E se i “big” fossero tra di noi? 5 motivi per leggere scrittori meno noti

Indice dei Contenuti

    Qui la diatriba non è tra pubblicare con il self o con case editrici, anche se dopo il post della settimana scorsa di Chiara Beretta Mazzotta sul suo Bookblister, il tema, che sembrava essersi momentaneamente sopito, ha ripreso quota.

    Piuttosto il punto che mi interessa è tra chi viene pubblicato dalle major e chi invece trova spazio in piccole case editrici (escludiamo le EAP) o pubblica con il self.

    E’ un evidente problema culturale e non del tutto ingiustificato: se entro in libreria, ho la sensazione che scegliere le mie letture tra quelle proposte da un casa editrice di un certo livello mi tuteli come lettore. Se vago su amazon in cerca di novità non so esattamente dove mi troverò a parare e se i miei soldi saranno ben spesi.

    Però è anche vero che l’aver puntato su una casa editrice maggiore non mi tutela dall’aver scelto un libro che non mi piace, che non corrisponde alla mie aspettative o che magari io personalmente, pur con tutti i limiti che mi riconosco, non  ritenga di così gran valore come mi si vuol far credere. E’ successo a tutti noi, lettori ancor prima che aspiranti scrittori, di imbatterci in una delusione, non è vero?

    Il punto è che per leggere scrittori meno conosciuti, così dice la Beretta Mazzotta, ci vuole uno sforzo maggiore. Va fatta una ricerca puntuale e approfondita perché difficilmente troveremo recensioni su giornali, riviste o simili (qualcuno di voi legge ancora riviste?? Ah sì, io leggo Confidenze, ma solo quando ci scrive Salvatore. Quindi lo leggo grazie a lui e non viceversa).

    Vogliamo farla questa piccola fatica? Facciamola e vi dirò perché ne vale la pena.

    i miei 5 motivi per leggere scrittori meno noti

    1.Trovare informazioni su autori meno noti non è una fatica, semmai un piacere

    Avete presente internet? E’ già da qualche anno che l’hanno inventato. Generalmente un’autore, per quanto poco conosciuto, ha un sito, un blog o perlomeno una pagina FB. Se ha intenzione di vendere i suoi libri almeno un po’ di promozione online dovrebbe averla fatta. Questo non ci dice come scrive né se il suo libro sia di valore, ma ci racconta molto di lui e ci dà piccole informazioni: attraverso il modo in cui si presenta possiamo già farci un’idea. Ecco, io, per esempio, non comprerei un romanzo di un autore che sul suo sito/blog non si presenta adeguatamente o che scrive in modo sgrammaticato: se non sei accurato nel presentarti al mondo, probabilmente non lo sei nemmeno nello svolgere il tuo lavoro di scrittore.

    Esistono poi i feedback: è vero che a volte ce ne sono di farlocchi, sia di chi paga per averne di positivi, sia di chi ne regala di negativi giusto per il piacere di criticare. Beh, un occhio attento li coglie facilmente entrambi.

    La blogosfera, poi,  offre la possibilità anche ai meno noti di essere intervistati o recensiti su litblog di blogger amici che in linea di massima, anche per non rovinare la propria credibilità, non si lanciano in lodi sperticate senza motivo.

    Infine spesso è possibile leggere un estratto dell’opera. Possibile con tutti questi filtri, cadere in un errore così grossolano?

    2. Libertà dagli inganni del marketing

    Le case editrici maggiori per vendere ovviamente si occupano del marketing dei loro scrittori. E’ normale vedere in libreria pile di copie di uno stesso libro accatastate vicino alla cassa proprio vicino all’uscita. Cosa che invece non succederà mai con chi viene pubblicato da piccole case editrici (difficilmente arriva in libreria con una copia, figuriamoci con decine), tanto meno chi con il self si affida al print-on-demand. Ma siamo proprio sicuri che queste trovate pubblicitarie siano garanzia di qualità?

