Essere multitasking (o forse no)

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    In questi ultimi anni la parola multitasking è diventata molto comune nel nostro dizionario personale. I professionisti sono multitasking per definizione, le mamme solo sono diventate di necessità, per non parlare degli studenti e, persino, i bambini, oggi iper-impegnati tra scuola e attività varie.

    Ma che cosa significa esattamente “essere multitasking” e da dove nasce questa espressione?

    Che cosa significa multitasking

    Multitasking è una parola inglese che significa letteralmente “multiprocessualità” ed è mutuata dal linguaggio informatico.

    Nell’informatica con questo termine si indicano i sistemi operativi in grado di eseguire più programmi contemporaneamente. Anzi, a dire il vero, i programmi rimangono attivi contemporaneamente ma la CPU del pc “rimbalza” dall’uno all’altro molto velocemente eseguendo le istruzioni dell’uno e degli altri in modo alternato.

    Questo ci spiega perché se teniamo aperti molti programmi contemporaneamente il computer rallenta, anche a seconda del peso dei programmi stessi e dalla velocità di elaborazione del pc. 

    Il sistema operativo multitasking è composto di due dispositivi: lo scheduler e il dispatcher.

    Lo scheduler si occupa di stabilire quale processo eseguire nel momento in cui riceve più richieste, mentre il dispatcher comunica la decisione dello scheduler alla CPU e si occupa dell’elaborazione del task.

    Quindi, in realtà, persino il pc non elabora nello stesso identico momento più informazioni, ma è talmente veloce nell’elaborare le singole informazioni e nel passare da una all’altra, da darci la sensazione di lavorare contemporaneamente su più fronti. [1]

    Come funziona un cervello umano multitasking

    Anche se vi sono molte analogie, il cervello umano non funziona come quello di un pc, e per fortuna. 

    Anche noi ci ritroviamo sovente a fare più cose in contemporanea: parliamo mentre camminiamo, ascoltiamo un’altra persona mentre ci leghiamo le scarpe, seguiamo la partita mentre guidiamo.

    Questo è possibile perché la memoria umana è diversa da quella di un pc. Il pc, infatti, ha una memoria sequenziale attraverso la quale ordina i processi in ordine.

    La memoria umana, invece, è costituita di diverse memorie. 

    La memoria procedurale è quella che ci permette, una volta appresa una tecnica, di utilizzarla in automatico. Per questo non abbiamo bisogno di ricordare come si legano le scarpe o come si guida, perché il nostro cervello è in grado di farlo anche se non prestiamo attenzione a quella azione.

    In tal caso si parla di attenzione divisa: se non dobbiamo ricordare come si compie una certa azione, possiamo permettermi il lusso di dividere la nostra attenzione con altro.

    Quando invece una competenza non è ancora automatica, abbiamo bisogno dell’attenzione selettiva che ci richiede una concentrazione esclusiva: se stiamo imparando a guidare la macchina, molto probabilmente non ci accorgeremo nemmeno se la radio è accesa o meno, tanto sarà la nostra concentrazione sulla guida.

    Il problema subentra quando cerchiamo di fare in contemporanea più azioni che richiedono tutte un’attenzione selettiva (ed esclusiva). Per esempio, non riusciremo mai a leggere e a parlare contemporaneamente.

    Se tentiamo di farlo ugualmente, il nostro cervello, come nel caso del pc, si troverà a passare continuamente da un’azione all’altra. Ma, mentre il pc può farlo agevolmente, noi ci troviamo di fronte a due ostacoli:

    • un notevole dispendio di energie, dal quale poi ricaviamo una sensazione di confusione e di poca efficacia;
    • una perdita di tempo: la nostra memoria, non essendo in grado di gestire contemporaneamente più processi, ha bisogno di tempo per recuperare le informazioni necessarie. 

    Ma non solo: il nostro cervello si trova a dover gestire anche emozioni, che ne aumentano il carico di lavoro. Con il rischio di mandarlo in tilt.

    Di come ero multitasking e di come adesso non più

    Ho passato un periodo della mia vita in cui pensavo che essere multitasking fosse veramente figo. Mi sembrava di incastrare tutto alla perfezione e di essere particolarmente efficace.

    Sono arrivata ad utilizzare due computer contemporaneamente per sfruttare i tempi morti del pc, con la presunzione di essere più veloce di un calcolatore, anzi di due.

    Invece mi sono ritrovata stanca, svogliata, confusa e poco produttiva e per capire che cosa mi stesse succedendo, ho cominciato a studiare le cose che vi ho riassunto brevemente qui sopra.

    Ho capito che la mia ansia da produttività mi rendeva sempre meno produttiva e che ero entrata in un circolo vizioso che da solo mi generava sempre più ansia. 

    Così ho fatto non solo un passo indietro, ma almeno cento.

    Da qualche mese dedico ogni giorno un quarto d’ora del mio tempo alla mindfulness: questi esercizi mi aiutano a concentrare l’attenzione su una cosa per volta e mi abituano diminuire la distrazione. È normale che i pensieri si accavallino molto velocemente: così è fatto il nostro cervello. Quello che possiamo fare è addestrarlo a tornare continuamente sul pensiero principale, quello da cui siamo partiti, nonostante le divagazioni mentali.

