A volte ritornano. Io e il mio amore folle per Stephen King

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    Come direbbe lui, a volte ritornano.

    Di Stephen King ho letto 27 romanzi, 5 raccolte di racconti e 2 saggi. Più o meno negli anni che vanno dal 1990 al 1999. Senza ombra di dubbio è  lo scrittore di cui ho letto il maggior numero di libri.

    In quel periodo acquistai praticamente tutte le opere che uscivano, l’una dopo l’altra. Qualcuna non l’ho mai letta, come per esempio la serie della Torre Nera, e rimane lì a guardarmi dalla libreria come se avessimo ancora un conto in sospeso. So che, prima o poi, la leggerò.

    Sono passati quasi vent’anni da quando, in una specie di amore folle, mi bevevo tutti i suoi scritti. Un po’ come ho fatto con tutte le mie dipendenze (niente di sconvolgente, tranquilli!), sono uscita anche dal tunnel di Stephen King, al punto di dimenticare quasi che esistesse.

    Poi capita che in un post di qualche settimana fa io mi ritrovi a pensare alle 100 letture più importanti della mia vita e che King torni prepotentemente nei miei pensieri. E succede anche che in un commento a quel post, Barbara mi chieda un consiglio su quale romanzo di questo scrittore leggere per primo.

    Poi leggo sul giornale della vicenda di un ragazzo che contatta King per chiedergli l’autorizzazione a trarre un film amatoriale da un suo romanzo, ricevendo risposta affermativa assieme alla richiesta di versare un solo dollaro per i diritti d’autore. E vengo a sapere che poi il film è stato girato. Proprio qui, nel Biellese, in una landa montana a due passi da casa mia.

    Infine accade che, anche nei che frequento abitualmente, in questi giorni si parli diffusamente del re del terrore (Daniele gli ha dedicato un post, Salvatore ne ha parlato nei commenti ad un suo post).

    Ecco. Direi che Stephen King, suo malgrado, mi perseguita.

    Allora che faccio, ci ricado?

    Non sono fatalista e non credo nelle coincidenze. Mi piace pensare che tutto abbia un senso, sebbene non sia nemmeno credente.

    Di conseguenza, se un pensiero torna con insistenza, c’è un motivo. Tutto sta a capire quale.

    Che cosa rappresenta per me Stephen King?

    Stephen è stato il mio primo grande amore letterario. Ed è stata una storia infelice, perché, come in tutti i romanzi d’amore che si rispettino, non era corrisposto.

    A parte le sciocchezze, è stato il primo scrittore a coinvolgermi nelle sue storie fino a farmi dimenticare di mangiare, di dormire, di fare altro.

    Ricordo di avere letto It in quattro giorni. Era l’estate del 1990. Avevo 17 anni ed era appena finita la scuola. Mi trascinavo dal letto alla poltrona e dalla poltrona al letto passando tutto il giorno a leggere. Quasi 1300 pagine in quattro giorni. Il mio più folle record.

    Che cosa mi attirava dei suoi libri?

    Come quando si parla di un amore reale, definire quale siano le cause è molto difficile.

    Per quanto mi riguarda ho iniziato con i suoi libri horror (Le notti di Salem e Carrie). Allora ero in un periodo in cui quel genere mi attirava molto, anche cinematograficamente. A quei tempi spaziavo da Dario Argento a Nightmare senza problemi, roba che adesso nemmeno legata a filo doppio.

    Ma fin da subito di King mi attirarono le sottotrame, cioè quelle storie secondarie che non avevano niente di terrificante, ma che per me rappresentavano il punto di maggior interesse.

    Ho sempre pensato che per lo scrittore americano il genere horror fosse solo un pretesto per raccontare invece ciò che sarebbe stato benissimo in un qualsiasi romanzo mainstream. E proseguendo a leggerlo e a conoscerlo, mi accorsi che infatti le sue opere più riuscite erano quelle in cui l’orrore non derivava per nulla qualcosa di malefico in modo soprannaturale, ma in cui era la metafora di paure e atteggiamenti propri di ogni essere umano. Fino a farmi pensare che King non fosse semplicemente il re del terrore, ma dell’orrore che c’è dentro di noi.

    Benché sia uno scrittore molto prolifico, alcuni temi ritornano frequentemente, almeno in quella trentina di libri che ho letto io. Quali sono questi temi?

    • I bambini

    Si sente come Stephen abbia un amore viscerale per l’infanzia. I bambini spesso non sono solo i protagonisti delle storie, ma rappresentano il personaggio positivo, capace, pur nelle sue limitate possibilità, di contrastare il male, vincendo su di esso. Tanto per citarne qualche esempio: Stagioni diverse, Cujo, It, Shining, La bambina che amava Tom Gordon, Per Sematary, Cose Preziose.

    E ciò che più sconvolge è la sua abilità di utilizzare il punto di vista innocente e saggio dei bambini. Che il segreto del suo successo non stia proprio qui, nel suo guardare il mondo con occhi entusiasti e puri, benché disincantati?

    • Gli emarginati

    La disperazione e la solitudine di una parte della società americana entra prepotentemente nelle vicende narrate nelle storie di King, soprattutto nelle sottotrame. I personaggi crudeli, scomodi e brutti rientrano a piene mani nel tratteggiare una società tanto più realistica quanto variegata, sebbene priva di cliché.

    La violenza verbale e psicologica dei padri e dei mariti è uno dei quei lati oscuri che più ritornano in una società dove i deboli si salvano con la forza di volontà o, a volte, con quella della disperazione. Così l’eroina Dolores Claiborne, artefice del proprio riscatto al limite della legalità nel romanzo omonimo, fa da contraltare a Annie Wilkes, protagonista di Misery, trasformata da King in carnefice.