    Siamo altrettanto sicuri che la recensione fatta da una rivista pubblicata dalla stessa casa editrice che pubblica il libro recensito sia così onesta e sincera?

    3. Senso di vicinanza con l’autore e possibilità di imparare

    Ecco, io su un piano umano, tanto per fare un esempio, mi sento molto più vicina a Sandra Faè che a Baricco. E non sto facendo una questione di valore letterario. Semmai di vita vissuta, quotidianità, possibilità di scambio. Ma che bello è scoprire il talento di una persona che, seppure virtualmente, si conosce? Con la quale si può interagire e dalla quale si può imparare? A mio giudizio è impagabile. Anche perché leggere un libro scritto da qualcuno a cui ci si sente vicini permette un confronto più onesto in quanto libero dai condizionamenti che la notorietà provoca.

    4.Possibilità di entrare in profondità nel libro

    Questo punto è collegato al precedente ed è, a mio giudizio, forse il più importante. Non vi è mai successo di chiedervi che cosa c’è dietro a un romanzo? Avere il desiderio folle di sapere tutto di quel libro? Sì, certo, avete letto tutte le interviste al suo autore e letto tutte le recensioni, ma se voi avevate in mente una domanda specifica che a nessun giornalista è venuto in mente di porre, non saprete mai la risposta. Invece uno scrittore meno noto sarà ben lieto del vostro interesse e felice di rispondere alle vostre domande, instaurando un piacevole rapporto di collaborazione.

    5. Contribuire alla riuscita di un progetto

    Sembrerà banale, ma avere la sensazione di fare parte di un progetto in cui si crede e, nel proprio piccolo, contribuire alla riuscita è una delle massime espressioni di libertà a cui possiamo aspirare in questo periodo storico. Lo stesso spirito che in questi decenni ha spinto a vele spiegate il fenomeno del crowdfunding può applicarsi in modo simile  sostenendo spontaneamente un libro ancora poco conosciuto.  Credo che sarebbe una grande soddisfazione per tutti noi constatare il successo di un libro che avevamo acquistato e amato quando ancora lo conoscevano in pochi.

    Le mie interviste d’autunno

    Ho avuto la fortuna in questi mesi di imbattermi in una serie di libri di assoluto valore. Per me molti “big” sono tra di noi. Sebbene pubblicati in self o da piccole case editrici, sono dell’idea che non abbiano nulla da invidiare a libri di colleghi molto più famosi. Ho deciso così di intervistarli per appagare la mia curiosità di lettrice e la mia voglia di imparare da loro.

    Con cadenza mensile, pubblicherò le mie interviste d’autunno. Si chiameranno così perché l’autunno è la stagione della quiete dopo lo svago dell’estate. Ed è la stagione in cui le foglie cadono portando per il bosco i loro mille colori e preparando il terreno verso la rinascita della primavera. Vorrei che i colori bellissimi che hanno pennellato i nostri amici scrittori giungessero fino a voi, come sono giunti a me attraverso i loro libri.

    Cominceremo martedì prossimo con Serena Bianca De Matteis che ci parlerà del suo Buck e vi regalerà una sorpresa da non perdere, quindi a ottobre sarà qui con noi Sandra Faè con le sue Affinità affettive e, a seguire, Marco Freccero e Massimiliano Riccardi. Insomma, ci aspetta un autunno caldo.

     

    E voi, nelle vostre letture, quanto spazio date ai libri meno noti?

