Dubbio n. 31: Davvero il successo nasconde un segreto? Il caso Fabio Volo

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    Si pensa sempre che il successo nasconda un segreto, e forse è così. Quando si parla del successo di Fabio Volo, poi, si immagina addirittura un trucco.

    In principio il segreto per eccellenza fu quello della ricetta della Coca Cola, mantenuto ancora intatto dopo oltre cento anni di produzione nonostante il successo e la distribuzione a livello planetario.

    Poi, in pieno boom economico, fu quello della Nutella.

    Entrambe le aziende vantano innumerevoli tentativi di imitazione, alcuni anche ottimi, ma comunque non in grado di replicare il successo dell’originale.

    Io, per esempio, alla Coca Cola preferisco la Pepsi. E alla Nutella preferisco la Nocciolata della Rigoni o, al più, la Crema Novi che fa impazzire i miei figli. Eppure.

    Quando conoscere la ricetta non è sufficiente

    Faccio un altro esempio sempre in ambito culinario. Noi donne e mamme, si sa, le ricette ce le scambiamo volentieri. Perché come fa le lasagne Tizia, nessun’altra. E come fa la marmellata di castagne la mamma di Carletto, mai nessuna.

    E allora eccoci fuori da scuola, una volta con carta e penna, ora con la dettatura vocale dello smartphone, prendere appunti sugli ingredienti. Eppure, anche qui, sebbene con la ricetta in mano, le lasagne di Tizia son più morbide, scivolano meglio in bocca, sembrano velluto. E la marmellata di castagne della mamma di Carletto ha un’altra consistenza. Buone anche le mie, eh. Ma un’altra cosa.

    L’originale non è mai perfettamente ripetibile. Ecco.

    Il successo nasconde davvero un segreto?

    Allora viene naturale chiederci se dietro un grande successo (Coca Cola, Nutella, ma anche Fabio Volo) ci sia un segreto. Se quel quid che fa la differenza sia scientifico, studiato a tavolino, voluto e non solo frutto di un clamoroso colpo di fortuna.

    Io penso che sì, un po’ di fortuna di vuole, come in tutte le cose. Ma il problema non è tanto la fortuna, ma quel tot di imponderabile che rende la ricetta per così dire segreta anche a chi l’ha inventata. Voglio dire, non credo che né il sig. Angelo Mariani né il sig. John Pemberton avessero idea di che cosa sarebbe diventata la Coca Cola, almeno quanto la mamma di Carletto non sa perché la sua marmellata abbia una consistenza migliore della mia, ma tant’è, e, per quante analisi scientifiche si possano fare, ci si avvicinerà alla verità senza davvero mai riuscire a toccarla.

    Cosa c’entra Fabio Volo con tutto questo?

    Se parliamo di successo di cui tutti noi vorremmo la ricetta. non posso che pensare ai libri. Quindi a Fabio Volo, che di successo ne ha in abbondanza, pur essendo, allo stesso tempo, lo scrittore più criticato del secolo ventunesimo.

    Premetto che la settimana scorsa ho letto il mio primo Fabio Volo, stuzzicata dall’interessante post di Marina. Non l’avevo mai fatto prima probabilmente per pregiudizio.

    Ma il mio non era un pregiudizio fondato sulla convinzione che fosse un pessimo scrittore, quanto sul fatto che quel tipo di scrittore (di largo successo commerciale) a me non potesse piacere. E, peggio ancora, che se poi per qualche strano caso mi fosse piaciuto, che figura ci avrei fatto?

    Quindi ho deciso che era arrivato il tempo e mi sono sciroppata il primo libro che ho trovato su Amazon.

    Le mie impressioni su È tanto che ti aspetto

    Sciroppata è proprio il verbo che descrive meglio l’azione che ho avuto la sensazione di compiere leggendo quelle pagine. Avete presente uno sciroppo? Ma non ben diluito in acqua (io l’estate me ne faccio a bizzeffe di bicchieroni  di acqua e menta!), bensì puro. Tipo quella medicina (il Baby Rinolo alla fragola per il raffreddore) che ci davano da bambini? Dolce, eccessivamente dolce, e eccessivamente denso. Spesso, appiccicoso, tanto liscio da diventare all’improvviso in gola cartavetro. Nauseante. E poi ancora, così zuccherato da far dolere le mandibole fino alle orecchie. Da cui non si sa bene se si ha voglia di ritrarsi o di continuare a sorbire.

