Dubbio n. 20: conta più la storia o il modo di raccontarla?

Indice dei Contenuti

    Dire da dove prendano origine le nostre storie è piuttosto semplice: dalla fantasia, da un guizzo della nostra mente, dall’osservazione. Quest’ultima come veicolo privilegiato.

    Il lavoro dell’osservatore, duramente compromesso in un epoca in cui i tempi morti si riempiono con selfie e smartphone, resta un importante esercizio per chi aspira a diventare uno scrittore: niente come l’esame della realtà circostante serve a dare spunti degni di diventare storie.

    Immagino che ciascuno di voi abbia “rubato” qualcosa alla realtà: la spesa nel carrello della vecchietta in coda davanti a voi, la faccia assonnata dell’impiegato postale, il ticchettare rapido dei passi della professoressa del Liceo.

    Da lì è nata una semplice idea. Quindi una storia.

    Se poi l’idea sia stata buona lo sapremo solo in seguito. Tanto, tanto tempo dopo rispetto al momento in cui sarà scoccata la scintilla.

    Eppure c’è chi sostiene, e non mi sento di dargli torto, che le storie sono già state scritte tutte. Un po’ come si dice della musica: se le note sono 7, gira che ti rigira, se la matematica è una scienza esatta, ci sarà un numero elevatissimo di possibili composizioni, ma non saranno infinite. Quindi, probabilmente, le abbiamo già sperimentate tutte. Certo, ci sono i ritmi, gli arrangiamenti. Altre variabili di cui io so poco ma di cui certamente un musicista ci saprebbe dire. Se prendo un pezzo rock e lo trasformo in rap (ammesso che sia possibile), sarà un’altra canzone.

    Allo stesso modo parrebbe che non conti più tanto la storia, ma il modo di raccontarla.

    A ben guardare spesso è la storia stessa che richiede un certo metodo di narrazione. L’incanalarsi in un genere specifico implica di necessità l’utilizzo di determinate tecniche e il rompere certi schemi, per quanto innovativo, potrebbe risultare controproducente.

    Del resto è pur vero il contrario: una storia scialba, per quanto raccontata magistralmente, rimane una storia scialba, almeno secondo me.

    Quindi, conta più la storia o il modo di raccontarla?

    Riflettendo su questo tema, mi è venuto in mente il remake. In alcuni tipi di arti è il rifacimento, la riproposizione di un’opera. In genere si tratta di opere cinematografiche, ma si trova anche nei video-giochi o, per certi versi, nella musica non intesa tanto come cover, quanto come riarrangiamento.

    Tralasciando i video giochi, in cui la parte attiva del fruitore (cioè il fatto stesso di giocare) si interseca con la storia tanto da renderla diversa ad ogni partita e ugualmente la musica dove la particolarità degli arrangiamenti sono in grado di produrre qualcosa di nuovo, negli altri caso del cinema c’è da chiedersi se la conoscenza della storia che verrà a grandi linee riproposta non disturbi lo spettatore. Eppure sono numerosi i casi in cui il rifacimento di un film ha ottenuto altrettanto successo, se non un successo ancora maggiore, rispetto all’originale. Penso per esempio a Tre scapoli e un bebè di Leonard Nimoy rispetto al francese Tre uomini e una culla di Coline Serreau o a  La fabbrica di cioccolato di Tim Burton  rispetto a Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato di Mel Stuart, già adattamento cinematografico del romanzo di Roald Dahl.

    Quindi nel caso del cinema parrebbe che sì, il modo di raccontare una storia sia in grado di sopperire al fatto di utilizzare una storia, almeno in parte, già nota.

    Ma nella narrativa possiamo dire che ci sia lo stesso meccanismo? Vi vengono in mente casi di remake letterari? E se no, perché no?

     

     

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    41 Comments

    • nadia

      mumble mumble sarà che sono ancora immersa nell’ambito ma le famose favole dei fratelli Grimm la Dinsney e la Pixar le ha riviste e corrette in ogni forma.
      Il modo fa sicuramente la differenza se non si hanno idee per creare nuove storie. Lo stile è tecnica. Il contenuto fluisce liberamente. Quindi io sono per lodare il contenuto anche a discapito di un pochino di stile, certo se ci sono entrambi molto meglio. Risolto il dubbio?

