Quando il dito è più veloce del cervello: i danni della comunicazione 2.0

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    Dire di chi sia la colpa non è facile, anche se per qualcuno sì. La comunicazione 2.0: quella di internet, social, smartphone.

    Quella dei like e degli emoticons: le faccine che ci fanno pensare sempre a un occhiolino quando invece è un semplice punto e virgola.

    Di accuse ne lanciamo tante:

    • non sappiamo più parlare in italiano;
    • non leggiamo più perché giochiamo;
    • chattiamo al posto di vedere un film;
    • siamo leoni da tastiera;
    • siamo analfabeti funzionali;
    • siamo stalker, killer, predatori della savana virtuale.

    Tutto vero. Tutto giusto. Ma la colpa di chi è?

     

    È stata tua la colpa, allora adesso che vuoi?

    In principio fu Gutenberg che con la sua invenzione della stampa a caratteri mobili spazzò via quasi mille anni di onesto lavoro di copia/incolla, con buona pace degli amanuensi.

    Rivoluzionò un mondo, portò la Bibbia nelle case delle persone, sebbene quel mondo nuovo, così moderno, restò pressoché immutato per altri 4-500 anni. Finché arrivarono la radio, la televisione.

    Dal dopo-guerra, lo sappiamo tutti, l’evoluzione tecnologica ha iniziato ad accelerare viaggiando a velocità doppia, tripla, quadrupla: un aumento esponenziale a cui mi è persino difficile dare un nome.

    In mezzo a tutto questo: noi.

    Se quando nacquero i miei genitori la RAI ancora non trasmetteva (il servizio regolare iniziò nel 1954), quando nacqui io nel 1973 c’erano appena due canali. La terza rete iniziò a trasmettere solo nel 1979.

    Nel corso della mia non così tanto lunga esistenza ho visto nascere e morire le audiocassette e il VHS; comparire cd, dvd e blue-ray; ho imparato e subito dimenticato il basic e MS-DOS; ho usato Windows 3.1/95/98/2000/Vista/7/8/10. Mi sono stupita di fronte a internet, i modem, la connessione via telefono, i telefonini, gli sms, gli smartphone, il wi-fi. Sono passata da Stream a Sky senza soluzione di continuità. Senza accorgermi di aver guardato molti meno film su queste piattaforme rispetto a tutte le videocassette che affittai dalla videoteca di quartiere quando Blockbuster doveva ancora arrivare, fare il boom e fallire. (Insomma, un sacco di soldi buttati.)

    I miei figli, nati nel nuovo millennio, hanno già visto tutto questo. Ma non sanno cos’è una macchina da scrivere, un’audiocassetta, un floppy-disk.

    È forse colpa loro se sono nati ora? È colpa mia che ho accettato supinamente questa evoluzione? O è colpa del grande fratello che dirige tutto e ci vuole sottomessi?

    Forse è sciocco cercare delle colpe.

     

    I danni dei social: ecco il capro espiatorio

    I social sono l’ultima frontiera della comunicazione 2.0. La differenza dalle altre forme di comunicazione nate fin qui sta nella possibilità di interagire e, tanto più, di interagire pubblicamente.

    La vera rivoluzione della comunicazione social è l’aver spezzato il confine tra pubblico e privato.

    Ma dare la colpa al mezzo ha lo stesso senso di accusare il binario spezzato del deragliamento del treno (e in questi giorni potete capire bene l’analogia).

    Eppure, a differenza della mancata manutenzione ferroviaria, credo che abbiamo un’attenuante.

    Ed è proprio la velocità con cui si è evoluto questo mondo, la quale non ci ha permesso di essere adeguatamente educati (nel senso etimologico del termine) e preparati a gestire qualcosa di ben più grosso di noi.

     

    Ciò che va bene in privato non sempre è accettabile in pubblico

    Non credo di poter essere accusata di usare due pesi e due misure se dico che ciò che può essere lecitamente detto in privato spesso in pubblico non va bene.

    Ed è lo stesso motivo per cui non si esce in vestaglia e non ci si presenza a un colloquio di lavoro in mutande.

    Il punto è che di fronte a un amico o, in genere, a una persona che si conosce la battuta sciocca o la parola fuori posto, anzi, direi, il politicamente scorretto viene mediato dalla conoscenza che la persona ha di noi. Dalla fiducia che ci concede nel capire che si tratta appunto di una battuta e, come tale, non pretende di narrare la realtà.

    In pubblico, di fronte a una platea virtuale di persone che non ci conosce personalmente, la stessa battuta assume forza e diventa manifesto di una realtà distorta. Per questo è offensiva.

    Sono certa che il fumettista burlone che anelava una app per addormentare le belle ragazze facesse ironia verso sé stesso, autodefinendosi incapace di concupirle altrimenti. Ma sono altrettanto certa che potesse essere interpretata come l’ennesima mancanza di rispetto verso le donne. E infatti così è stato.

     

    Il dito è più veloce del cervello

    Senza voler fare psicologia da bar, le neuroscienze ci insegnano che il corpo è più antico del cervello e reagisce in modo più rapido e automatico.

    Dunque, di fronte a una mancanza di educazione ai social, può capitare, senza per questo essere dei mostri, di lasciarsi andare a commenti o a frasi che in pubblico possono offendere o disturbare.

    Allo stesso tempo però i così detti haters esistono davvero e, se non sono mostri, ci si avvicinano parecchio.

    Diciamolo pure: c’è anche chi si diverte a fare del male. Qualunque sia il suo problema (perché a far del male gratuitamente un problema ce lo devi avere), attraverso il web ha gioco facile.

     

    Chi è la vittima? Quando diventare carnefice è un attimo

    Del resto passare dall’altra parte è un attimo.