    • Le donne

    Le donne assumono un ruolo preciso nelle narrazioni di King, benché mai stereotipato. Come già avviene per i bambini, lo scrittore sembra essere un perfetto conoscitore del mondo femminile, dando tinte forti alle sue eroine sia dove rappresentino personaggi positivi, sia quando lo siano in negativo, senza comunque mai dare l’impressione di inchiodarle dietro a un giudizio.

    • Le paure

    Nei romanzi di Stephen King le paure sono i veri mostri, al di là di ciò che venga raccontato nei suoi romanzi. L’introspezione psicologica dei suoi personaggi, tanto più quando non è così evidente, è uno dei tratti più apprezzabili di un genere che, da racconto di puro intrattenimento, sconfina nella denuncia sociale.

    • Il sesso

    Eccetto che ne Il gioco di Gerald, dove il sesso è parte della narrazione principale, ma solo come pretesto per inscenare l’incidente scatenante, nelle altre opere di King il sesso non rientra in modo così evidente, sebbene secondo me sia un vero e proprio tema. E come potrebbe non farne parte per uno scrittore che analizza la psiche umana soprattutto laddove si annidano i pensieri più torbidi? In questo senso il sesso è una delle cause che porta alla frustrazione e quindi alla creazione mentale di mostri e fantasmi e alla concretizzazione di vere e proprie violenze fisiche.

    • La società americana

    Sullo sfondo di tutto ciò, la società americana, con una spiccata preferenza per quella di periferia e per quella di provincia. La vera vita si svolge lì, spesso nel Maine, dove King abita. E se è vero che tutto il mondo è paese, diventa altrettanto vero che in un paese, c’è tutto il mondo.

    Sì, detto tutto ciò, mi sa che ci ricasco proprio.

    E voi, che cosa avete amato dei romanzi di Stephen King?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    7 Comments

    • Di Stephen King, più che i romanzi etichettati come horror, ho amato i racconti mainstream. In particolare: Stagioni diverse. Ecco, quello è il King che mi piace leggere. Tutto il resto, un po’ meno.

      • Silvia

        Sì, sono d’accordo. Però penso anche che in certi romanzi catalogati come horror ci siano delle splendide sottotrame che potrebbero da sé costituire dei romanzi mainstream molto belli. Penso per esempio a It, a Cose preziose, a Le notti di Salem.

        • Sì, è vero, sia Cose preziose sia Le notti di Salem sono ambientazioni davvero carine. Credo che King dia il meglio di sé quando ambienta le storie nell’America rurale.

    • Il primo romanzo di King che ho letto è stato (se non ricordo male) Misery, poi Dolores Claiborne e altri. Anche io credo che dia il massimo quando non si butta anima e corpo nell’horror. Per la sua cura nei confronti dei bambini molti lo paragonano a Dickens, e credo sia un paragone azzeccato. Penso che chi riesce a dar voce ai bambini in maniera onesta, sia un ottimo autore.

      • Non conoscevo questo paragone con Dickens, che trovo molto interessante. Grazie per avermelo segnalato. Andrò a riprendermi entrambi e ci ragionerò su. 🙂

    • Oddio, ho avuto un flash! Ho visto il film di Dolores Claiborne! La frase che me l’ha fatto scattare: “artefice del proprio riscatto al limite della legalità”. Cerco su Google e viene fuori l’immagine. Devo averlo visto però si sfuggita (sai quando si fanno due cose e con l’orecchio ascolti la tv?). Comunque, ho in carrello Stagioni diverse, per il prossimo ordine di libri.
      Da quel che racconti (“Mi trascinavo dal letto alla poltrona e dalla poltrona al letto passando tutto il giorno a leggere.”) i libri di King sono per te “croce e delizia”. Lì definisco così i romanzi che mi staccano completamente dalla realtà e torno giù solo quando li ho finiti. Ma non all’ultima pagina, almeno una settimana dopo. E poi occasionalmente li rileggo. Qualcuno finirò per impararlo a memoria…
      Per quanto riguarda i temi che hai individuato di King, a leggere la sua autobiografia/manuale On Writing, direi che sono temi della sua stessa vita: è stato un bambino che ha dovuto arrangiarsi in molte cose, senza padre; in qualche modo, prima di avere successo, è anche stato un emarginato, con lavori molto umili e poco retribuiti, ha vissuto anche in una roulotte per capirci; le donne perchè cresciuto solo con una madre e tante zie; le paure credo siano anche le sue, quelle che si porta dietro dall’infanzia; il sesso…su On Writing non ne parla; società americana di periferia, perchè lui è vissuto e vive lì. Quindi, è un po’ autobiografico anche lui!
      E grazie per la citazione! 🙂

      • Mi verrebbe da dire: siamo ciò che scriviamo o scriviamo ciò che siamo? A parte le battute, sì credo che i mondi raccontati da Stephen King siano proprio i suoi mondi. D’altronde proprio lui dice scrivi di ciò che conosci, no? La sua abilità nel raccontare è quella di far uscire nuovi mondi che si adattano in parte a ciascuno di noi. Perché, come dicevo nel post, è vero che tutto il mondo è paese, ma in ogni paese c’è tutto il mondo. E in ognuna delle difficoltà, paura, debolezza dei suoi personaggi a suo modo c’è quella di ciascuno di noi. Per questo lo ritengo un gran maestro nel suo modo di narrare.
        Stagioni diverse è una raccolta di racconti che riassume un po’ tutti i suoi temi, per questo te l’ho consigliato. Se poi ti fai prendere dalla King-mania ne discutiamo ancora. 😉

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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