Giorni strani

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    Che questi primi giorni di vacanza dei miei figli sarebbero stati un po’ destabilizzanti, l’avevo previsto.

    Quest’anno, per la prima volta dopo tanti anni, lavoro a tempo pieno. Gli anni scorsi era diverso. Lavoravo anche allora, ma erano lavori saltuari, per certi versi anche ripetitivi e mi occupavano una quantità di tempo inferiore, oltre al fatto che anche a livello mentale mi richiedevano un impegno inferiore.

    Ora, fortunatamente, ho progetti importanti, che potrebbero dare una svolta seria alla mia attività, e che non coinvolgono solo me ma anche altre persone con cui si lavora in squadra. Non posso delegare. Non posso dire “i miei figli vengono prima e se vogliono giocare a palla con la mamma, mollo tutto e gioco a palla”. Anche se ne avrei un’immensa voglia. Mi devo barcamenare tra il tempo da dedicare a loro e quello in cui bisogna lavorare.

    Ci sono anche altre cose, impegni meno pressanti ma di uguale importanza: il blog, l’editing del romanzo, la stesura di quello nuovo.

    L’estate è la stagione del mio orto. Del giardino. Dei piccoli e grandi lavori in casa. C’è da sistemare la legnaia per l’inverno, riverniciare le ante, imbiancare il soffitto del bagno che si scrosta. Riporre i libri di quarta di mio figlio e fare lo spazio per quelli di quinta e per quelli nuovi nuovi del piccolino, che a settembre andrà in prima.

    La vita pulsa a un ritmo superiore a quello a cui riesco a muovermi io. Ho la sensazione di arrancare.

    Poi succede che quell’orribile notizia, quella che temevo e che aspettavo, arriva davvero. In piena notte, come avrei scritto in un romanzo, se fosse solo fantasia. L’orologio perde senso. Il ticchettare non scandisce più impegni che ora non hanno più ragione d’essere, ma minuti infiniti, l’uno uguale all’altro, con lo stesso carico di sofferenza.

    Diventano giorni strani. Di domande ripetute all’infinito. Di presenze e assenze che non richiedono giustificazione. In attesa che il cervello riesca a rimettere ogni cosa al suo posto e che le ore tornino ad essere semplicemente ore.

     

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    14 Comments

    • Non so cosa ti sia successo, ma conosco molto bene quella sensazione.
      Ti sono vicino…

      • Grazie, Gabriele. Sento davvero la tua vicinanza e mi fa molto piacere. 🙂

    • Di sicuro quando arriva l’orribile notizia tutto si ferma e si muta. Quell’arrancare faticoso ma che comunque aveva un senso, di colpo non l’ha più. Mi spiace sul serio, io ci penso spesso, l’ho messo anche ne finale de Le affinità, basta un attimo per non cogliere più le margheritine nel prato. Sono contenta invece dei progetti importanti per la tua attività che potrebbero segnare LA SVOLTA. Ti abbraccio.

      • Grazie dell’abbraccio, Sandra. Stringiamo i denti e andiamo avanti, cercando di recuperare quell’ironia che mi hai trasmesso nei tuoi libri. 🙂

    • nadia

      Cara la mia super Silvia, non sei solo una mentore per me, una tutor che bookabook mi ha permesso di conoscere, ma anche una splendida persona che mi riversa tutta la sua dolce freschezza ad ogni contatto. Come al solito le nostre strade si incrociano e intersecandosi parlano.
      Da mamme, di figli quasi della stessa età, ci capiamo. La nostra passione per il mondo della scrittura, il nostro desiderio per essere equilibrate nella vita privata e professionale, ci rende complicato il ruolo di genitore che vorrebbe avere come la dea Kalì più mani di quelle che ha. Ma siamo umane e nella quotidiana umanità altre giornate destabilizzanti e importanti come queste interverranno. Ogni lezione serve a renderci più forti, ma non coriacee alla vita, solo più presenti.
      Ti lascio questa come carezza perché ancora una volta i nostri cuori sono uniti.