     

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    28 Comments

    • Questo interessantissimo post contiene a mio avviso molte verità. Una davvero assoluta: cercare chicche meno note NON è una fatica, ma un piacere, durante la ricerca stessa e poi quando si legge l’opera e si pensa “ma dai!” ci si sente un po’ talent scout.
      Putroppo credo sia appannaggio di persone che hanno un minimo di dimestichezza con internet, mia mamma che cito spesso, lettrice forte, si affida ai giornali di carta e alle classifiche false e prende cantonate di continuo e se ne lamenta, poi però non fa nulla per uscire da questa spirale, non dico la rete, ma almeno cambiare libreria in nome di una bibliodiversità dove, ahimè, noi BIG che intervisterai (che bellooooo) non ci siamo comunque ma si possono fare ottime scoperte.
      Un abbraccione

      • E’ innegabile che chi, più che altro per motivi generazionali, non è avvezzo all’uso di internet si trova in maggiore difficoltà ad orientarsi nella selva della pubblicazione selvaggia. Come però dici tu, pur essendo escluso in toto dall’acquisto del self, può comunque affidarsi a librerie indipendenti e, se ne ha uno di fiducia, al consiglio del libraio.
        La selezione dovrebbe farla proprio il lettore basandosi non tanto sulla fumosità del marketing di chi ha il potere commerciale, quanto sulla vera qualità dei testi.

    • Essendo una lettrice onnivora e sempre desiderosa di conoscere nuovi autori, non mi precludo alcuna possibilità. Anzi: con gli autori meno noti sono più disponibile a sperimentare, nonché a “perdonare” eventuali scivoloni. Con quelli noti, invece, sono decisamente poco tenera. Posso dire di leggere quelli a cui sono fidelizzata, e di tagliare fuori brutalmente quelli che mi hanno deluso. Anche dopo un paio di flop, se ci sono particolarmente affezionata. Ma succede. Agli autori meno noti, una seconda chance la do con maggiore facilità.

      Lasciamo perdere le strategie di marketing delle grandi case editrici. Te ne racconto una: qualche giorno fa su twitter un autore che seguo, edito da un big, ha pubblicato il promo del suo romanzo. Curiosa come una scimmia, sono andata a sbirciare su amazon. La storia mi piaceva. L’ho prenotato. L’8 settembre è uscito e mi è arrivato sul Kindle.
      Premettendo che ho iniziato a leggere questo romanzo, ed è davvero tanto, tanto bello, ieri ho visto una notizia sponsorizzata su Facebook, una pubblicità che definiva il libro: “un’opera diventata un best-seller grazie al passaparola dei lettori”… in 3 giorni dalla pubblicazione? Complimenti vivissimi! 😀

      • Questo che citi è uno slogan trito e ritrito, soprattutto da Mondadori. Inoltre è assurdo: non solo il passaparola dei lettori non può avere effetto in tre giorni, ma nemmeno può essere diventato un best seller in quel lasso di tempo. A meno che si riferisca a un mercato estero, ma allora dovrebbe essere indicato.

        • Esatto! è proprio per quello che la pubblicità (lo dico: è di Marsilio) mi ha lasciato perplessa. Il romanzo è scritto da un autore italiano, pertanto dubito proprio che abbia ottenuto successo sui mercati esteri. Sono pressoché sicura che si tratti della prima e unica edizione. Questo sgamo, comunque, non toglie nulla alla qualità del romanzo, che come dicevo prima mi sta prendendo parecchio.

          • Adesso però mi incuriosisci. Devo assolutamente scoprire di che libro si tratta! 😛

    • A me piace soprattutto il terzo motivo, sia come lettore che come autore. Sebbene, lo ammetto, come scrittore dato il mio scarso seguito e la mia asocialità non mi sia capitato così sovente 😀 Però è bello trovare un contatto, una relazione, sapere che quella storia che hai letto e che ti piace è stata scritta da una persona vera, che puoi seguire online o magari conoscere nella vita reale, invece che da un nome stampato sulla copertina. Per esempio, durante un concorso mi è capitato di lasciare un commento critico a un partecipante, e di essere da lui contattato per approfondire, e così ho compreso e apprezzato maggiormente la sua idea.
      Certo, grazie a Internet può succedere anche di riuscire a dialogare con i big, ma non sai mai se sono davvero loro o i loro avatar. Con un “wanna be emergente” almeno una cosa è certa: i soldi per pagare uno che risponde per lui non li ha 😀