      • In effetti forse non mi sono espressa molto bene. Io intendevo romanzi che riscrivono romanzi. 🙂

        • nadia

          forse sono io che ho inteso male, invece. Romanzi riscritti credo di non averne in mente invece o mai letti, ma leggendo i commenti sotto mia madre ha comprato e letto il dopo di Via col vento e pianto, dicendo…no…che robaccia!

    • La storia per me è come l’attore comico, il modo di raccontarla la spalla.
      Eppure, ci sono autori che con il loro stile preciso riescono a trascendere la trama.
      Avviene quando si dice: adoro come scrive il tale.
      Un buon libro è la fusione perfetta dei due elementi.
      Qualcuno anni fa, orrore, scrisse i sequel di romanzi molto famosi, come Via col vento e Rebecca, la prima moglie, di autori già morti. Non li ho neppure presi in considerazione, al di là dell’oltraggio, quelle penne non possono essere ereditate.

      • Questa tua metafora è illuminante davvero. Tanto che mi è venuto il dubbio successivo: è più importante la spalla o l’attore comico? L’attore comico spesso senza spalla non farebbe per nulla ridere, la spalla senza attore comico non avrebbe senso di esistere. Quindi probabilmente un buon libro è la fusione di due elementi, come dici tu.
        Forse solo lo scrittore straordinario (ma noi aspiriamo a quello, no?) può rendere una storia piatta un capolavoro.

    • La lunghezza! (ah, no, quello era l’altro post 😀 )
      Sicuramente il modo di raccontarla, nessun dubbio 😉
      E’ un po’ come una barzelletta, può essere bella quanto vuoi, ma se non la sai raccontare non fa ridere, mentre una battuta stupida detta col tono giusto al momento giusto farà ridere.
      La storia può essere banale e scialba, può, per assurdo, anche mancare del tutto, ma se l’autore riesce a raccontarla nel modo giusto, a metterci anima dentro, creare empatia col lettore avrà comunque scritto un’ottimo romanzo.
      Tanti anni fa lessi un libro di fotografia, l’autore sosteneva che fosse facile fare una bella foto ad un bel soggetto, ma che il fotografo bravo deve saper fare una bella foto ad un soggetto brutto. Credo che valga lo stesso con gli scrittori e con le storie 😉

      • Anche questo tuo paragone è azzeccato. D’ora in poi dirò a mio marito che, se è un vero fotografo, mi faccia foto bellissime. 😀

        • Occhio però che deve essere bella la foto, non rendere bello il soggetto 😉
          Ad esempio a me piaciono un sacco le foto di palazzi abbandonati o periferie deturpate, luoghi brutti, ma foto bellissime. Ho provato, ma a me vengono solo foto brutte di luoghi brutti 😀

    • Senza dubbio conta di più per me il modo di raccontarla. Ti dirò, ho letto romanzi con trame esilissime ma con un raccontare così coinvolgente che non potevo smettere di leggere, così come il contrario. Per me il modo di raccontare è tutto! Infatti non ci vedrei nulla di male nel remake di un romanzo… ma sai che neanche a me vengono in mente? Sandra ha citato i sequel di alcuni romanzi famosi… io ho letto “Rossella” ed era davvero un brutto libro, aveva perso completamente la magia dell’originale. Io invece mi sono riproposta di riscrivere un romanzo narrandolo in modo diverso, insomma di fare un remake di me stessa. Chissà che ne verrà fuori!

      • Silvia

        Fare un remake di se stessi, al di là di tutto, credo che sia un ottimo esercizio per vedere una storia da un’altra angolazione e capirne i limiti e i punti forti. Se lo farai e se sarà possibile leggerlo, lo leggerò con interesse. 🙂

    • P.S. come remake mi viene in mente Gray (ovvero 50 sfumature dal punto di vista di lui) e se non sbaglio anche la Meyer aveva in mente di riscrivere twilight dal punto di vista di lui.
      Poi ci sono valanghe di fiabe o storie antiche riscritte in chiave più moderna (anche nel passato, la bella addormentata ad esempio è stata riscritta da almeno tre autori diversi). Le tragedie di Shakespeare si rifanno spesso a storie più antiche. E poi che dire di Romeo e Giulietta riscritta infinite volte cambiano i personaggi e l’ambientazione?

