Associazioni di idee: che cosa sono e quali regole seguono?

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    Quindici giorni fa, in un post che ha per tema i giochi dei bambini, ci eravamo lasciati sulle associazioni di idee, un gioco che sovente faccio con i miei bambini.

    In che cosa consiste? Credo che lo sappiate tutti. E’ il gioco più semplice del mondo. I primo giocatore parte con una parola e gli altri giocatori a turno dicono la prima parola che gli viene in mente in relazione all’ultima pronunciata. Ci abbiamo giocato proprio ieri.

    Vi faccio un esempio di come è andata con i miei figli Leonardo (9 anni) e Francesco (5 anni), partendo da una semplicissima parola come CASA:

    Io inizio io e, a seguire, Leonardo e Francesco:

    Casa > abitante > maglie
    Rete > confine > burrone
    Torrone > semifreddo > gelato
    Berretta > inverno > sciarpa
    Guanti > giardinaggio > verdura
    Frutta > dieta > cena
    Colazione > porcatine >dolci
    Amaro > caffè > papà.

    Alcune considerazioni sulle nostre associazioni libere

    Pur non essendo chiaramente un esperimento con valore scientifico, mi saltano subito all’occhio alcune evidenze:

    1. Non ci sono concetti astratti. Da quello che ho letto qua e là sul web, mi pare di poter dire che gli studiosi dell’età evolutiva sostengono che lo sviluppo del pensiero astratto inizia dopo gli 11 anni, quindi con i miei figli ci siamo. Sono assolti.  Ma io? Spero che sia l’abitudine a ragionare con loro su aspetti concreti a determinare le mie risposte così poco astratte, altrimenti, se dimostro così poca fantasia. come aspirante scrittrice sono fritta.
    2. Le mie associazioni spaziano in modo più ampio, ma seguono una stretta logica, ovvero sono meno fantasiose (!): MAGLIE (inteso da Francesco come indumento) abbinato da me a RETE; BURRONE a TORRONE; GELATO (inteso da Francesco come dolce) abbinato da me a BERRETTA; DOLCI a AMARO.
    3. Le associazioni di Francesco sono le più fantasiose e umorali, ma non seguono strettamente una logica: ABITANTE- MAGLIE, CONFINE-BURRONE, GIARDINAGGIO-VERDURA, DIETA-CENA, CAFFÈ-PAPÀ (questa mi ha fatto sorridere).
    4. Infine le associazioni di Leonardo sono quelle più prevedibili, anche se con qualche tocco di classe: CASA-ABITANTE mi ha stupita, mentre FRUTTA-DIETA e COLAZIONE-PORCATINE sono il frutto già di un condizionamento che in Francesco, più piccolo, ancora non sembra esserci. Infatti Leonardo associa frutta a dieta perché (povero!) è a dieta e mangia molta frutta, mentre le porcatine (cioè quei cibi tanto buoni che io chiamo così perché non gli fanno bene, tipo dolci, dolcetti e merendine) sono il suo più recondito desiderio.

    Per la poco esperienza che ho, mi sembra di poter dire che i bambini hanno una fantasia molto più libera e più sono piccoli, più è libera. Noi adulti siamo molto più condizionati e condizionabili. Se ci pensiamo bene, ci aspetteremmo il contrario. Penseremmo cioè che la mente dei bambini sia più fragile, più esposta al pensiero degli adulti. Invece, forse, non è così. O per lo meno è un processo lento e progressivo.

    In realtà il condizionamento inizia presto. Genitori, insegnanti, compagni di scuola, persone in genere, senza contare la pubblicità, la televisione, i cartoni animati. Anche i libri e le esperienze che abbiamo vissuto. A volte in modo positivo, ma più frequentemente in modo negativo.

    Azzarderei l’ipotesi che crescendo diventiamo più logici, abbiamo uno spettro più ampio di possibilità da scegliere in quanto abbiamo vissuto un numero maggiore di esperienze, ma subiamo un condizionamento, di cui non siamo consapevoli, tale da restringere, o almeno orientare, il campo di azione della nostra fantasia. Tuttavia sarebbe opportuna l’opinione di un esperto per confermare o bocciare la mia idea.[su_spacer]

    Che cosa dicono gli esperti delle associazioni di idee?

    Il primo a utilizzare nei propri studi le associazioni di idee fu lo scienziato, antropologo e psicologo Francis Galton (1822-1911), che sottopose i suoi pazienti allo stesso gioco che faccio io con i miei bambini. Data una determinata parola, il paziente doveva dire la prima cosa che gli veniva in mente.

    Galton ripeté l’esperimento anche su se stesso e prese nota delle proprie risposte. Dai risultati che registrò, osservò che:

    • Nel nostro pensiero c’è una grande quantità di ripetizioni;
    • C’è poca varietà nel magazzino mentale delle idee;
    • La mente è perennemente in viaggio su percorsi noti e  non conserva nella memoria le sue escursioni.