    Insomma, un dolore leggero. Un mal di testa, un’apatia.

    Mi è parso che l’oggetto di questo racconto senza trama sia proprio il dolore leggero, edulcorato, mescolato a un male di vivere fittizio. Figlio più della pigrizia e del non averci mai pensato più che di una riflessione filosofica profonda di montaliana memoria.

    Emblematico a tale proposito il passo in cui il protagonista paragona la propria impossibilità ad accogliere la pienezza della vita con l’impossibilità di liberare il proprio intestino dopo il caffè  e la sigaretta del dopo pranzo.

    Ma forse è proprio questo che piace al lettore medio e che rende, invece, lo scrittore bersaglio semi-comico di un  certo tipo di pubblico più esigente: la capacità di parlare alle masse con il suo linguaggio, aiutando a dare un nome a un malessere condiviso di cui non si ha piena coscienza.

    Un po’ tutti ci potremmo immedesimare nei lunghi ragionamenti (paranoie) del protagonisti perché tutti da post-adolescenti abbiamo dovuto entrare nella fase della vita matura: quando, cioè, ti rendi conto che non hai più stimolo a giocare, ma che non hai ancora imparato a fare altro.

    Così, il suo tono da adulto-bambino, le sue boccacce verbali e la battuta ammiccante ma mai troppo volgare non possono che richiamarci, come ben detto da Marina nel suo post, il suo personaggio.

    Il successo legato al personaggio e alla felicità facile

    Ecco, se non siete già in anticipo il Fabio Volo-personaggio televisivo prima che diventasse il Fabio Volo-scrittore di successo, scordatevi di provare la sua ricetta. Con voi non funzionerebbe. Con questo non voglio dire che l’operazione mediatica attorno ai suoi romanzi sia stata messa in campo solo perché lui era già famoso, ma, al contrario, che l’operazione mediatica interna al sui libri è proprio quella di richiamare il Fabio Volo attore comico e/o cabarettista per contribuire a dare una forma edulcorata e sciroppata al dolore leggero dei suoi personaggi.

    L’alone del ragazzotto semplice e, in fondo, buono, un po’ immaturo ma altrettanto capace di fare autocritica, dello sfigato per scelta che alla fine conquista la più bella del reame attraverso queste sue caratteristiche, esplode in tutta la sua potenza. Se non utilizzasse un linguaggio così studiato sul personaggio-autore e se non scegliesse una versione lieve del dolore, dove non c’è mai una vera caduta che porta a risollevarsi ma una lenta parabola ascendente, non solo stucchevole, quanto irreale, si potrebbe quasi paragonare al “ragazzo” Hugh Grant di About a boy, toccante romanzo di Nick Hornby.

    Invece nel romanzo È tanto che ti aspetto non c’è conflitto, non c’è caduta, non c’è dolore vero. C’è un’irreale momento di svolta in cui, come schiacciare un bottone, tutto diventa facile. Ecco perché il protagonista può smettere di fumare senza sforzo: perché finalmente capisce che  il fumo non solo avvicina la morte, ma soprattutto allontana la vita.

    Ed ecco perché, immagino, questo tipo di narrazione piace tanto al vasto pubblico: una sorta di rivisitazione all’occidentale di filosofie orientali dove, però, il protagonista per raggiungere la felicità non deve fare nulla, nemmeno premere quel famoso bottone perché anche quello arriva dall’esterno, dall’amico-medico Giovanni che con un illuminante discorso pseudo-filosofico risveglia la voglia di vivere e scaccia le paure del protagonista.

    Leggendo quelle pagine non ho potuto che pensare a Gabbani e alla sua Occidentali’s karma in cui, a mio parere, il cantante stigmatizza bene tutto ciò che il romanzo di Volo rappresenta.

    Rimarrebbe allora da capire perché anche Gabbani abbia avuto tutto quel successo. Ma forse anche il suo successo nasconde un segreto.

