio panico, è utile. Se non ci fosse l’ansia non avremmo lo stimolo a reagire alle difficoltà e tutto ci passerebbe addosso senza lasciare segno. Tu dici una cosa molto simile riguardo alla paura: Usate l’energia della paura per migliorare la vostra comunicazione, raggiungendo un livello più elevato di empatia con il pubblico. Potremmo dire che una delle chiavi per superare le paure è proprio renderle alleate?

    È difficile ma a mio avviso è la strada. Tu l’hai sperimentata e sai che funziona, ma non è facile accettare questa verità. Siamo spaventati dalle paure perché pensiamo abbiano a che fare con le nostre fragilità. Invece, è proprio la fragilità a fare la forza. Perché ci permette di superare i nostri limiti.

    Un altro tema molto interessante è quello del linguaggio del corpo e della comunicazione non verbale. In un capitolo affronti il tema della postura e di come il porsi in un certo modo di fronte al pubblico contribuisca a trasmettere un’immagine più autorevole. Come dici tu stessa, una postura corretta è fondamentale per una respirazione regolare che, a sua volta, contribuisce a mantenere la calma. Spesso, però, quando abbiamo paura tendiamo a chiuderci su noi stessi anche fisicamente. Che cosa consigli per vincere questo atteggiamento?

    Nel manuale c’è una parte pratica dedicata proprio a questo problema. Intanto è importante osservarci, essere in contatto con noi stesse. Ciò che noi non vediamo è palese agli altri. La tensione l’insicurezza, si legge nel corpo e nello sguardo. Se respiriamo profondamente quando sentiamo arrivare il panico o magari una domanda scomoda aiutiamo il nostro corpo a non irrigidirsi e ad affrontare la tenzone al meglio. E poi non c’è nulla che risolva meglio un momento difficile che un bel sorriso. Io lo uso speso, funziona!

    Tecniche di oratoria di Elena Ferro

    Ed arriviamo alla respirazione. Una buona respirazione ci calma e ci favorisce. Invece, una cattiva respirazione è non solo è sintomo di ansia, ma ne diventa a sua volta la causa: il corpo si mette in allarme quando percepisce una respirazione irregolare e si agita. Ci si può esercitare a respirare bene?

    Ci sono molti modi per imparare a respirare. Io uso la meditazione e lo yoga. Il pranayama è una tecnica antichissima che non solo mantiene la mente calma ma rafforza lo spirito. Ed è molto utile quando sappiamo che l’ansia è dietro la porta.

    Durante la lettura dei primi capitoli, continuava a venirmi in mente una massima di Catone, reminiscenza dei miei studi classici: Rem tene, verba sequentur. Ad un certo punto, nel decimo capitolo, la citi tu stessa, sottolineando però che la forma è altrettanto importante e che i contenuti vanno organizzati prima. Ci puoi dare un consiglio per ben preparare il materiale per un discorso pubblico?

    Se hai avuto un’anticipazione, significa che siamo in forte connessione! Questa citazione introduce un argomento fondamentale per chi desidera comunicare in pubblico efficacemente: essere preparati, essere dei professionisti. Qualunque lavoro stiate facendo, dovete farlo al meglio delle vostre possibilità. Le persone colgono l’impegno che ci mettete e una buona dose di stima vi arriverà proprio da questa prima impressione.
    Specie se si tratta di lavoro, vi prego, non improvvisate. Non fate come a scuola quando eravate impreparati per l’interrogazione. Forse ve la siete cavata, anche perché avevate una seconda possibilità (magari, il recupero a settembre). Ma davanti a una platea non avrete una seconda occasione, quindi ciò che dovete comunicare deve passare qui e ora.
    Lavorate ai contenuti per tempo organizzateli, anche con l’ausilio di slide se preferite. Sarà più facile trasmetterli e fare in modo che restino impressi nel vostro uditorio.