      • Quando leggo libri o racconti di questi scrittori “meno noti” per abitudine comunico loro le mie impressioni, tanto più se sono positive. Anche perché credo che sia molto utile, nonché piacevole.
        Quando ho fatto la mia campagna con bookabook ho ricevuto decine di riscontri dai miei sostenitori: per me, al di là di tutto, quello è stato il mio vero piccolo grande successo.
        Quindi non posso che darti ragione. 🙂

    • Quantità non è mai stato sinonimo di qualità. Dove l’offerta è eccessiva (Amazon ad esempio) diventa difficile orientarsi. Dove l’offerta si orienta sulle vendite, proponendo solo i libri che vendono di più o pubblicati dalle case editrici che vendono di più, diventa impossibile variare (perché è inevitabile che si persegua uno stesso modello narrativo, quello in voga). Le piccole e medie case editrici potranno anche sfornare degli oggetti culturalmente interessanti, ma se nessuno li conosce nessuno li può leggere. E, alla fine, se quelle piccole case editrici di qualità, dietro a un botta di culo, dovessero infine diventare grosse finirebbero per sfornare libri standard di qualità media. È un gatto che si morde la coda. A quel punto forse l’unica domanda che ha senso porsi è: cosa conta di più per me? Vale sia per i lettori sia per gli scrittori.
      Se come lettore vuoi solo leggere il solito facsimile del best-seller, tipo quelli che si vendono pure in edicola, allora ti orienti verso un certo tipo di mercato; al contrario, vai nella direzione opposta. Se come scrittore il tuo pallino è vendere un milione di copie, allora scriverai roba standard, di qualità standard, proponendo argomenti che possano interessare la massa (vedi Confidenze, dove mi appiattiscono pure il testo sostituendo vocaboli ricercati con altri comuni). Se invece scrivi letteratura di nicchia, pure ben fatta, e speri di vendere come un best-seller: allora hai un problema.
      Per quanto riguarda i motivi che dovrebbero spingere a leggere dei possibili “big” (ma bisognerebbe capire cosa si intende per “big”) che si nascondono nel sottobosco selvaggio degli aspiranti scrittori, i motivi sono fondamentalmente due:
      1. sei un appassionato di rarità, nella vita il tuo motto è: trovalo per primo. Per cui scrolli la piattaforma di Amazon sperando di imbatterti per primo in quell’autore che un giorno diventerà davvero davvero famoso;
      2. sei un aspirante scrittore e leggi altri aspiranti scrittori nella speranza che pure loro facciano lo stesso con te.
      Secondo me, invece, si scrive perché si vuole esprime qualcosa, e ci si circonda di altra gente, poca o tanta, che ha affinità elettive con te. La letteratura, in Italia, è sempre stata un modo per cercare ombre affini. Questa estate, ad esempio, al seguito di un mio post, mi ha scritto Andrea Temporelli (autore che ha pubblicato diversi libri e raccolte di poesie, pure con Einaudi, e che per quasi vent’anni è stato direttore di Atelier – una rivista autorevole di poesia), il quale mi ha regalato il suo libro, inviandomelo a casa. Lo ha fatto perché ha riconosciuto un’affinità. Alla fine se a leggermi sono in tanti o in pochi a me non importa, basta che siano persone in cui possa riconoscermi.

      • Senza dubbio la tua è un’analisi cruda e realistica dello stato delle cose. E la tua conclusione coglie nel segno: “si scrive perché si vuole esprime qualcosa, e ci si circonda di altra gente, poca o tanta, che ha affinità elettive con te.(…) Alla fine se a leggermi sono in tanti o in pochi a me non importa, basta che siano persone in cui possa riconoscermi”. Esatto, quello che volevo dire è proprio questo. 🙂