    Io, per esempio, non ho mai amato le caciarate da giustiziera della notte della Lucarelli. Trovo che, per quanto le si possa dare l’attenuante della buona fede, finisca per utilizzare lo stesso metodo che stigmatizza. Ovvero la gogna mediatica. Una sorta di pena del contrappasso da cui mi piacerebbe pensare che nel nuovo secolo ci fossimo affrancati.

    E lo stesso signor Distruggere, con la sua battaglia santa contro le mamme pancine, sembra più proporre un modello di nemico da odiare e da combattere che offrire seri spunti di riflessione sulla società. Al netto delle proprie intenzioni, che con buona probabilità sono di carattere opportunistico.

    Del resto non so se trovare più stucchevoli le domande sciocchine delle mamme pancine o le centinaia di persone impegnate a condividere, deridere e insultare le anonime protagoniste di screenshot la cui autenticità pare dubbia per ammissione dello stesso signor Distruggere.

     

    Keep calm e stop your finger

    Ecco che allora, tra guerre ai vegani e attacchi agli animalisti, ai razzisti e ai sessisti, veri o presunti, sarebbe bene che tutti noi tirassimo un sospiro e fermassimo il dito.

    Quello che digita, ma anche quello che accusa.

    Si fa presto ad appiccare il fuoco, ma ci vuole poi tanta acqua per domarlo.

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    7 Comments

    • Se ricordo quando sono entrata nel mondo di fb mi pare piuttosto comprensibile come ancora i novelli siano facili prede di questi meccanismi. Così come per i caratteri fumantini.
      È in tutto e per tutto una rappresentazione del mondo reale, il web con una distesa variegata di abitanti.
      Noi esseri umani non siamo capaci a vivere in società figurati se in una virtuale non commettiamo gli stessi errori…
      Credo anche che, come in tutte le fasi storiche, dopo tanto permissivismo ci sarà l’atteggiamento opposto, così da imparare a usare l’equilibrio e la ratio in quel che si fa.

      • Speriamo di raggiungere un equilibrio senza nel frattempo fare troppe vittime. Mi piacerebbe che ci fosse più attenzione in generale a come si usa questi mezzi. Sono una grande risorsa, ma possono anche molto rischiosi. E nonostante tutto continuiamo a sottovalutarli.

    • Ho lavorato col telex e non sono così decrepita, perché sì, la tecnologia è stata troppo veloce e per la nostra generazione che ha visto tanti cambiamenti se stare al passo è diventato obbligatorio e ormai tutti ci si destreggia mediamente bene, dal punto di vista chiamiamolo emotivo la faccenda si complica e non poco.
      Io sono proprio in una fase di passo indietro, nonostante chi mi voleva su fb per il 2018 😀 se vedo qualcosa che non condivido in rete, evito di dirlo e passo oltre, basta battaglie nei sociali e faccine qua e là.

      • Sono convinta anch’io che evitare le risse online sia la via migliore. Anche perché non è facile, forse nemmeno possibile, un confronto proficuo quando si è su posizioni divergenti. Manca la presenza fisica, la possibilità di interpretare al di là delle parole, la conoscenza personale e la fiducia che questa porta con sé. Per quanto le faccine aiutino, si rischia di fraintendere.

    • Giulia Mancini

      Sai che è tutto il giorno che canticchio la canzoni di Bennato È stata tua la colpa dall’album Burattino senza fili (oggi la trovo più attuale che mai), mi è venuta in mente leggendo la tua frase sul post che ho letto stamattina, ma commento solo adesso. Noi abbiamo vissuto una rivoluzione tecnologica proprio da paura, da un lato apprezzo certe agevolazioni derivanti dalla modernità, ma spesso vorrei tornare alle comunicazioni con la carta…venerdì sono stata in riunione tutta la mattina e al mio rientro in ufficio ho trovato quasi cento mail, stavo per avere un attacco di panico. Ma quanto tempo perdiamo a leggere le mail, riordinarle, rispondere ai messaggi sul cellulare, guardare le notifiche su facebook, su Twitter ecc ecc.
      Siamo bombardati. Ricordo MS DOS, la Rai con solo due canali, i cellulari enormi che servivano solo per telefonare…sta in noi a trovare l’equilibrio, io ogni tanto mi disconnetto e scopro che mi fa bene.

      • Sono d’accordo: è una questione di equilibrio. Riuscire a sfruttare i vantaggi della tecnologia senza diventarne schiavi. Ci vorrà tempo, credo. Proprio perché abbiamo subito cambiamenti troppo repentini.

    • Ho usato un commodore 64 per spostare una tartaruga sullo schermo. Era l’88, o forse l’87, non me lo ricordo più. Il mio primo personal computer era un “286” (dal codice del processore Intel). E ho ascoltato i dischi 45 giri con le favole della Disney (i miei primi audiolibri). E nonostante la tecnologia, internet, i social, youtube, mia madre ancora non sa accendere il videoregistratore. Il bello è che ha vinto lei, non le serve più! 😀
      Probabilmente proprio perché la tecnologia l’ho presa per gradi, per prima ne ho visto potenzialità ma anche inganni. Sono un carattere fumantino, come dice Nadia, ma non partecipo più a discussioni in rete, perché non ne vale la pena, sono una perdita di tempo e preferisco passarlo a leggere. Devo dire che i social mi hanno comunque permesso di scovare finte amicizie reali, gente che in pizzeria mi diceva una cosa e poi sui social ne trovavo un’altra, corredata magari da foto. Senza i social non me ne sarei accorta o ci avrei messo più tempo.
      Il punto è che, sia in reale che in virtuale, una persona la conosci frequentandola. 😉

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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