      Un bacio speciale.
      La voce udita, parlava con un tono talmente suadente da averlo convinto all’istante. Non era comunque troppo difficile scegliere alcuni oggetti e posti per farli diventare speciali. Negli anni aveva viaggiato e portato souvenir, arredato la casa con quadri collezionandone di importanti, non sarebbe stato dunque difficile preferirne alcuni.
      Provava strane sensazioni, si sentiva ebbro di impazienza. Così passava davanti a mobili e pareti soppesando se fosse meglio lo specchio o la lampada, l’album di fotografie o il portauovo in legno intagliato a mano. Tutto effettivamente racchiudeva un ricordo piacevole che avrebbe voluto mantenere. Ma nulla era così facile da scegliere. Uno ad uno li toccava indeciso se fosse meglio quel piccolo portachiavi appeso o la ciotola con le caramelle in sala, la coperta del letto o il cappello poggiato sull’attaccapanni.
      Tic tac, tic tac, il tempo passava e doveva sbrigarsi a risolvere il compito che gli era stato affidato.
      Avendo la possibilità di rendere importanti un numero imprecisato di cose, disseminate ovunque, diventava simile a preparare un valigia mettendoci dentro il bagaglio preferito da portarsi dietro. Qui al contrario era il bagaglio importante da lasciare, quello da riempire.
      La foto del suo più bel primo piano, con dietro il panorama del mare. Eccola, finita laggiù nella scatola più vecchia, degli scatti di quando le macchine usavano il rullino.
      Il suo profumo da sempre, con le note agrumate che sapevano di estate anche in pieno inverno, poggiato sulla mensola del bagno, nella boccetta azzurra.
      L’amuleto portafortuna. La moneta uscita di conio nel lontano 1960 anno della sua nascita. Un piccolo cerchietto argentato leggero e consumato del valore inconsistente di 5 lire, che amava portare con sé in tasca, ricordando di sfiorare durante i momenti complicati.
      Come oggetti potevano anche bastare, ma passandogli vicino sfiorò più volte angoli della casa, porte e finestre in cui senza volere lasciò il suo ricordo.
      Uscendo dalla cucina e risentiti i mille sapori che gli tornavano alla memoria, si voltò ad osservare i bellissimi fiori che cominciavano a spuntare nel giardino. Si sedette sul dondolo a inebriarsi della natura, sotto i raggi del sole tiepido del mattino, nel silenzio di un giorno appena iniziato.
      La casa era vuota, ordinata, sgombera di voci e rumori che di solito la riempivano diventando insopportabili. Nessuno si affrettava per uscire, nessuno aveva cose importanti da dire sovrapponendosi all’altro. L’aria era mesta e quel silenzio era impastato di parole sospese in attesa della verità. Lui la conosceva la verità, ma non poteva svelarla. Quello era il patto.
      Leggero e sereno, si alzò dal dondolo lasciando che continuasse a muovere per inerzia. Aveva svolto il suo compito, veloce e silenzioso come era stato richiesto, lasciando un po’ di sé ovunque gli fosse piaciuto.
      Al rientro a casa, chiunque si fosse avvicinato a quei piccoli insignificanti posti avrebbe sentito la sua presenza, la sua essenza, riportando alla mente la calma e l’amore che voleva trasmettere. Le lacrime si sarebbero trasformate presto nella dolce medicina dell’oblio, capace di rivestire il dolore di una preziosa patina di dolcezza. Presto le cose prescelte avrebbero preso il suo posto regalando sollievo a chi le avesse incontrate.
      La voce suadente lo invitava a seguirlo, altrove.
      Più leggero di un soffio si alzò in volo lasciando un bacio a ricoprire il mondo.

      • Grazie, Nadia. Sei sempre carinissima con me. E grazie per la carezza. Ci voleva. 🙂

    • Le telefonate in piena notte, l’incoscienza del sonno che fatica a cogliere i significati, l’adrenalina che entra velocemente in circolo per gestire l’urgenza.
      Non si è mai pronti abbastanza. Un abbraccio.

      • Hai ragione. Per quanto già si sappia, non si è mai pronti abbastanza. Grazie dell’abbraccio, che ricambio. 🙂

    • iara R.M.

      Un abbraccio anche da me.

      • Grazie, Iara. Fa davvero piacere. 🙂

    • Sì, speriamo che le ore ritornino a essere semplicemente ore!
      Qualunque cosa sia accaduta, coraggio!

      • Le ore lentamente passeranno e torneranno ad essere ore, come sempre. Grazie del sostegno, Marina. 🙂

    • Mi dispiace, una notizia in piena notte non può che essere qualcosa di grave. Dunque, coraggio. Ti auguro di recuperare presto un po’ di serenità e di dedicarti alle belle cose che avevi in mente, come l’orto e il giardino…

      • Grazie davvero, Maria Teresa. Sì, bramo l’orto e il giardino. Arriverà il tempo anche per quelli. 🙂

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    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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