#deletefacebook: 5 motivi per cui vorremmo abbandonare FB, ma anche no.

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    Elon Musk cede alla pressione dei troll e chiude una pagina Fb da oltre due milioni di fan al grido #deletefacebook.

    “È giunta l’ora” dice dall’alto del social concorrente.

    Del resto era nell’aria.

    Quanti dei vostri contatti hanno già minacciato di abbandonare il social, dicendo che “se solo potessero…”, “se solo non rischiassero di perdere tutti i contatti…”, l’avrebbero già fatto?

    Non lo nego. Io per prima. Eppure. Eppure siamo ancora qui.

    Quali sono allora i motivi che ci spingono a voler scappare e quelli che ci tengono legati al social?

     

    1. L’odio per i pettegolezzi vs. il bisogno di raccontarci

    Odiamo i pettegolezzi. Ci infastidiscono quelli che si lamentano della violazione della privacy e poi spiattellano tutti i fatti loro on line.

    Un po’ come facciamo noi.

    Che raccontiamo le cose più intime, quelle che nemmeno i nostri genitori sanno.

    Parliamo di delusioni, fallimenti, ricordi, emozioni. Buttiamo in pasto ai nostri “amici” i nostri piccoli drammi e le grandi gioie, ma anche i lutti.

    Per uno strano gioco della mente, farlo on line sembra più facile che farlo dal vivo.

    Sebbene ci dia fastidio che lo facciano gli altri.

     

    2. La repulsione per gli haters vs. il bisogno di avere nemici

    Facebook è un gioco che funziona a squadre. Ma non è un gioco di squadra. Nel senso che non è un vero e proprio gioco dove alcuni si uniscono ad altri per ottenere un risultato o una vittoria.

    Più banalmente è un posto dove si cercano conferme. La pensi come me? Bene, siamo amici. Non la pensi come me? Ok, allora nemici.

    Qualcuno ha detto che nella nostra società c’è un vero e proprio bisogno di avere nemici, perché riusciamo a definire noi stessi solo attraverso l’individuazione di un nemico.

    Certo, però, gli haters sono altra cosa. Non solo fastidiosi, peggio ancora. E essere costantemente a rischio di attacco a causa delle nostre opinioni non ci rende la vita più serena e fluida. Anzi.

     

    3. La schiavitù di essere sempre connessi vs. la voglia di essere sempre connessi

    Forse si stava meglio quando di stava peggio, si suol dire. Ma ce lo ricordiamo ancora com’era il mondo quando non si era online h24?

    Per certi versi, è vero, tutto era meno comodo. Soprattutto nel lavoro. Ma si viveva lo stesso.

    Oggi riusciremmo a rinunciare alla possibilità di commentare in tempo reale tutto ciò che succede? La possibilità di moltiplicare la nostra personalità ed essere sempre presenti in ogni luogo pur stando seduti sul divano?

    Ci infastidisce almeno quanto ci piace.

     

    4. L’eccessiva tempesta di inviti vs. la possibilità di essere visibili

    Tutti almeno una volta nella nostra vita di facebooknauti abbiamo pensato a quali fantastiche possibilità ci dia il mezzo.

    Pubblicizzare la nostra attività, il nostro romanzo, invitare gli amici al nostro concerto o a un altro evento.

    Senza contare le ads: quei post sponsorizzati che con una spesa minima ci permettono di raggiungere centinaia di persone in un solo click. (Anche se – diciamolo – per far funzionare bene le ads la spesa non è proprio minima e non è comunque facile raggiungere le persone giuste).

    Il punto è che la stessa opportunità data a noi è data ad altri 2 miliardi di utenti attivi. È inevitabile l’essere tempestati di inviti e richieste più o meno pertinenti. Cosa che non sempre fa piacere.

     

    5. L’essere iscritti obtorto collo a gruppi qualsiasi vs. l’utilità di far parte di gruppi interessanti

    Lo ammetto: faccio parte di un sacco di gruppi.

    Alcuni corrispondono ai miei hobbies, ma ne seguo la maggior parte per interesse lavorativo.

    Ho un dubbio? Un problema tecnico? C’è qualcosa che non ho ancora capito bene? Beh, scrivo sul gruppo relativo a quel settore e sono certa che in brevissimo tempo avrò risposte utili.

    Che poi una buona parte dell’utenza media ne approfitti e mi inserisca a casaccio nei gruppi più insensati (che cavolo mi mettete a fare in un gruppo che si occupa di motori?) è il rovescio della medaglia. E fa sì che io mi cancelli in tempo zero.

     

    A pensarci bene le contraddizioni del social non sono solo queste. La principale sta proprio in quel che ha fatto scoppiare il caso: la protezione della privacy.

    Al di là delle possibili violazioni della legge, che saranno gli enti preposti a valutare, è abbastanza evidente che c’è un contrasto tra il voler, a buon diritto, proteggere i propri dati e il continuo inserimento di informazioni che permettono di profilare perfettamente un consumatore tipo. E non solo: persino le idee sociali, politiche, le tendenze sessuali etc. etc.

    Insomma, non solo preferenze generiche ma, addirittura, dati sensibili.

    Io, per esempio, prima di FB non avevo idea delle idee politiche di molte persone. Ora le conosco grazie alla loro stessa spontanea ammissione.

    Al netto delle facili semplificazioni (“reclami per la privacy e poi racconti tutti i fatti tuoi”), esiste un evidente problema della percezione che abbiamo verso una piazza virtuale che, in quanto virtuale, non viene percepita come piazza.