    • Io affianco sempre alla lettura di nomi noti quella di nomi che lo sono di meno o non lo sono affatto, vuoi perché sono esordienti che si misurano con il selfpublishing, vuoi perché hanno pubblicato con case editrici minori. Con i primi mantengo il distacco voluto dalla notorietà, dunque mi faccio lettrice a 360 gradi e do un giudizio sulla loro opera cercando di capire il perché o meno del loro successo, con i secondi, invece, mi piace interagire, vado a conoscerli più da vicino: entro nei loro profili social, cerco se hanno un blog o un sito e la sensazione è diversa. Come dici tu il contatto semi-diretto (anche, cioè, solo virtuale) è una bella occasione per scoprire persone valide, che scrivono bene e può essere altamente remunerativo il confronto con le loro idee, con il loro modo di scrivere, con il loro approccio alla pubblicazione. Si è in buona compagnia, insomma.

      Per quanto riguarda il punto 2, ho già dimostrato, con un post di qualche tempo fa, come il marketing possa aumentare a dismisura il coefficiente di delusione quando esaspera una formula che poi si rivela una pessima trovata pubblicitaria.

      Seguirò le tue interviste con cognizione perché, tranne il libro di Serena, che conto di leggere, ho letto tutti gli altri autori.

      • Silvia

        Un altro aspetto che mi intriga molto di queste interviste è il confronto con le opinioni di altri lettori/aspiranti scrittori come me. Mentre preparo le domande, mi è spontaneo chiedermi se anche altri lettori abbiano avuto le mie stesse impressioni. Sarà molto interessante quindi avere il tuo parere in merito. 🙂

    • Come posso trovare qualcosa da eccepire sul tuo post?
      Non posso ovviamente.
      Nel mio piccolo è un operazione che faccio già da tempo, se pensi che uno degli autori Italiani che amo di più al momento è semisconosciuto e per di più auto pubblicato…
      Ho trovato molto interessante il commento di Salvatore, in merito alle dinamiche editoriali drammaticamente realista. Amaro ma vero.
      Grazie per avermi citato. Son coccole che mi prendo volentieri.

      • Ciao Massimiliano e benvenuto sul mio blog. Tra i miei futuri intervistati sei quello che conosco di meno. Per questo la tua intervista sarà una bella sorpresa anche per me. Non vedo l’ora. 🙂

    • Dipende.
      Personalmente sono contenta di dare un contributo, sia in termini di marketing (per quel poco che riesco), sia in acquisti, anche col crownfunding di bookabook (ogni tanto vado a spidocchiare new entry). Non essendo un lettore da ebook (non è il mio supporto prediletto), Amazon non è il mio pane quotidiano, anche se da lì acquisto i Print-On-Demand (quindi, self-publisher, la disponibilità o meno del POD fa differenza, sappiatelo).
      Però là fuori è pieno di gente che: non ha voglia di perdere tempo a cercare un autore, cercare le informazioni su questa o quella trama, capire dalle recensioni se vale l’acquisto…preferisce giocare a candy crush. Eppure, se vede passare una foto o una menzione nei suoi social, magari gli scatta la curiosità di chiedere (come è successo che hanno chiesto a me).
      E qui metterei in grassetto: “Se ha intenzione di vendere i suoi libri almeno un po’ di promozione online dovrebbe averla fatta.” Già, il problema è che non bastano i blog: perchè con il sito si fidelizzano lettori acquisiti, ma difficilmente se ne trovano di nuovi. Occorre passare dai social, dove il passaparola raggiunge più persone (sono i numeri a dirlo, non io).
      Comunque ottime queste interviste.
      Cercherò di dargli rilievo…sui social! 😛

      • Certamente oggi i social, Facebook per primo, sono il veicolo privilegiato per tentare di trasformare un fenomeno di nicchia in un fenomeno di massa. Tuttavia sono anche convinta che nel calderone social non sia facile distinguere tra tutto ciò che passa e spesso la superficialità dell’utenza media rende inutili gli sforzi che si fanno per emergere. Detto questo, come giustamente dici tu, oggi il passaparola passa di lì, scegliere di tralasciarlo è una scelta azzardata, per quanto più che rispettabile.
        Grazie per la pubblicità che, come sempre, generosamente mi farai! 😉