    E voi, cosa ne pensate?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    25 Comments

    • nadia

      Che alle volte il successo arriva per meriti e a altre per caso mi pare non ci sia dubbio, altrimenti troppo facile. Può darsi che la discriminante sia il Karma o il fattore c, mai da escludere. Comunque come per qualunque altra cosa, nulla si estende bene agli altri come quello che funziona per sè. Ricette comprese, a volte.
      Volo resta un mistero, fa simpatia, e fa illudere che se scrive lui ed ha successo, allora lo possano far tutti.

      • In effetti, però, è proprio solo un’illusione. Volo è molto più in gamba di quello che sembra, anche se fa benissimo la parte del babbeo. 😉

    • Ti è piaciuto talmente tanto questo libro che hai dimenticato il titolo , “È una vita che ti aspetto” 😛
      In realtà cercare di capire il “successo” di Fabio Volo solo da questo suo secondo libro (il primo è Esco a fare due passi) non è del tutto corretto: quella pubblicazione è del 2004, quando lui lavorava già da quattro anni in Radio DeeJay, in onda tutte le mattine con “Il Volo del mattino” (lo so perchè sono fan di Radio DeeJay, dal 1994 col DeeJay Time, e poi lavorando ascoltavo proprio Platinette e poi Volo mentre macinavo chilometri di prima mattina). Lui in radio è davvero bravo, e tutte le volte che qualcuno pensa che dietro Fabio Volo ci sia un ghostwriter penso che non l’abbia mai sentito o visto in diretta. In quegli anni ha anche avuto un programma tutto suo su MTV, all’epoca canale musicale studiato per un pubblico giovane (target 16-30 anni, che poi sono quelli gli acquirenti dei suoi libri): Il coyote, poi negli anni successivi Italo-Spagnolo, Italo-Francese e Italo-Americano, trasmessi dagli appartamenti in veduta delle città di Barcellona, Parigi e New York.
      Questo per dire che chi compra, e legge, i suoi libri già conosce l’autore e il suo stile, e che il “successo” non è arrivato per caso, ma ha richiesto fatica e tenacia tutti i giorni, molto prima della pubblicazione, e probabilmente anche con qualche fallimento di cui NOI non siamo a conoscenza.
      Soprattutto Volo ha un grande merito: conscio di avere solo la terza media (e lo dice candidamente), lui non parla mai alle persone dall’alto di uno scranno, nemmeno ora che è arrivato a 5 milioni di copie. Chi lo legge, trova in lui un po’ il mito del self-made-man ma anche molta umiltà. E questa è una formula che avvicina i lettori molto più della buona critica sui quotidiani nazionali.

      • Uzz.. Grazie della segnalazione (si sapeva già che sono stordita? Temo di sì).
        Sono perfettamente d’accordo, infatti credo che uno dei suoi pregi maggiori sia quello di saper parlare alla gente con il loro linguaggio e avendo ben chiare le difficoltà che la gente affronta tutti i giorni.
        Per certi versi, e con i dovuti distinguo, mi verrebbe da paragonarlo, in ambito politico, all’ascesa dei 5stelle. Spesso una certa classe sinistroide ha dimenticato le vere esigenze della massa e quasi con disprezzo si è chiusa nei salotti. Atteggiamento che è molto vicino alla superbia, e mi ci metto nel numero, di chi guarda di traverso Volo ma poi lo invidia.
        Piaccia o non piaccia, va comunque detto che il suo lavoro è enorme e per nulla campato in aria.

    • PS. “alla Coca Cola preferisco la Pepsi” Pure io!
      “E alla Nutella preferisco la Nocciolata della Rigoni o, al più, la Crema Novi” Pure io!!!!
      La Novi ha più nocciole e meno zucchero, quindi va bene pure per la mia dieta, non troppa però 😛

    • Daniele Imperi

      Il titolo del libro è “È una che ti aspetto”, ho cercato “È tanto che ti aspetto” e su Amazon non è uscito nulla 😀
      Comunque m’è bastato leggere il primo paragrafo per dare di stomaco. Ma come fa la Mondadori a pubblicare roba del genere?

