Dal romanzo alla vita: dialogo con Grazia Gironella sull’amnesia e sul senso del passato

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    Qualche tempo fa, eravamo ancora in estate, ho proposto a Grazia Gironella di scrivere assieme a me un post che avesse come spunto il suo Cercando Goran.

    L’avevo appena letto e, inutile dirlo, mi era piaciuto molto.

    In particolare, mi avevano colpita due cose:

    1. Il tema dell’amnesia diventa un interessantissimo pretesto per analizzare il rapporto con il nostro passato
    2. Il tema del soprannaturale, grazie al fatto di essere introdotto e giustificato proprio dall’amnesia, non appare mai incredibile.

    Ne è nata così una lunga conversazione, a colpi di messaggi vocali su whatsapp, che ci ha permesso di sondare tutti gli aspetti nascosti di questo romanzo.

    Silvia –Buongiorno, cara. Ti ringrazio per aver accettato la mia proposta di dialogare con me sul tuo romanzo Cercando Goran. Vorrei partire proprio dall’amnesia. A mio parere l’amnesia ha diverse funzioni nel tuo romanzo oltre ad essere la causa scatenante. Com’è nata l’idea di usare l’amnesia?

    Grazia – Lo spunto iniziale è stato casuale: ho letto qualcosa sull’amnesia, non ricordo in quale contesto, e mi si è sbrigliata la fantasia. Come deve essere svegliarsi in ospedale e non ricordare nulla della propria vita precedente?, mi sono chiesta.

    La curiosità mi ha spinta a cercare in rete informazioni sull’amnesia, fino a quando mi sono imbattuta nell’amnesia dissociativa, una forma caratterizzata dal fatto che le informazioni sono immagazzinate correttamente nella memoria, ma diventano temporaneamente indisponibili, spesso in maniera selettiva: un periodo, un luogo o un argomento specifico vengono dimenticati per un certo lasso di tempo. Chi ne è colpito a volte mette in atto la cosiddetta fuga dissociativa, che comporta spostamenti di breve o lunga durata, a volte di centinaia di chilometri, in uno stato di confusione circa l’identità personale. Da qui è nata l’idea del viaggio di Goran, ancora senza una destinazione precisa.

    S. – Un viaggio fisico ma anche metaforico alla ricerca di sé stesso…

    G. – Esattamente. Il viaggio fisico forniva a me come autrice un’interessante situazione da esplorare, molto nelle mie corde; la spinta per il viaggio, però, nasce dal personaggio: Goran non può e non vuole rimanere nella realtà in cui si è risvegliato dal coma. Questo lo spinge lontano da ciò che rifiuta e verso la verità di se stesso come individuo.

    Quasi subito nella parte realistica della storia si è infiltrata una vena sovrannaturale, che mi ha obbligata a cercare un non semplice equilibrio tra accuratezza storica e fantasia.

    S. – La parte che tu dedichi al soprannaturale mi ha convita e questo per me, che sono molto legata alla credibilità, è stato un punto cruciale: se il tuo romanzo non avesse avuto una base ben appoggiata sulla realtà, se non fosse stato credibile, probabilmente l’avrei abbandonato presto.

    G. – Credo che spesso il lettore senta il bisogno di essere radicato in un terreno conosciuto e accettato, prima di partire – ma non è scontato che lo faccia – verso altre dimensioni. Queste però sono mie valutazioni a posteriori. Mentre elaboravo la storia mi sono limitata a seguire una serie di fasi logiche: la prima mi ha portata ad approfondire l’amnesia seguita all’incidente; la seconda è stata chiedermi: e se a questo punto si aggiungesse qualche complicazione? Di solito chi soffre di amnesia usa la realtà (famiglia, amicizie, lavoro) per ricostruire la sua vita passata. Cosa succederebbe se questa realtà fosse ostile, o persino– terza fase – inquietante e incomprensibile?

    S. – Mancherebbe un pezzo per poter ricostruire la propria personalità e riuscire a capire quale sia la realtà. È forse per questo che Goran inizia il suo viaggio dentro e fuori di sé?

    G. – Proprio così. Una volta captato l’aspetto misterioso dell’amnesia di Goran, il suo viaggio ha trovato una destinazione e un periodo storico:la Finlandia nel periodo della Grande Fame, tra il 1866 e il 1868. In un mio viaggio in Scandinavia mi era capitato di visitare il museo all’aperto di Stundars,la ricostruzione di un villaggio di artigiani dell’Ostrobotnia nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, dove è possibile visitare abitazioni e botteghe insieme a una guida che spiega nei dettagli la vita delle persone in quel periodo. Durante la visita mi colpì il fatto che nei periodi più duri agli anziani non venisse dato cibo per lasciare i pochi viveri ai più giovani. Ora so che questo non è tipico soltanto del contesto finlandese, ma allora mi colpì per la sua durezza, tanto da riemergere nella storia di Goran.

    S. Quindi, lo dico per chi non avesse letto il libro senza però spoilerare, il viaggio di Goran si è diretto in Finlandia. Non solo attraverso i luoghi, ma anche in una sovrapposizione di epoche storiche. Laddove il vuoto di ricordi nella mente di Goran era stato occupato da qualcun altro. Dico bene?