    • Ciao, Silvia!
      Questo post mi è piaciuto da morire, e ti garantisco che non è l’ego che parla, o almeno non solo quello…
      Trovo tutte le tue argomentazioni in perfetta sintonia con il nome del blog e lo spirito che lo anima: il lettore creativo, secondo me, non è un consumatore passivo del prodotto libro ma un co-protagonista che, forte degli strumenti che abbiamo oggi a disposizione, vive la lettura come un momento attivo, propositivo, un vero scambio con chi sta al di là della pagina. Questo indipendentemente dal fatto che lo scambio si concretizzi con un vero contatto nel mondo reale. Cosa quest’ultima che oggigiorno, come dici tu, è assolutamente possibile! Soprattutto con un… BIG non ancora noto, diciamo così XD
      Ho apprezzato il grande buon senso con il quale svisceri il tema della pubblicazione indipendente: vorrei essere capace della stessa pacatezza e serenità. Invece a volte mi faccio prendere dall’emotività, e tendo a scordarmi che alcune ovvietà – soprattutto di carattere commerciale – non sono ovvie per tutti, men che meno per i lettori.
      Come lettrice di narrativa ultimamente sono davvero carente. Grazie alla mia formazione, ho un discreto bagaglio di letture di classici e di qualche grande contemporaneo, ma leggo molto meno negli ultimi anni, perché passo ogni minuto che ho con mio figlio, oppure a scrivere. Invece divoro testi di tecniche della narrazione, di sceneggiatura e di marketing, perché cerco di tenermi informata e di migliorare scrittura e storytelling. Di imparare quello che mi serve.
      So che questa “deprivazione” dalla narrativa non è una bella cosa, perché prima o poi le letture passate smetteranno di nutrirmi, credo. Anche se certi testi non mi stancano mai. Forse dovrei impormi una specie di anno sabbatico dalla scrittura; non adesso, magari dopo qualche altro libro pubblicato.
      Come persona che scrive, ti posso dire che niente vale come il riscontro emotivo da parte dei lettori. Posso camminare sulle nuvole per un’intera settimana dopo frasi come “mi sono commosso”, “non riuscivo a posare il libro”, “sono rimasto sveglio/a per leggere” e cose del genere. Ho avuto l’immensa fortuna di sentirmele dire, e di questo non finirò mai di ringraziare i miei lettori. Avevo in mente di scriverlo in modo esplicito, appena riuscirò a mettere mano ai blog.
      Buck non sta nella pelle, si sta facendo bello per la prossima settimana ^^ e tu mi hai illuminato la giornata.
      Un abbraccio forte!

      P.S. Arrivata a “Avete presente internet? E’ già da qualche anno che l’hanno inventato” mi sono sdraiata dal ridere XDDD
      P.P.S. Marina, grazie!

      • Ciao Serena. Ti confesso che ad oggi il post con la tua intervista che uscirà prossima settimana è quello di cui vado più fiera da quando ho aperto il mio blog. Per cui anch’io sto già scodinzolando, forse più di Buck!
        Ti ringrazio per aver colto perfettamente lo spirito con cui è nato e prosegue il mio blog: forse l’hai capito persino meglio di me.
        Per me lettura e scrittura sono lo strumento privilegiato di comunicazione tra esseri umani e credo che la possibilità che un testo ha di evolversi, passando da chi l’ha scritto a chi l’ha letto e poi ancora passando di mano in mano, sia una delle armi più grandi che abbiamo, spesso inconsapevolmente, per difenderci dall’imbarbarimento e dalla povertà di idee a cui siamo tentati di cedere talvolta in questa società.
        Ecco perché sono fermamente convinta che il lettore debba farsi parte attiva e contribuire con le sue scelte e con le sue opinioni ad avere peso sul mercato editoriale e sulla società in genere.
        Singolarmente possiamo fare ben poco, ma se siamo in molti possiamo rovesciare un sistema di cui spesso ci lamentiamo senza combatterlo veramente.
        Ti aspetto qui, nella mia umile dimora, la prossima settimana. So che assieme ci divertiremo un sacco. Un abbraccio.