      • Sì, però sono remake di opere già scritte dallo stesso autore. Oppure di classici antichi e/o fiabe che hanno una forte tradizione orale e fanno parte di un bagaglio culturale comune. Mentre i registi rifanno opere di altri registi ugualmente noti o persino di più. Per quanto riguarda la scrittura, per quanto ne so io, non si è mai visto un Baricco che riscrive Madame Bovary, per dire.

        • Credo che ci sia comunque un problema di diritti d’autore, nel cinema è più facile che un produttore compri i diritti di un film, ma quale autore comprerebbe i diritti di riscrivere una storia e quale autore li venderebbe?
          Nel frattempo mi è venuto in mente anche il filone delle storie della tavola rotonda, anche lì la sotria è quella ma di remake ce ne sono centinaia, ma sempre di storia antica si tratta 😉

          • Ai diritti d’autore non avevo pensato, in effetti.
            Sarebbe interessante che qualcuno facesse una ricerca a proposito (Barbara, mi sembri la più titolata. Se ci sei, batti un colpo).

            • BAM!
              A leggere un po’ di legislazione sui diritti d’autore (pur con qualche limatura da paese a paese) non c’è differenza tra l’acquistare i diritti di un film e quelli di un libro, per poi poterlo riscrivere.
              Per il cinema, il produttore del remake acquista i diritti dalla casa cinematografica del primo; lo stesso dovrebbe essere per il libro, per cui il nuovo autore acquista i diritti del libro precedente.
              Ma mentre per il cinema è una cosa abbastanza normale rifare un film ad un certa distanza di tempo (30 anni? il primo willy wonka è del 1971, il secondo del 2005; 40 anni? il primo Sabrina è del 1954, il secondo del 1995), non abbiamo esempi di riscritture di libri.
              Perchè?
              Soldi.
              Nel cinema girano fantastiliardi che nel mondo editoriale si possono solo sognare. Gli utenti del cinema (e della cugina televisione) sono molto più fedeli dei lettori. In Italia solo il 44% legge un libro, mentre tutti guardano la televisione e molti vanno al cinema (99.362.667 presenze nel 2015, dati Anica). Ergo, gli investimenti sono maggiori perchè il pubblico ed il ritorno sono maggiori.
              Conviene ad un autore acquistare i diritti di un libro per riscriverlo? No.
              A differenza del cinema dove gli effetti si aggiornano con la tecnologia, nella carta stampata si utilizzano sempre le stesse cose: le parole. Potremmo riscrivere un Orgoglio e Pregiudizio, ma dovremmo renderlo contemporaneo e allora non sarebbe più la “stessa” storia, ci sarebbero i cellulari ed i computer, Darcy avrebbe un impiego diverso magari nella finanza, ma sarebbe una vera “riscrittura” da richiedere l’acquisto dei diritti?
              Inoltre, per un autore sarebbe tirarsi una zappa sui piedi a riscrivere una storia già memorabile. Il confronto potrebbe ucciderlo ancora prima di essere letto. Un po’ come Rossella non era nello stesso “stile” di Via col vento e i fan se ne sono risentiti.

              • Soldi sicuro, ma non solo. Un film è fatto di regia, attori, effetti speciali, la storia in se è solo una parte. Ma un libro ha solo un autore, e se la storia non è originale cosa penserebbe la gente dell’autore? che sa solo copiae, probabilmente. Quindi, oltre al rischio di confrontarsi con precedenti celebri, c’è anche quello di essere considerato un autore senza fantasia.

                Non credo possano essere considerati dei remake, ma i grandi classici stranieri a volte vengono rinfrescati con traduzioni più moderne.