    L’ultima domanda è, in realtà, una curiosità. Quando parli della cautela con cui procedere di fronte agli ostacoli, usi la metafora della volpe sul lago ghiacciato. Anche il tuo blog si chiama “volpi che camminano sul ghiaccio”. Da dove deriva questa metafora?

    Racconto la storia sulla mia pagina bio del blog. Sono un’appassionata di cultura orientale e amo il libro de I Ching. Quando cercavo un titolo per il mio blog venuto fuori un ideogramma con questa suggestione. Mi è parsa funzionare. Per me significa procedere con cautela ma senza mai fermarsi. La conoscenza è in fondo un percorso scivoloso su cui si può passare solo se si possiede la sufficiente consapevolezza e leggerezza.

    Grazie Silvia per questa bella chiacchierata. Spero di essere stata esaustiva e se è rimasta qualche curiosità ai tuoi lettori, sono disponibile a rispondere alle loro domande.

    Grazie a te, Elena, per essere stata mia ospite e soprattutto grazie per il tuo libro, che – per la sua natura esperienziale – si rivela davvero prezioso per chiunque sia interessato all’argomento a qualsiasi livello.


    Mi chiamo Elena Ferro, ho cinquant’anni e ho dedicato la mia vita al sindacato. La passione per la scrittura mi ha travolta fin dalle elementari, dove raccontavo i miei viaggi immaginari in modo tanto credibile che la maestra dovette convocare la mia famiglia per avere spiegazioni.

    Prima di dedicarmi al sindacato, ho svolto incarichi politici e amministrativi, fatto ricerca come antropologa dello sviluppo e approfondito le tematiche della comunicazione verbale e non verbale.

    Al mio attivo ho un diario di viaggio a Cuba Il futuro di Cuba c’è, il romanzo Così passano le nuvole, e Tecniche di Oratoria. Guida all’arte di parlare in pubblico.

    Volpi che camminano sul ghiaccio è il mio storytelling on line. 

    Appena posso leggo, scrivo, navigo a vela, cammino in montagna e viaggio ovunque mi capiti.

    Non è importante dove siamo diretti, ma se siamo capaci di goderci il viaggio.

    Contatti:
    E-mail: 
    elenaferro@elenaferro.it
    Blog: 
    http://www.elenaferro.it
    Canale YouTube: 
    https://www.youtube.com/channel/UCJfY4eCom-07oG-q5h0qlEA/videos

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    27 Comments

    • Giulia Mancini

      La capacità di parlare in pubblico mi ha sempre affascinata, bella intervista!

      • Qualcosa che trascuriamo troppo spesso ma che ci qualifica nella vita professionale come in quella personale. E serve poco per migliorare se stesse. Grazie Giulia per essere passata e a Silvia che ha saputo tirare fuori uno degli aspetti più interessanti del manuale. Un blog tour ricco ricco!

      • Sai che la paura di parlare in pubblico è una delle più frequenti? In effetti sapere parlare bene in pubblico è una capacità che ammiro molto anch’io e che in certe situazioni può essere determinante. Elena ha scritto un libro molto interessante su questo, sia per chi deve parlare in pubblico di frequente, sia per chi lo faccia saltuariamente. Vale la pena di leggerlo. 🙂

    • Bella intervista da cui traspare tutta la serenità di Elena sull’argomento e tutta la curiosità di Silvia. Sono quasi certa che la sicurezza del parlare in pubblico sia diventata di dominio pubblico, appunto, quando si dice l’effetto delle parole giuste.