      • Grazie anche a te, Daniele, per la segnalazione. Perdonatemi, sono ormai cronicamente smemorata.
        Credo che le vendite siano sufficienti a certe case editrici a “turarsi il naso”. 😛

    • Daniele Imperi

      Errata corrige: il titolo del libro è “È una vita che ti aspetto” 🙂

    • Giulia Mancini

      La correzione del titolo è stata già segnalata da Barbara e Daniele, quindi passo su questo punto 😉
      Mi associo alla efficace analisi che ha fatto Barbara sul successo di Fabio Volo. Riguardo al segreto del successo in generale e alle ricette segrete, io credo che ogni successo abbia dietro un percorso tenace verso il sogno, frutto anche di duro lavoro, di cui spesso non ci si rende conto perché quello che appare all’esterno è solo il risultato finale e il successo appunto. Magari l’inventore della coca cola ha faticato parecchio prima di arrivarci, certo poi c’è stata anche la fortuna che la bevanda piacesse così tanto, idem per la Nutella (io non amo la coca cola, ma la Nutella sì, non la cambierei con altre creme, anche se non la compro per evitare tentazioni, sarei capace di finire il barattolo, cucchiaio dopo cucchiaio). Penso ci sia sempre un pizzico di imponderabilità nel successo, però credo anche che ci sia la perseveranza nell’inseguire un obiettivo e nel crederci.

      • Sono convinta anch’io che il segreto vero del successo consiste nell’impegno e nella costanza. Faletti diceva che il successo è come un treno che non sai quando passerà e se passerà, ma se non stai alla stazione ad aspettarlo non lo prenderai mai.

    • Non ho mai letto Volo e non ho mai sentito la canzone di Gabbani (giurin giuretta).
      Quindi non avrei i prerequisiti per dire la mia… 🙂

      Però rientro in gioco perché anch’io preferisco la Pepsi e, soprattutto, anch’io reputo assai migliore la Nocciolata della Rigoni alla Nutella.
      Forse questi altri due prerequisiti mi fanno più onore…
      😀 😀 😀

      Faccio una domanda: leggereste il libro di Ibrahimovic, “Io Ibra” ?
      O quello di Fedez (che non ricordo il titolo) ?

      Forse sì, forse no. Dipende da quanto seguite calcio e musica.

      Io penso che quando si “conosce” l’autore per altri meriti, il meccanismo mentale che spinge alla lettura sia molto diverso. E chi vende un libro (autore ma soprattutto casa editrice) lo sa benissimo. L’acquisto di un titolo dove l’autore resta sostanzialmente sconosciuto perché “solo” scrittore (e non prima comico, cabarettista, cantante, calciatore, ecc…) è molto più difficile, resta confinato solo a chi già legge per passione. E il pubblico che legge, al di là delle solite statistiche, è sempre più limitato del pubblico che segue calcio, musica e tv.

      Fabio Volo era un marchio già pronto. La casa editrice, oltre all’editing, deve aver risparmiato un sacco di soldi anche sul marketing. Quindi quello che importa sono i milioni di copie vendute, non il valore “letterario”.
      Sarebbe andata comunque così, anche se il buon Volo avesse scritto un Capolavoro con la C maiuscola.

      E credo che lo stesso discorso valga per qualsiasi nome, persino per gli antieroi (Schettino, Sollecito…).
      Basta solo aspettare un editore che abbia il coraggio (ma anche il cinismo) di pubblicare certi nomi.

      • Io ho letto il diario di Tiziano Ferro e l’ho trovato, per essere un diario, un buon libro. Molti valutano molto bello il libro di Agassi (ehm, neanche di questo ricordo il titolo, anche se l’ho acquistato).
        Invece Ibrahimovic non lo leggerei, e nemmeno Fedez.
        Ma nel caso di Volo, anche se non mi è piaciuto granché, si è capito, ho apprezzato l’operazione pubblicitaria che non è quella classica rivolta al personaggio famoso. Voglio dire: non credo che abbia venduto solo perché l’autore era Fabio Volo in quanto personaggio famoso, ma perché il suo personaggio ben rispecchia ciò che cerca la gente. Un linguaggio vicino al suo, un male di vivere non ben identificato ma di cui soffre, oltre che la facilità con cui si arriva a risolverlo.