    Il test delle associazioni mentali venne ripreso anche da Jung che, a differenza di Freud che lo utilizzava sui soggetti “malati”, lo utilizzò su soggetti normali. Egli, pur sostenendo che associazioni di idee avvengono in modo “straordinariamente sfuggente e variabile”, le suddivise in quattro categorie ben distinte:

    1. Associazioni per coordinazione tra un concetti generici o specifici appartenenti ad una stessa categoria o simili tra loro (es. mela-pera)
    2. Associazione per subordinazione, ovvero quelle associazioni che prevedono come risposta una parte o un sottoconcetto rispetto alla parola stimolo (es. albero-faggio)
    3. Associazione per sovraordinazione, ovvero quelle associazioni che prevedono come risposta un concetto generico rispetto a una parola stimolo specifica (es. gatto-animale)
    4. Associazioni per contrasto, ovvero quelle che prevedono una risposta in contrasto alla parola stimolo (es. gioia-tristezza, pianto-riso, buono-cattivo etc)

    La conclusione a cui giunge Jung è che le variazioni individuali rispetto all’enorme varietà di risposte possibili sono molto scarse in rapporto alla frequenza delle risposte comuni. Pertanto le associazioni non sono il campo di “selvaggia casualità”, ma si formano su “basi oggettive e causali, che è possibile e indispensabile indagare”.

    Il test di associazioni di idee di Galton ancora oggi è considerato uno strumento valido per l’analisi del lessico soggettivo. Gli psicologi Philips Jonhson Laird e George Miller, nel loro testo Linguaggio e percezione (1976), lo valutarono come un metodo conveniente e dotato di una certa obiettività.[su_spacer]

    Come sfruttare le associazioni di idee nella scrittura?

    Ora che abbiamo conosciuto un po’ meglio le associazioni di idee, ci chiediamo che relazione e che utilità abbiano con la nostra attività di aspiranti scrittori.

    Poiché abbiamo scoperto che le associazioni di idee agiscono in modo quasi programmato nel nostro cervello, limitando in un certo senso le possibilità di scelta, ci troviamo di fronte ad una duplice difficoltà:

    • Uscire dalla nostra gabbia mentale delle associazioni di idee per creare qualcosa di nuovo;
    • Sfruttare i meccanismi mentali del lettore a noi noti per condurlo dove vogliamo noi.

    Come realizzare questa strategia? Poiché si è fatto tardi e abbiamo già detto molto, ne riparleremo nelle prossime settimane.

    E per voi le associazioni di idee sono un limite o un vantaggio da un punto di vista letterario?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    15 Comments

    • La prima cosa che ho notato è che nel gioco fatto coi tuoi figli partite da casa e arrivate a papà, in modo quasi circolare.
      L’altro giorno chiedendo a mia figlia (5 anni) cosa fosse per lei la famiglia (in fondo è un’associazione di idee anche questa) ha risposto prontamente sicurezza (altro che i bambini non hanno concetti astratti) stupendomi non poco, sopratutto perché non era la risposta che mi sarei aspettato a non sembra provenire da qualche condizionamento.
      Credo, ma non ho i mezzi per verificarlo, che le associazioni di idee seguano il meccanismo con cui funziona la memoria, il che spiegherebbe la loro ripetitività 😉
      Interessante la seconda idea, quella cioè di sfruttare le associazioni di idee per portare il lettore dove vogliamo in modo quasi subliminale, forse difficile da applicare però, servirebbe molto studio.
      Quanto alla prima, beh, forse, se sono così scontate e ripetitive, non sono il metodo giusto da seguire per inventare 😉

      • Hai colto nel segno osservando la circolarità del gioco fatto con i miei bambini. Del resto se, come dice Jung, le associazioni di idee in un certo senso sono prevedibili o, almeno, inserite in un quadro specifico, tutto questo avrebbe ancora più senso. E’ pur vero che l’analisi di Jung si basa sull’osservazione di un unico soggetto e noi giocavamo in tre, ma è altrettanto vero che siamo tutti componenti della stessa famiglia e ci sarebbe da chiederci se non agiscano su di noi quelli che in analisi transazionale sono chiamati “miti famigliari”.
        Ancor di più questo è interessante se lo si analizza in termini di scrittura creativa perché, appunto, questa “circolarità” di pensiero può essere sfruttata positivamente se ci aiuta ad agganciare il lettore e a farlo pensare quello che vogliamo noi, mentre può essere dannosa se come autori caschiamo a nostra volta nella banalità. Un esempio può essere quello dei modi di dire. Ma di questo parleremo nella prossima puntata. 🙂

    • Sono rimasta molto colpita dal bimbo a dieta, anche perchè nel mio romanzo nel quale il gioco ha un aspetto importante la scena finale è proprio la colazione di un bimbo con pane e cioccolata perchè volevo veicolare il messaggio di qualcosa di semplice, senza menate genitoriali come “no olio di palma”, scena che in realtà non mi convinceva, non tanto nel contenuto quanto nella mia elaborazione scrittoria e ho parzialmente cancellato. Questo post potrebbe aiutarmi a definire meglio il finale. Grazie.