    Anche a livello pratico mi concentro su un’azione per volta. Per esempio, quando ascolto musica non faccio nient’altro che ascoltare musica mentre la spengo mentre lavoro. Al limite mi concedo qualche sottofondo rilassante con i rumori della natura. Inoltre mi godi i piccoli momenti della quotidianità: mi sono accorta di percepire molto meglio i profumi e i sapori e di provarne piacere.

    Così ho scoperto di essere molto più calma, attenta ed efficace. Lavoro meno e lavoro meglio, anche se non sono più multi-niente.

    Insomma, un piccolo cambiamento di impostazione, capace di cambiarmi la vita. 

    E voi, che cosa ne pensate? Vi è mai capitato di vivere situazioni di questo genere?

    Scarica il post in .pdf

    [1]Mi scuso con gli informatici per la spiegazione approssimativa sui sistemi operativi multitasking, non ho sufficiente competenza per essere più specifica. 

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    6 Comments

    • Ho seguito lo stesso percorso. Nei miei anni di lavoro, ero diventata un’ottima giocoliera per svolgere tutte le funzioni attribuite al mio ruolo, e magari riuscire anche ad andare in bagno ogni tanto. Mi sembrava di avere migliorato le mie capacità (un bel vantaggio per il mio datore di lavoro!), per cui mi sono portata dietro lo stesso approccio anche fuori dal lavoro. Qualche anno fa, però, anche grazie ad alcune letture, ho iniziato a domandarmi che senso avesse lavare i piatti pensando a cosa cucinare, e cucinare pensando a mio figlio, e poi pensare a mio figlio mentre cercavo un libro… ecco, questo sfasamento rende del tutto impossibile vivere il qui e ora, cioè vivere in generale. Adesso coltivo l’approccio opposto, e tengo il multitasking per i momenti di reale bisogno, che per fortuna sono limitatissimi.

    • Sono anche io convinta che tempi di oggi ci costringano a fare cose per le quali non siamo “programmati”. Da qui lo stress e tutto il resto. Non solo, ma a me sembra che fare troppe cose significhi inevitabilmente farle male tutte e spesso si percepisce anche all’esterno. Insomma ti capisco in pieno. A me sembra di combattere da diversi anni una battaglia contro questo essere multitasking e di non riuscire ad avere la meglio, perché ricado sempre nei miei vecchi schemi e nell’ansia di voler fare più cose insieme, sia nella vita reale che in quella virtuale. Se tu sei riuscita a fermarti, a dire basta, sei stata bravissima.

    • Credo che il concetto del multitasking sia stato stravolto per costringerci a fare di più in meno tempo. E invece di impiegare il tempo risparmiato in attività rilassanti, aggiungerne altre ancora, in una spirale continua senza senso. Il motivo per cui venne introdotto il multitasking informatico era simile al tuo usare due computer in contemporanea: all’epoca le cpu erano più veloci ad elaborare rispetto ai tempi di lettura/scrittura delle memorie a disco, quindi finché un processo leggeva/scriveva sul disco la cpu si occupava dell’elaborazione di un altro processo in coda; terminato quello, o mentre a sua volta era in lettura/scrittura, ritornava al precedente. Semplificando in un multitask a soli due processi, moltiplicalo all’infinito… o finché il bussolotto regge 😀
      Non ha niente a che vedere con l’impazzire a fare più cose insieme! E per inciso, nel mio lavoro, è più che dimostrato che il attacca-stacca da un progetto all’altro ci rende meno performanti. Lo sanno eccome!
      Poi però se ho una torta nel forno per 40 minuti… e non vorrai mica che sto li a guardarla vero? Prendo u libro e leggo. E ogni tanto guardo di non bruciarla! 😉

    • Sono sempre stata molto perplessa sulla modalità multitasking anche quando era più di moda. Ricordo una collega che tentava di fare alcune cose contemporaneamente: parlare con me, spingere la sua bicicletta, parlare al cellulare e tentare di non essere investita. Io sono sempre stata oltretutto del parere che “presto e bene non stanno insieme”, figuriamoci fare più cose contemporaneamente. Cerco di avviare più progetti, ad esempio con la scrittura, come ho spiegato nell’ultimo post, ma quando sono su un progetto mi concentro soltanto su quello.

    • Giulia Mancini

      Sono stata spesso multitasking ( o meglio ho tentato di esserlo) perché il lavoro e i miei capi lo richiedevano, però alla fine mi ritrovavo a disperdere le energie, a stressarmi tantissimo e a non essere più produttiva. Adesso applico il mio metodo di fare una cosa alla volta nonostante le pressioni esterne, non sempre ci riesco ma ho capito che se non faccio così non porto a casa il risultato. Riservo il multitasking per le cose semplicissime, tipo cancellate lo spam e parlare al telefono…per il resto cerco la concentrazione e cerco di difendermi dai disturbatori…

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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