      • Serenità. Contrasta con l’idea di ansia in effetti. Vuol dire che Silvia mi ha fatto sentire a casa, esattamente come hai fatto tu cara Nadia. Grazie per essere passata

      • Una delle cose che ho apprezzato di più del libro di Elena è il fatto che si percepisce come i suoi insegnamenti nascano da esperienze vissute. Risulta non un freddo manuale teorico, ma un saggio esperienziale che dà consigli molto pratici. Ma tu che l’hai letto lo sai meglio di me. 😉

    • Ciao, Silvia.
      È da un po’ che ho adocchiato questo libro di Elena, sono certa che prima o poi me lo leggerò. Potrebbe aiutarmi a fissare alcune mie idee sul parlare in pubblico, ma già dall’intervista se ne colgono alcuni aspetti importanti.
      A me capita di parlare in pubblico, per lavoro e in “arte”. Essendo insegnante, devo parlare dinanzi al mio uditorio di ragazzi, essere efficace e interessante. Poi anche dinanzi a una platea in teatro, che è davvero difficile per chi non riesce a gestire l’ansia. Stranamente, pur essendo una persona tendenzialmente timida, riesco a “tenere botta” e fare buone presentazioni. Ma io sono un caso tutto particolare. 🙂

      • Una domanda interessante, Luz. In aula come sul palcoscenico, tu possiedi informazioni, competenze, battute, che il tuo uditorio normalmente non conosce. Sei in una posizione per così dire di forza. Parlando dei ragazzi, anche le domande più scomode sono gestibili da un professore. Davanti a un pubblico di colleghi o pari la situazione cambia. Entrano componenti come la paura di essere valutata o di dire la cosa giusta. Questo, come osserva Silvia, può generare ansia e l’ansia sia può sconfiggere, come abbiamo dimostrato.
        Certo, in riferimento alla dinamica di classe, penso che una certa dose di ansia possa generarsi in un mondo della scuola dove il ruolo dell’insegnamento è fortemente messo in discussione. Leggerai il manuale? Ne riparleremo? Grazie per essere passata

      • Ciao Luz.
        Secondo me, ma sicuramente Elena saprà dirti meglio di me, la timidezza è una cosa un po’ diversa dall’ansia. Anzi, noto che è abbastanza un classico che le persone più timide poi sul palcoscenico o comunque in pubblico sappiano dare il meglio di sé. Forse (ma è solo una mia idea) dipende proprio dalla loro abilità nel gestire i sentimenti e nel saperli rendere un punto di forza.

    • Rosalia Pucci

      Ciao Silvia, ho letto la tua intervista con piacere: traspare tutta la professionalità con cui hai affrontato l’argomento. A me è servito molto il manuale di Elena, mi ha fatto riflettere su aspetti di cui non tenevo conto come quello della gestione dell’ansia, a come provare a renderla alleata e no nemica. Certo, devo migliorare ancora, ma prendere consapevolezza di certi aspetti è il modo migliore per riuscirvi. Grazie a entrambe!:)

      • Concordo con te Rosalia sul fatto che conoscere se stesse sia la prima arma che possiamo usare per combattere ansia e senso di inadeguatezza. Mi rende tanto felice e orgogliosa l’idea che il mio manuale ti abbia aiutata. Grazie per aver condiviso la tua positiva esperienza

      • Grazie a te, Rosalia. Ecco, tu metti in luce un punto interessante: prendere consapevolezza. Che poi è alla base di pratiche come la mindfulness. Anche per esperienza personale confermo che dici una cosa verissima: essere consapevoli cambia proprio il modo di vedere le cose e di affrontarle.

    • Interessante approfondimento, mi piace il fatto che hai incentrato l’intervista sulla questione dell’ansia e della paura. In effetti i consigli di Elena a questo proposito hanno colpito anche me, soprattutto per la prospettiva tutta nuova di considerare le emozioni come un punto di forza. Concordo che si tratta di un manuale molto interessante e mi auguro di cuore che questo tour possa contribuire a farlo conoscere a chi ne ha bisogno (e a chi non sa di averne bisogno!).