    • Davvero un bel post Silvia, condivido molti tuoi punti in particolare il terzo, seguire un autore e interagire con lui attraverso i blog è molto bello (io ho letto gli eBook-libri di parecchi blogger che seguo, per esempio tutti gli autori delle tue prossime interviste, mi manca Bianca, ma prima o poi colmerò la lacuna, intanto leggerò l’intervista). Poi ammetto che anch’io, ogni tanto, mi lascio abbagliare dal marketing di grandi CE e prendo qualche abbaglio, anche se quando spendo 8-9 euro per un eBook di un big, di solito punto su autori che già conosco e che ho avuto modo di apprezzare. Come lettrice mi piace alternare libri self e libri di CE piccole e grandi. Nel l’acquisto di un libro comunque seguo spesso l’istinto che mi inganna raramente.

      • Grazie, Giulia, per i complimenti. Sai, anch’io da un po’ di tempo ho preso l’abitudine di acquistare tutti gli ebook dei blogger-amici (quanto a leggerli, pian piano ce la farò, anche se cominciano a diventare tanti tanti). La trovo una forma di rispetto, oltre che un modo per confrontarsi e per crescere assieme. Ed è anche un bel modo di fare squadra.
        Quanto agli abbagli, ne prendiamo tanti tutti i giorni. Io poi, da ingenua, sono specializzata nel farmi fregare, forse per questo inizio a sospettare.
        Hai ragione tu, seguire l’istinto da lettore è sempre la scelta migliore. 🙂

    • nadia

      Il tuo post mette in risalto aspetti che anche io trovo emergenti come gli autori. Infatti la nuova possibilità editoriale permette agli scrittori di far conoscere molto di più del libro. Il prima, il durante, il dopo, il dietro le quinte…una sorta di fidelizzazione con i lettori. Poterci parlare anche se solo virtualmente, poter contribuire alla pubblicazione come nel caso del crowdfunding o alla pubblicità per le recensioni è una novità non da poco.
      Riconosco che mi piace tra tutti il punto 4, e mi sono imbattuta spesso nella delusione dopo una recensione altisonante, quindi resto curiosissima di questa carellata di interviste.

      • Sì, in un certo senso la comunicazione virtuale costituisce una sorta di storytelling che ci appassiona e che ci cattura come lettori fidelizzati. Poi, noi che l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle, sappiamo quali siano i punti deboli e i punti forti del crowdfunding e quale sia l’indiscutibile impatto emotivo del condividere il successo di un progetto. Forse perché provengo da questa esperienza, non posso che sentirmi vicina agli scrittori indipendenti e non posso che tifare fortissimamente per loro.

    • 50 e 50! Beh, non è che faccia proprio i conti precisi, comunque cerco di leggere un po’ di autori poco conosciuti, in genere sbircio nel catalogo di piccole case editrici che conosco e che so che pubblicano libri di qualità 😉

      • Bentornato Grilloz! Finite le vacanze?
        Beh, 50 e 50 credo che sia un perfetto equilibrio. Meglio di così, impossibile. 🙂