      • Mi fa piacere che il mio post ti sia risultato utile. 🙂 Se vuoi qualche dato un più su di noi e sul nostro rapporto di amore-odio con il cibo, ti scrivo volentieri in privato (non perché siano segreti, ma perché esula un po’ dal contesto del blog). Grazie a te. 😉

        • Grazie, penso che lascerò lì il finale, perchè mi manca ancora una piccola parte precedente, poi ti scrivo.
          PS. se hai bisogno anche tu, fatti viva, sono disponibilissima.

          • Grazie mille, come sai ti tengo in grande considerazione per i miei dubbi da aspirante scrittrice e non. 🙂

    • nadia

      Io ti dirò che il tuo articolo l’ho trovato molto interessante e particolareggiato.
      Le associazioni di idee credo di usarle senza quasi rendermene conto nella quotidianità, anche proprio legate a profumi, ricordi, momenti…
      Per il tema a cui leghi il discorso, credo siano di grande aiuto per lo scrittore, fantasia o meno lascia correre il pensiero oltre i soliti schemi ed apre scenari personali non scontati. Questo rende ogni autore diverso l’uno dall’altro, questo permette sicuramente di essere riconoscibili!

      • Silvia

        Grazie, Nadia. Come commentava Grilloz, sarebbe interessante capire se le associazioni di idee abbiano lo stesso meccanismo della memoria.
        Anch’io penso che nella scrittura possano essere usate in modo proficuo, soprattutto se, come dici tu, aprono nuovi scenari tanto da diventare una cifra stilistica dell’autore.

    • Noi, fino a un paio di anni fa, giocavamo in questo modo durante i lunghi viaggi, per tenere distratti i bambini (di allora, perché ora che hanno 12 e 14 anni chiediamo, al contrario, di non distrarre durante la guida!), ma con una variante: decidevamo due parole completamente diverse, una da cui partire, l’altra cui arrivare, in modo che le associazioni di idee seguissero un percorso mentale che arrivasse a un preciso traguardo. per es: orologio-collina. Trovare delle concatenazioni cominciando con la parola orologio per arrivare a collina era un esercizio divertente e stimolante e venivano fuori cose davvero uniche.
      È un po’ come quando parti da una premessa, scrivendo un libro, e vuoi arrivare a quella data conclusione. Racconti la storia in modo da allacciare tutti gli eventi tra loro e, alla fine, arrivi al traguardo.

      • Non avevo mai pensato a questa variante in cui arrivo e partenza siano già stabiliti. Devo provare con i miei bambini e vedere che cosa succede. Ti chiedo una cosa: poiché hai avuto modo di giocare anche tu con i tuoi bambini, sebbene con modalità un po’ diverse, quanto ti ritrovi nell’idea di Jung che le associazioni di idee in realtà seguono percorsi non casuali ma semmai frutto di legami di causalità?

        • Non sono casuali, no, per me sono frutto di legami causali proprio come nelle categorie jungiane. Ma il bello del gioco è vedere quali catene la mente è in grado di seguire per arrivare allo scopo; spesso sono intuizioni logiche, altre volte “forzature” che però hanno un loro perché. Esempio: pane/girasole.
          Pane-cibo-frutta-albero-seme-fiore-girasole. Cibo/frutta è un’associazione alla larga, perché qualunque cosa può diventare cibo, all’occorrenza, però se so che devo arrivare a girasole provo ad avvicinarmi al concetto.

    • Proprio per non auto-indirizzarmi lungo binari prestabiliti, uso l’associazione di idee in modo “non programmato”. Ovvero: se mentre penso di quel capitolo o di quel paragrafo mi viene in mente qualcos’altro, seguo l’impulso spontaneamente e vedo dove mi porta. Uno dei momenti chiave del romanzo mi è venuto in mente ascoltando una canzone di Rino Gaetano… che non c’entra una mazza! 😀

      • Hai centrato il bersaglio e per certi versi anticipi ciò che diremo nel prossimo post sull’argomento. Ovvero come l’associazione d’idee possa essere un impulso (uso la tua parola perché mi piace molto) a creare legami e connessioni mentali su argomenti che apparentemente sembrano scollegati. 🙂

    • Le mie associazioni mentali sono del genere Gaspare e Zuzzurro ai tempi del Drive in, quando Zuzzurro di punto in bianco rispondeva ad una domanda di Gaspare “E’ colpa del dentifricio!” E l’altro “Ma che c’entra il buco nell’ozono col dentifricio?” [la sto sparando, purtroppo non me le ricordo e non ne trovo traccia su YouTube] Allora Zuzzurro partiva in un squinternato nonchè astruso ragionamento di associazioni di parole, idee e rumori per cui dal dentifricio si arrivano al buco dell’ozono. Nasceva come giochino da sponsorizzazione, perchè ai comici veri la pubblicità non piace, ma poi sono diventati veri e propri sketch.
      Detto ciò, non so se su di me le associazioni mentali serie funzionano 😛

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