      • Ciao Maria Teresa, è un punto per me molto importante permettere alle emozioni di contaminarci e di cambiarci. Nel manuale ho voluto offrire un punto di vista diverso. Come cioè ciò che crediamo un limite possa diventare una risorsa. In generale utilizzo questo metodo, chiamiamolo del rovesciamento, per scoprire lati inediti della questione. Parlando al pubblico questo metodo ci fa scoprire cose che altrimenti non avremmo colto. Parlare a un pubblico può diventare uno straordinario strumento di crescita. Grazie per essere passata

      • Nella nostra cultura abbiamo spesso un concetto errato (o meglio, parziale) delle emozioni. Pensa a quante volte in una giornata diciamo: “dai, non ti arrabbiare” oppure “non essere triste” o “sii allegro, non c’è motivo di non esserlo”, come se a comando potessimo decidere delle nostre emozioni Certo, lo facciamo in modo bonario, ma spesso confiniamo le emozioni in idee preconcette. Così, senza accorgercene, non ci permettiamo di esplorare fino in fondo le emozioni, perché le blocchiamo. Invece, viverle fino in fondo ci permetterebbe anche di sperimentarle e di lasciarle andare più facilmente. Almeno, credo.

    • Molto interessante, soprattutto per una come me che di ansia soffre molto quando c’è da rivolgersi a un pubblico. L’ho sperimentato quando ho presentato il mio romanzo. Per me è importante rompere il ghiaccio, se supero il primo forte impatto, poi comincio a sciogliere i muscoli e a sentirmi a mio agio. Per esperienza, ho anche notato che più si allena l’approccio in pubblico, più facile diventa affrontarlo: sono stata diffusore di Diritto Internazionale Umanitario per la CRI e facevo lezioni ai membri della Croce Rossa: mi capitavano i volontari del Soccorso, più giovani, spesso studenti, ma anche altre componenti adulte, con professionisti che pretendevano molto. Ho imparato a gestire i movimenti. Per esempio, ti faccio una domanda, Elena: è vero che gesticolare troppo, aiutarsi con le mani in modo eccessivo non dà mai una buona impressione?

      • Ciao Marina, concordo con questa tua affermazione. Quando comunichiamo dobbiamo mostrare sicurezza e, accettando la formulazione di Nadia, serenità. In questo modo ciò che vogliamo comunicare arriva meglio, non si generano tensioni e si mette a proprio agio chi è con noi nella discussione. Gesticolare, vizio piuttosto diffuso, mostra più di ciò che serve. Come dice Silvia, il linguaggio del corpo ha un potere per chi sa interpretarlo che può essere pericoloso. Recentemente ho visto via YouTube l’intervento di un alto dirigente sindacale che sta conducendo una dura battaglia contro i vertici dell’organizzazione. Il suo eloquio era fermo e determinato, ma una serie di movimenti, immagino peraltro incontrollati, hanno tradito la sua tensione e il suo disagio. Poco dopo ho avuto le prove che avevo ragione. Nel manuale tratto molto semplicemente questo tema come uno degli elementi da tenere più sott’occhio durante la nostra comunicazione. Se avrai modo di leggerlo, sarò curiosa di sapere cosa ne pensi. Grazie per aver partecipato al blog tour!

        • Vi confido una cosa: sono mortalmente timida e l’ansia mi mangia viva, ma (atteggiamento già sperimentato 22 volte all’università :P)… sapete come gestisco entrambe le cose? Sto seduta con le spalle drittissime come se volessi mangiarmi il pubblico e parlo con un tono di voce sostenuto. Cioè, tipo effetto paradosso: più sono ingoiata dall’ansia più mostro sicurezza e spavalderia. Sbagliato, vero? Anche l’atteggiamento opposto potrebbe essere controproducente. Comunque, leggerò il tuo testo, Elena: ho idea che troverò altre risposte ai miei dubbi.
          (Un ricordo: durante l’esame di diritto privato, morta, anzi di più. Mi siedo e, alla prima domanda, rispondo che sembro a una recita teatrale. Il professore che sta interrogando un altro studente accanto, si ferma e ferma me invitandomi a parlare più piano… Poi ho preso un bel voto. ;))