              • Vedi? Lo sapevo che bastava chiedere a te. Esaustiva, come sempre! 😉

              • Tra l’altro mi è venuto in mente un altro esempio.
                C’è stata una riscrittura completa, con inversione dei generi. E’ il caso di “Life and death” che è Twilight completamente riscritto dalla stessa Meyer al decimo anniversario di pubblicazione. Era il suo tentativo di dimostrare che Bella è un essere umano in difficoltà, non una donzella scema e sottomessa, e che non sarebbe cambiata la storia invertendo i ruoli. Molti fan non hanno voluto azzardare la lettura, io non ho resistito. All’inizio è…strano. Perchè inizia davvero con le stesse parole e paragrafi, cambiano solo le “a” con “o” e inserendo qualche particolare maschile. Poi però prende il largo, e pur mantenendosi fedele agli stessi step di trama, ha cambiato finale. Per me, ne è valsa la pena.
                Però, è sempre lo stesso autore che riscrive se stesso.

    • Proseguendo col tuo paragone musicale: la musica heavy metal, quella che ascolto e recensisco da anni – e quindi la conosco a menadito – manca di grandi innovazioni da almeno un decennio. Solo qualche sparuto gruppo riesce a proporre qualcosa di radicalmente nuovo: la stragrande maggioranza invece si limita a riprendere cose già fatte in passato. Eppure, se ci sono tanti gruppi che sono semplicemente “la copia di…”, ce ne sono anche altri che riescono a rileggere gli stessi elementi stilistici in qualcosa di personale. Ma questo da solo non basta: è ancor più importanti avere idee musicali solide ed emozionanti. Per la mia esperienza infatti esistono gruppi molto originali ma noiosi, che non riescono a sfruttare la propria personalità per mancanza di una scrittura musicale elevata. Dall’altro lato, ci sono gruppi – una piccola minoranza, ma ci sono – che si rifanno solo ai grandi del passato, ma hanno l’abilità di emozionare e riescono a compensare la mancanza di originalità. I migliori sono però sicuramente quelli che riescono ad avere sia personalità che buone idee.

      Tutto questo per dire che, secondo me, conta sia la storia che il modo di raccontarla – forse lievemente più la prima, ma è una questione di sfumature. Credo che l’ideale sia trovare un equilibrio: ossia, una storia con idee buone e non troppo stereotipate raccontate in una maniera personale. Ma ovviamente questa è solo una mia idea 🙂 .

      • Ti ringrazio per il tuo intervento sul lato musicale, di cui io ho una conoscenza superficiale. 🙂
        Dalla tua conclusione poi emerge un altro elemento: una storia può anche essere esile o semplice e funzionare ugualmente, ciò che conta forse è che non siano idee stereotipate. A questo punto però mi viene da chiedere: il fatto che non siano idee stereotipate è una caratteristica intrinseca della storia o piuttosto un modo di raccontarla?

        • Non ho una risposta certa, ma mi sentirei di dire che dipende. Possono esistere storie intrinsecamente non stereotipate, ma anche storie con dei cliché ma raccontate in un modo in cui non sembrano tali. Per esempio mi viene in mente che nel futuro ho intenzione di scrivere una storia semi-ironica di un’invasione aliena, con astronavi a forme di cuore e bombe a forme di gattino 😀 . Quella dell’invasione aliena è un topos stra-abusato nella fantascienza, ma penso che si può scrivere lo stesso una storia non stereotipata e interessante con essa. Non è facile, certo, ma nemmeno impossibile 🙂 .

    • Silvia

      Secondo me è come guardare alla stessa storia dal punto di vista di due osservatori diversi. La sinossi è la medesima tuttavia le storie si toccano solo in pochi puntu, il più delle volte prestabiliti e cruciali per il resto viaggiano parallelamente. Mi vengono in mente i fumetti, X-Men contro Avengers ad esempio, ed i romanzi “L’eleganza del Riccio” e “Estasi Culinarie”. La trama è essenziale, ma è il modo in cui viene scritta che sancisce o meno la bellezza di un romanzo (o un fumetto, un film, un saggio,…) secondo me.