        • Open, però non lo ha scritto Agassi, lo ha scritto Moehringer, che è un premio Pulitzer e lo sanno tutti, anche se sulla copertina c’è il nome di Agassi 😉
          Ma lo stesso vale per tutte le autobiografie di personaggi famosi, sono libri giornalistici, lunghe interviste riadattate in forma di storia. Sapendo ciò credo che possa cambiare il metro di giudizio su questi libri. Certo vendono per ilnome del personaggio.

    • Scusate l’escamotage del puntino, ma mi fa commentare una volta su 10 per cui faccio delle prove.
      W la nocciolata Rigoni, il negozio Rigoni sta vicino alla scuola di Nanni ed è il nostro posto segreto tutto per le nostre merende fantastiche.
      Credo che l’ananlisi di Siliva e quella di Barbara siano precise e puntuali. Credo anche che i libri degli sportivi siano altro, mediamente scritti da un ghost lasciano il tempo che trova, ma E’ una vita che ti aspetto l’ho letto pure io e non mi era spiaciuto, certo preso a piccole dosi, certo non è Franzen, ma si fa leggere alla fine dai. Certo aggiungo che se uno legge un libro all’anno ed è Volo allora mi girano.
      La formula del successo è sconosciuta e mai replicabile ma una mano essere arrivati per primi a percorrere una strada di sicuro la dà.

      • Cara Sandra, tu introduci un altro tema interessante, ed è quella di arrivare per primi a percorrere una strada. Io credo che in questo caso Volo sia stato bravo a interpretare un malessere e a offrire un prodotto che risponde alle esigenze della massa. E già questo è un sintomo di grande bravura, soprattutto quando l’obiettivo è vendere.
        Per il resto, devo dire che in certi punti mi ha un po’ annoiata. però mi ha fatto anche sorridere.
        Ritengo però un po’ culturalmente e socialmente pericoloso il fatto di far credere che la felicità sia un pulsante che si accende e si spegne solo con l’impegno e la volontà.

      • se uno legge un libro all’anno ed è Volo allora mi girano. –> Ci sei stata a pranzo… 😛 😛 😛

    • Hai fatto una bella analisi, Silvia, più meditata, più seria. Alla fine, a me non è paiciuto Volo, non ne leggerò altri, ma non ho di lui personaggio né di lui scrittore un’opinione negativa. A me fa persino simpatia e trovo che i suoi libri siano farina del suo sacco, che vista la pratica diffusa di ricorrere ai ghostwriter mi sembra un bel punto a suo favore.
      Non gli invidio il successo, conosco i meccanismi d certi lanci fortunati, ma dico anche che Volo ha fatto delle scelte, si è spesso messo in gioco, ha fatto il suo e lo ha fatto bene (anch’io seguivo radio d.j), direi che non è venuto proprio dal nulla e che la fama se l’e costruita seguendo gli step giusti. Buon per lui, insomma.

    • Io dico: BOH!
      Di certo se si passa in televisione anche una sola volta la percezione che gli altri hanno di noi si capovolge. Da “Ah. Hai scritto un libro”; a “AH!! HAI SCRITTO UN LIBRO!!!!! BELLOO!!!”
      Cosa aggiungere? Come dico spesso: viva l’industria editoriale che ha reso il libro un prodotto, e io posso acquistarne in quantità spendendo una cifra abbordabile. Di Volo e Moccia non ho mai letto nulla e mai lo farò, perché non mi interessa (così come molti altri generi non mi interessano più). E aggiungo che fino a quando pubblicheranno quei libri lì, c’è speranza anche per altri libri. 🙂

    • Credo di essere l’unico italiano (ma anche all’estero va decisamente forte) a cui non piace la nutella e neanche le imitazioni 😛
      Volo non l’ho ancora let, ma prima o poi ho intenzione di farlo per curiosità (oltre tutto sono libri brevi, non avrei manco la scusa del troppo tempo sprecato 😛 ) in ogni caso credo che si debba misurare ogni cosa con la iusta unità di misura.

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