          • Perdonatemi, Marina e Elena, se rispondo io che non sono l’esperta, ma questo tema mi affascina un sacco.
            Secondo me il tuo non è affatto un atteggiamento sbagliato (in primis perché, come dici tu stessa, funziona). La tua sicurezza probabilmente nasce dal fatto che, pur essendo timida, sei comunque consapevole della tua preparazione e questo ovviamente ti aiuta (e anche qui si torna a ciò che dice Elena sull’importanza della preparazione).
            Non dimentichiamo che l’ansia, per quanto non sempre gradevole da provare, è molto utile perché ti stimola a dare il meglio, quindi non va eliminata. Se tu hai trovato il modo di gestirla efficacemente, sei a posto. 😉

      • Nel libro di Elena si parla proprio della gestione del corpo, se non erro c’è anche l’esempio proprio del gesticolare. Poi ti risponderà lei meglio di me. Secondo me, ma la mia è un’opinione personale, il linguaggio del corpo è certamente molto importante però non bisogna neanche fissarsi troppo su che cosa penseranno le persone altrimenti potrebbe essere controproducente.
        Mi spiego meglio: spesso il gesticolare è una conseguenza dell’ansia, non la causa. Per cui se riesco a gestire l’ansia è meno probabile che mi metta a gesticolare in modo esagerato. Ma al contrario, se io sono una persona che abitualmente – entro un certo limite – gesticola, il fatto di farmene un problema potrebbe peggiorarmi l’ansia. Per esempio, potrei trasformarlo in un punto di forza utilizzando la gestualità per trasmettere le mie emozioni al pubblico. L’importante è che sia coerente con me e con il mio modo di essere e che non sia frutto del caso, ma che abbia una precisa finalità. Insomma, anche in questo caso la consapevolezza di ciò che ci accade è un po’ la base per saperci gestire.

    • Calogero

      Buonasera Silvia,
      prima volta da te (chissa perché il tuo ‘Lettore creativo’ me l’aspettavo proprio così 🙂 ).

      A quanto pare Nadia non è l’unica a cavarsela da Dio con le interviste (mi fate un’invidia… 😀 )

      @Elena: E nel caso in cui l’oratore avesse l’esigenza di mostrarle un po’ meno le emozioni, di mitigare una penalizzante sovraesposizione emotiva, a quale santo dovrebbe votarsi (a parte Sant’Elena Ferro dico)?

      • Ciao Calogero e benvenuto sul mio blog! Grazie mille per l’apprezzamento (anche se è innegabile che Nadia è ben più brava di me nelle interviste).
        Anche se la tua domanda è rivolta a Elena, ti dico la mia personalissima opinione. Secondo me se non hai paura delle emozioni e se le accetti, automaticamente si riducono e non ti travolgono. Spesso “cercare di trattenersi” è controproducente perché diventa una battaglia contro se stessi. Che poi sia facile, è tutto un altro paio di maniche. 😉

        • Calogero

          Grazie Silvia 🙂
          Definirla opinione, a giudicare da quanta cognizione di causa trasuda, mi sembra riduttivo 😉
          Sono d’accordo che trattenersi sia controproducente. Probabilmente bisogna allenarsi, abituarsi, a tenere il giusto livello emotivo.
          Elena suggerisce di praticare yoga e meditazione. Magari aiuta a prevenire l’apnea da elevato stress emotivo.

          • Io da un annetto circa pratico la minfulness, che, detto in modo un po’ banale, è una sorta di meditazione all’occidentale. Trovi molte tracce su Youtube, se ti interessa. In effetti aiuta a ottenere una buona consapevolezza di sé e a imparare a riconoscere, e quindi a gestire, i momenti critici quando si presentano.

            • Calogero

              Tentar non nuoce.
              Grazie della dritta, Silvia.

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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