      Bellissimo spunto di riflessione 🙂

      • Ciao Silvia e benvenuta sul mio blog. Ti ringrazio per l’apprezzamento.
        Non ho ancora letto L’eleganza del Riccio, ma ti confesso che mi attrae molto. Questo tuo commento mi ha suscitato ancora più curiosità, toccherà metterlo nel carrello!! 🙂

    • Tasto dolente quello che affronti. Partendo dall’assunto che è stato scritto tutto e che ogni aspetto dell’animo umano è stato sviscerato in ogni forma, cosa resta? Sicuramente l’interpretazione, la carica emozionale che si riesce a trasmettere. La sublimazione del contingente. Qui entriamo nel campo che attiene all’arte, che è cosa diversa dalla mera rappresentazione. Credo, indebitamente mi prendo la briga di dire la mia, che una storia debba essere tutto e niente. Cerco di spiegarmi meglio: partendo da punti fermi che sono le tematiche già affrontate in passato, dagli accadimenti che semplicemente variano per il contesto storico e sociale e quindi suscettibili solo della traduzione culturale imperante, una buona storia è, secondo me, quella che non offre risposte ma quella che viene narrata offrendo al lettore una visione prismatica. Una storia “aperta”, sicuramente con caratteristiche riconoscibili a livello narrativo ma che offre a chi legge la possibilità di immaginare nuovi scenari, quella che permette di andare oltre. Raccontare una storia dovrebbe essere qualcosa di diverso dal semplice gioco di stile, per quanto encomiabile, dovrebbe essere la “corrispondenza di amorosi sensi”, quindi diventare proprietà non più dell’autore soltanto ma bagaglio del lettore, quindi modificabile e rielaborata dall’immaginario collettivo. Ecco perché siamo un miliardo e mezzo a scrivere ma contiamo sulle dita gli scrittori. Personalmente vado avanti per tentativi, consapevole che non sono qui a scrivere per salvare il mondo o a offrire l’opera letteraria che tutti aspettano, umilmente mi accontento di provare a instaurare un rapporto empatico con il destinatario dei miei racconti. Chi scrive è arrogante, presuntuoso, pensa di avere cose da dire che siano illuminanti (affermazione dura da digerire eh? Mi immagino già i “ma cosa cazzo dice questo”, “arrogante sarà lui” ecc. ma è solo una forzatura, credimi), mettere su carta un pensiero è un atto assoluto. Il valore aggiunto è nell’esposizione, il far passare concetti alti con un linguaggio accessibile. Ecco, di nuovo entriamo in territori aulici. Ritengo che la cultura sia un binomio inscindibile tra la concettualizzazione e la comunicazione. Una buona storia non può essere solo un manifesto capace di suscitare ammirazione per l’altissimo significato che esprime, una buona storia deve smuovere la pancia, farti pensare, farti accelerare i battiti cardiaci, commuovere, emozionare, eccitare, ridere, piangere. Si ritorna al discorso di Grilloz, il trucco è la capacità di raccontare, questo esula, in molti casi, dalla qualità del percorso intellettuale del narrante. Cito spesso Edward Bunker, incolto e illetterato, ma cazzarola… venderei l’anima al diavolo per saper raccontare come lui.

      • Grazie per questo tuo intervento, Massimiliano, che apre le porte a molte considerazioni. Come tu ben dici, lo stile, il modo di raccontare sono fondamentali ma non possono essere il pretesto per sfoggiare la propria presunta bravura a vuoto.
        Se narrativa è comunicazione, conta il contenitore ma ancor più conta il contenuto (il gioco dell’allitterazione è voluto).
        Ti stupirò, ma ti dico che sono d’accordo sul fatto che scrivere è un atto di presunzione. Ma, poiché a mio parere è anche un atto d’amore, è la stessa presunzione di chi pensa di aver il diritto di poter amare. Sto preparando un post proprio su questo argomento. 🙂

        • Sono colpito dalla tua risposta, come sono felice che tu abbia colto il senso di ciò che volevo dire, infatti l’amore è paradossalmente arrogante e presuntuoso essendo un sentimento totalizzante. La connotazione negativa che viene data a questi termini è legata quindi agli intenti.