    • Ciao, Silvia.
      Leggendo questo post, ho provato la stessa sensazione che potrebbe evocarmi la pagina di una testata importante, una pagina o inserto culturale della domenica, per esempio. Questo per dirti che quando ci si addentra nella qualità della scrittura il resto rimane qualcosa di superfluo, intendo l’etichetta, il contenitore. Almeno nel mio caso avviene così. Dimentico quello che ci sia al di là dell’esperienza di lettura, della sua fragranza. Ma perché questo avvenga, devono sussistere delle condizioni. C’è anche da dire che le stesse condizioni che ho percepito in questo post potrei trovarle di sicuro in un percorso di un autore sconosciuto o meno noto, perché no. Non credo che le componenti pregiudiziali, espresse nei confronti di qualsiasi realtà, apportino del bene. Di solito chiudono e non danno il modo di capire, di esplorare a dovere un territorio nuovo. Abbassano la luce nei riguardi di una situazione, come spesso avviene nella vita, con le persone che giudicano ancora la serietà delle ragazze dalle lunghezze delle gonne e che tremano di terrore se il professore di filosofia del figlio porta il codino o l’orecchino. Non sono quelli gli elementi sostanziali di una persona. E quindi a maggior ragione di uno scrittore che si espone in modo diverso e non tradizionale, secondo l’ortodossia del giusto pubblicare.
      Non credo che il talento della sua scrittura, – se davvero c’è – quindi il suo seme, nel senso più profondo, sappia quello che succede lassù, alla luce del giorno. Se vi sia Narcissus, Adelphi o Bompiani a veicolarlo al mondo. Questa è una idea di massima, sul problema del pregiudizio.
      Quello che però andrebbe precisato e che a volte per il desiderio di presenziare, di pubblicare a tutti i costi, alcuni scrittori dimenticano di tastare se davvero vi siano tutte le condizioni adeguate per esporsi, confidando nell’ardore e nell’entusiasmo di emozionarsi e di emozionare con le parole, come unico timone o verità. Come se il loro desiderio e il loro amore giustificasse tutto. Non sempre emozionarsi di qualcosa, produce lo stesso effetto negli altri. Potrebbe non essere ancora il momento. A volte manca quella necessaria stagionatura, in certi casi non solo quello. A volte manca poco, in altri casi tutto. Quando non si ha la giusta maturità per modulare e in certi casi placare quest’istinto di presenziare, è chiaro che avviene il disastro.
      Posso decidere di girare l’Europa in macchina, se questo è il mio sogno. Ma il viaggio avrà un senso se avrò almeno una minima consapevolezza del percorso. Se possiedo una mappa, ma anche se ho messo a posto il motore, almeno l’olio, i freni, ecco. Il tutto andrebbe un tantino verificato. Con maggiore calma, direi.
      Si tratta semplicemente di valutare le condizioni minime di questo ardore per il viaggio – o maledizione, direi – dello scrivere, prima di tutti i passi successivi. Rallentare un attimino, ogni tanto. Di solito si rischia di meno.
      Intanto condivido in pieno i tuoi cinque motivi. Tra gli autori che ho avuto modo di incrociare , c’è Marco Freccero che è davvero molto in gamba e sensibile. Sta facendo un ottimo percorso. Anche con grande umiltà, cosa piuttosto rara.
      Saluti

      • Grazie Luigi per questo tuo commento in cui esprimi parole sensate e veritiere. Anche nel mio lavoro mi accorgo spesso che tendiamo a confondere contenitore e contenuto a discapito di quest’ultimo. Non so quale sia esattamente il motivo (fretta? superficialità? pigrizia? tutte e tre assieme?), fatto sta che badiamo più al fiocco del pacchetto che al regalo che contiene.
        Poi, come sottolinei giustamente, c’è anche la questione del valore del contenuto: non basta dire “me ne infischio del contenitore”, per avere un contenuto di qualità. A volte siamo ingenui (almeno io lo sono stata in passato) nel credere che ciò che ha valore per noi possa averlo anche universalmente, oppure superbi nel pensare di avere raggiunto già un livello che non è ancora il nostro.
        Sarebbe bello se fosse facile regolarsi attraverso il buonsenso. Invece non lo è, soprattutto perché non tutti (e non sempre) ne siamo dotati.
        Citi Marco Freccero e centri il punto: uno scrittore in gamba e, allo stesso tempo, umile. Di quelli che piacciono a me. 🙂

    • Isabella

      Silvia, mi hai convinto, tu proponi, io leggerò.

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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