    Penso che a volte confondiamo FB con una specie di videogioco. D’altronde, poco prima della nascita dei social, fece la sua comparsa sul web SecondLife, un mondo virtuale dove vivere, appunto, una seconda vita.

    Solo che sui social viviamo la nostra vera vita. Con tutte le conseguenze del caso.

    Chiaramente, nelle mani di chi ha utilità a sfruttare o addirittura manipolare questi dati, diventa uno strumento potentissimo. Verso cui, pur consapevoli, tendiamo a rispondere con una scrollata di spalle.

    Tanto più se si considera che il social più criticato del web continua a registrare non solo l’aumento costante dei suoi utenti, ma anche l’incremento dei minuti (anzi ore) trascorse sul social.

    Avrà davvero un impatto il grido #deletefacebook? Difficile da prevedere. Ora come ora mi pare di poter dire che è ancora troppo utile a tutti noi perché riusciamo davvero a staccarcene. Almeno noi anziani. Perché i giovani se ne stanno andando già. E non per ideologia, ma perché per loro facebook è un gioco noioso.

     

     

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    6 Comments

    • Quando leggo #deleteFacebook mi viene da ridere. Il caso Facebook-Cambridge Analytica …non è un caso. E’ notorio fin dalla sua nascita a tutti gli utenti professionali, e pure a chi si prende la briga di documentarsi un pochino, che la piattaforma sta in piedi solo con la pubblicità, e suddetta pubblicità funziona solo se viene targetizzata in base alla raccolta delle abitudini degli iscritti (ovvero la profilazione). Ma come pensavate potesse stare in piedi un colosso del genere, senza abbonamento?
      L’errore di Facebook, quello di cui dovrà effettivamente rispondere legalmente, è l’accesso ai dati “degli amici”. In questo caso infatti la raccolta è stata fatta tramite app (quei giochini scemi a cui confermiamo noi utenti di accedere alla nostra bacheca, per poterla utilizzare), solo che questa app non accedeva solo ai nostri dati ma anche a quelli dei nostri amici, con la differenza che loro il consenso non l’avevano dato. Questo è il caso, non altro.
      Facebook lo sapeva, i professionisti tutti lo sapevano, è stata richiesta al distruzione del dato, che è stata promessa ma non fatta. I dati -si dice- sono stati usati per manipolare le elezioni di Trump (strano vedere che mentre lo faceva Obama andava bene, con Trump invece no…)
      Ma Facebook non è “il problema”. Qualsiasi device (smartphone, tablet, computer) è tracciato e profilato ancor prima da Google. I cui dati sono utilizzati allo stesso modo per “tagliare su misura” i risultati delle vostre ricerche, e per farvi apparire solo i suoi inserzionisti. Per non parlare di Amazon. Provate ad accedere allo stesso articolo da due computer in reti differenti con account differenti, e troverete prezzi differenti. Come mai?
      In fondo, chi si sta togliendo da Facebook? I grandi colossi, quelli che non ne hanno poi così tanto bisogno.
      Per il resto dei punti… i social hanno solo velocizzato e globalizzato certi comportamenti più locali. Il bar del paese che diveniva anche sede locale di partito, le pettegole che giravano di casa in casa, raccogliendo e seminando i “rumors”, le riunioni non di condominio ma di “corte”… Facebook c’era già ai tempi di Don Camillo. 🙂

    • Purtroppo fb è un gioco noioso, questo è un fatto inopinabile . Io in primis faccio una scrematura con il filtro privacy, ogni tanto riduco il numero di “amici”, mi tolgo da gruppi o smetto di seguirli… E I motivi principali sono due:il disinteresse visto che non è più novità, il poco tempo a disposizione che scelgo di usare diversamente. Poi le vere “amicizie” derivate dai contatti virtuali le mantengo in privato con mail e scambi di messaggi non certo davanti a occhi e bocche a volte inopportune. Direi che fb non mi ha cambiato, io resto io e da quando conosco i flag giusti da cliccare non mando inviti a sproposito, non traggo, non importuno per giochetti, etc. Ho fatto esperienza😜
      Per i dati si sa, lo avete spiegato bene tu e Barbara. Niente da aggiungere.

      • Bello quando dici “Facebook non mi ha cambiato”. No, infatti non l’ha fatto. Ne sono testimone. Ma anche perché tu hai imparato a usarlo con intelligenza e non diventandone succube. Cosa che dipende da noi, non dal mezzo.

    • Giulia Mancini

      Credo che cancellarsi da facebook non serva, trovo assurdo lamentarsi della privacy, se scrivi una cosa su facebook è ovvio che sarà data in pasto a tutti! Anche facebook, anzi soprattutto facebook deve essere usato con intelligenza. Io per esempio su facebook scrivo solo quello che voglio consapevolmente condividere (sempre che abbia il tempo), perché diciamocelo, scrivere sui social richiede tempo e non sempre riesco a trovarlo, presa da altre attività della mia vita. Non scordiamoci neanche che facebook è un mezzo, è diventato sempre più uno strumento aziendale di marketing e quindi usiamolo bene, se vogliamo scrivere un diario segreto, usiamo un blog anonimo…

      • Sono pienamente d’accordo. FB è un mezzo. Come tutti i mezzi richiede regole che, per certi versi, dovrebbero essere più rigide di quello che sono. Ma dà anche moltissime potenzialità comunicative. Io, per esempio, ho imparato tantissimo nei gruppi tematici. Aspetto che nessuno cita mai.

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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