          • …E forse è anche legata ad una certa cultura cattolica che regala l’appellativo di peccati capitali a quelli che a volte sono puramente sentimenti umani, ma questo è un altro discorso ancora. 🙂

    • Comanda la storia, dice Stephen King. Ma dice anche che, se lo scrittore non mente al lettore e la racconta davvero com’è, la storia, non potrà sbagliare. La storia è il reperto da disseppellire, il “modo” di raccontarla è data dagli strumenti con cui la si riporta alla luce; se sbagli “modo” e prendi il martello pneumatico al posto del pennellino, è chiaro che la storia si spacca in due. Ritornando a noi, se una buona storia la si scrive senza conoscere il vocabolario, diventa illeggibile comunque.
      Quindi direi un 50 e 50. Il che si riflette anche nei remake cinematografici: penso a La guerra dei mondi, o Ultimatum alla terra, o Sabrina, o Piccole Donne, o Orgoglio e Pregiudizio. La storia è quella, ma scenario, attori, colori, effetti sono diversi (chiamiamolo stile) ed ogni film resta bello a modo suo.
      Diversamente nei libri: come dice Grilloz, Grey è il remake di 50 sfumature di grigio (solo il primo), raccontato dal punto di vista di lui. Idem (perchè EL James ha copiato Meyer anche lì) per Midnight Sun che è il remake di Twilight (solo il primo), raccontato dal punto di vista di lui, il vampiro. Letti entrambe (Midnight Sun purtroppo è un incompleto). Belli. Aggiungono un di più alla storia, però. Non posso dire che sia la stessa storia, perchè sono aggiunte molte scene che non possono essere raccontate dall’altro punto di vista, quello femminile.
      A dire il vero, Grey mi ha fatto morire dal ridere più dell’altro libro. Midnight Sun invece è interessante perchè Meyer ha ricreato lo schema mentale ed il linguaggio di un 104enne in un corpo da 17enne. Quindi un remake con uno stile diverso.
      Però entrambe appartengono allo stesso autore.
      Agli autori viventi non piace essere riscritti.

      • Leggendo il tuo post di ieri mi sono proprio soffermata sul fatto che la posizione di Stephen King sull’argomento è piuttosto chiara.
        Mi chiedevo però se non è anche una questione di genere: pur ritenendo che King non è incasellabile in un genere solo, è altrettanto vero che la sorpresa, l’inaspettato fanno una parte grande dei suoi best-seller. Di conseguenza le sue storie hanno un peso specifico molto alto, pur abbinandosi ad una straordinaria capacità narrativa. Del resto è anche vero che certe sue storie sono essenziali: penso a Cujo, al Gioco di Gerald. In realtà partono da una semplice domanda: che cosa accade quando una donna e il suo bambino rimangono imprigionati in automobile in balia di un cane malato di rabbia? Che cosa accade a una donna rimasta ammanettata al letto durante un gioco erotico se il partner muore e non può liberarla?

      • Il problema che agli autori moderni non piace essere riscritti se l’era posto anche Pirandello coi suoi sei personaggi 😉

    • La storia è importante, ma il modo di raccontarla può fare davvero la differenza. Come ha scritto Maria Teresa anche a me è capitato di leggere romanzi con trame esili, ma con uno stile che ti incolla alla pagina.

      • Esili, sì. Però rispondendo ai commenti (che bello quando accade così), mi sto rendendo conto che la semplicità non necessariamente implica la banalità, anzi. Potrebbe essere quindi che storie semplici, lineari ma non scontate né stereotipate né banali, associate a un buon modo di raccontare siano la chiave per un buon romanzo?

    • Domanda interessante, quella sui remake.