    G. – Infatti è qui che nasce il personaggio di Petri. Fino a quel momento avevo seguito un filo logico per elaborare la trama; da lì in poi il concatenarsi degli eventi è diventato inevitabile, e ha stupito anche me. La presenza del sovrannaturale nella storia non è strana per me, ma corrisponde al mio modo di vedere la realtà. Spesso ho detto che per me la realtà è fantasy, sul filo dello scherzo. Parlando seriamente, sono convinta che oltre il visibile ci sia molto altro, non tangibile né dimostrabile, ma conoscibile.

    S. Parliamo un attimo della fusione tra passato e presente. Questo tema mi interessa molto ed è un altro aspetto del tuo romanzo che mi ha affascinata. Sai a volte, quando passeggio per i paesi o i boschi, mi succede di immaginare questi stessi luoghi in un altro tempo. Chi ci ha vissuto cento, duecento, mille anni fa? Che cosa si è modificato rispetto ad allora? Mi piace provare a interpretare i resti attuali per capire il passato. Tu che cosa ne pensi?

    G. Questo affascina molto anche me. Però, sai che mi fai pensare a un fatto strano? Personalmente tendo ad avere un atteggiamento di assoluto disinteresse verso il mio passato; in pratica è come se non esistesse. Per molto tempo l’ho considerato un fatto positivo, che mi consentiva di concentrarmi sul “qui e ora”. Anche la storia come disciplina non mi interessava affatto. Negli ultimi anni, però, ho avuto modo di rendermi conto che il passato, sia personale che collettivo, ha un legame importante con il presente, non solo razionale ma anche emotivo.

    Qualche anno fa, per esempio, imbattendomi in rete nelle vicende dei cosacchi in Carnia durante l’ultima guerra, ho avuto una reazione molto intensa, che mi ha spinta a scrivere un racconto sull’argomento. La storia fatta di date, nomi e battaglie può sembrare fredda, ma diventa calda quando ci si avvicina alle persone reali che l’hanno vissuta.

    Sul fronte personale, per un periodo ho esplorato le mie vite passate tramite la meditazione – naturalmente si può credere o non credere in questo genere di cose – dove ho trovato le ragioni di aspetti di me che mi erano sempre risultati incomprensibili. Il passato, in definitiva, sta ritornando a prendere il suo posto nella mia vita, come credo sia giusto, perciò posso dire di riconoscermi nel percorso di Goran. Strano a dirsi, non mi era mai balenato questo nesso prima della tua domanda!

    S. – Mi verrebbe da dire che proprio la scrittura è stata testimone del passaggio dalla freddezza della storia collettiva alle emozioni, ma anche del rapporto tra la fantasia narrativa e la consapevolezza del tuo passato. Insomma, un passepartout in grado di cambiare non solo chi fruirà della storia, ma, forse ancor di più, chi l’ha scritta. Sei d’accordo?

    G. Assolutamente sì, alla luce di queste ultime considerazioni. Non vorrei generalizzare troppo, ma ho l’impressione che quando si scrive si sia in qualche modo anestetizzati rispetto agli aspetti più intimi di ciò che si sta raccontando. Forse proprio questo permette alla storia di arrivare in porto incontrando meno ostacoli. Analogie, simboli e significati saltano fuori a sorpresa più tardi, magari grazie alle osservazioni di lettori come te. Pensa che in risposta alla tua prima domanda avevo definito lo spunto dell’amnesia “casuale”! Devo proprio ringraziarti, non solo per la piacevole chiacchierata e per il tempo/spazio che mi dedichi, ma anche per questa scoperta.    

    S. Grazie a te, cara. Attraverso il tuo romanzo abbiamo fatto un bel viaggio dentro noi stesse e, proprio grazie alla tua scrittura,abbiamo costruito quel filo che lega scrittore e lettore e che dà un valore aggiunto alla storia. Se scrivere è comunicazione, per me questo è il massimo risultato a cui uno scrittore può ambire. Auguro al tuo romanzo tutto il successo che merita, ma sappi che per me il successo vero l’ha già ottenuto.

    *********************************

    Grazia Gironella è una scrittrice e un’amica. Potete trovare tutte le informazioni su di lei e sul suo romanzo nel suo blog Scrivere Vivere.

    Cercando Goran è su Amazon, anche in lingua inglese (che io ho comprato per fare un po’ di esercizio!). 

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    5 Comments

    • Grazie di nuovo, Silvia! E’ stato un vero piacere parlare con te del romanzo. 🙂

    • Che bella sorpresa leggere di questa intervista-chiacchiera a colpi di botta e risposta via whatsapp. Proprio vero che la tecnologia aiuta se la si sa usare.
      Il libro anche a me è piaciuto moltissimo e come Silvia ho trovato solide basi di credibilità per la parte sovrannaturale. È molto più di una semplice lettura, è un’immersione nella storia di un popolo molto distante per usi e costumi dal nostro. Un’impresa riuscitissima che vale la pena di leggere.

    • Giulia Mancini

      L’amnesia è un tema molto interessante da trattare in un romanzo, Grazia l’ha trattato molto bene attraverso un bel personaggio come Goran.

    • […] Silvia Algerino, che ringrazio di cuore, ha pubblicato sul suo blog una chiacchierata avvenuta a rate su Whatsapp, ispirata dalla lettura del mio romanzo Cercando Goran, tema l’amnesia e il senso del passato. È stata una bellissima esperienza per me, persino terapeutica, per rimanere nell’argomento di questo post. Potete leggere l’articolo qui. […]

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    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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