      Vale dire “I vangeli” 🙂 ? Presumo di no, visto che non sono romanzi. Tuttavia sono remake che si sono susseguiti a pochi decenni l’uno dall’altro… anche se in evidente contraddizione. Ma questa è un’altra storia… 😀

      Ce ne sarebbero un paio di remake che mi vengono in mente. Uno di questi è “Il codice da Vinci” di Dan Brown. Al di là del successo che ha avuto, resta il fatto che comunque gran parte della struttura dell’intreccio era rielaborata sulla base di leggende e tradizioni che ruotano attorno al Sacro Graal. Si tratta di storie più o meno fantasiose le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Dan Brown è stato bravo a fare un remake di tutte queste storielle (molte già scritte in precedenza) e a incastrarle in un intreccio avvincente mescolando bene la finzione alla realtà.
      Penso che possa essere definito una sorta di remake letterario.

      Lo stesso giochetto Dan Brown l’ha fatto ne “Il simbolo perduto” dove ha ripercorso (e reinterpretato) la storia (e le leggende) della massoneria. Anche in questo caso avevo letto diversi libri in precedenza, più o meno romanzati.

      Un altro caso che mi viene in mente così su due piedi, non va molto lontano dall’universo pseudo-culturale legato al Graal. La trilogia di Kathleen McGowan è un remake molto più intellettuale e profondo della (presunta) storia di Maria Maddalena. Ho avuto occasione di leggere le stesse vicende, da un altro punto di vista in “L’ultima cospirazione” di Steve Berry.

      Poi, se mi è consentita un’ironica caduta di stile :-), il genere fantasy pullula di remake del Signore degli Anelli (se non nei contenuti, sicuramente nella forma e nelle ambientazioni…).

    • Credo che in certi generi, vuoi il romanzo storico o il fantasy, la riproposizione di temi conosciuti sia una caratteristica abbastanza comune. Del resto sovente prendono avvio da una tradizione orale che diventa patrimonio culturale comune. Come, penso di non dire una bestialità, anche i Vangeli…

    • Non riesco a immaginare il remake letterario di un romanzo. Ogni scrittore ha uno stile, un modo di raccontare per emozionare, la riscrittura di una storia è solo la scrittura di un nuovo libro che racconta le stesse cose. È molto diverso dal rifacimento cinematografico dove non sono le parole a “fare vedere”, ma le azioni, la recitazione e tutto il resto.
      Comunque non è la storia in sé che fa la differenza, ma il modo di rappresentarla. Sono convinta anch’io di questo, come tanti hanno detto nei commenti precedenti.

      • Sì, hai ragione Marina. Più che altro quella cinematografica era una provocazione. Anche se l’esperimento sarebbe interessante. 🙂

    • Mi sembra che Eloisa di Dario Fo sia un remake…
      Ad ogni modo il modo di raccontare è essenziale! Anche se però una buona storia non guasta! 😉

      • Andrò a cercarmi Eloisa. Ne ho sentito parlare ma non l’ho letto. Immagino che il riferimento sia ad Abelardo e Eloisa… 🙂

    Lascia il tuo commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Potrebbero interessarti:

    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

    Post Recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Come se fossimo già madri

    Silvia Algerino

    Restiamo in contatto?

    * indicates required

    Per favore, scegli i contenuti che ti interessano:

    Puoi cambiare idea in qualsiasi momento: il tasto per l'annullamento dell'iscrizione è piè di pagina di ogni email che ricevi da me. Oppure scrivimi a privacy@silviaalgerino.com. Per altre informazioni visita il mio sito web. Cliccando qui sotto, mi autorizzi a gestire i tuoi dati nel rispetto della legge. Grazie di cuore.

    Utilizziamo Mailchimp come piattaforma di marketing. Cliccando qui sotto per iscriverti, accetti che le tue informazioni verranno trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Scopri di più su come Mailchimp gestisce la tua privacy.

    Intuit Mailchimp

    Restiamo in contatto

    Iscriviti alla newsletter (e niente spam).

    Yeah! Ora sei dei nostri. Ops! Qualcosa non va. Mi spiace! :(
    Edit Template

    Articoli recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Contatti

    Silvia Algerino

    silvia@silviaalgerino.com

    P. IVA IT 02613430020

    © 2014 Created by Silvia Algerino – 2023 Updated by Silvia Algerino