Convengo sul fatto che il termine scrittore sia un po’ esagerato. Del resto, se avessi intitolato il mio post “come diventare un autore decente in tre mosse”, alzi la mano chi l’avrebbe letto.
Quindi non sto parlando di me, perché una scrittrice non sono.
Non parlo di nessuno in particolare e di tutti in generale.
Pensiamo ad un ipotetico aspirante scrittore. Augusto è un giovane laureato. Ama scrivere da sempre e, come tutti gli aspiranti scrittori, culla il sogno di pubblicare il suo romanzo con una grande casa editrice.
Ha letto On writing del maestro Stephen King, seguito tutte le video lezioni di Mozzi su Youtube e frequentato le lezioni di scrittura creativa organizzate dal circolo di lettura del suo paese.
Poiché sa che, per ben scrivere, bisogna leggere molto, ha rispolverato tutti i classici già letti nell’adolescenza e ha letto gli scrittori degni di tale nome, da Murakami a Mc Cormac, dalla Munro a Carver, cercando in essi il segreto della buona scrittura. Tuttavia, dopo poche pagine, anziché far attenzione alla struttura geometrica, allo stile, ai dialoghi, alla terza persona limitata, si fa mangiare dalla storia. Del resto, come criticarlo? Se questi scrittori son diventati quel che sono, sarà ben perché catturano il lettore?
Così Augusto, in una crisi di identità letteraria, tira fuori dal cassetto uno dei racconti più brutti che abbia scritto e lo invia a un amico editor.
L’editor legge il racconto. E’ titubante. E’ abituato a stroncare aspiranti scrittori. Ma Augusto è suo amico e gli dispiace ferirlo. Tuttavia sa che se non gli dicesse la verità, gli farebbe molto più male.
Così risponde con una mail asciutta, la stessa che scriverebbe a chiunque altro. Gli errori nel racconto sono tanti. Anzi, non si salva nulla, se non la buona volontà dello scrivano.
- Non c’è né un inizio né un vero finale
- L’incipit è una descrizione geografica casuale, non un vero incipit
- Non c’è un incidente drammatico
- Non c’è tensione
- Non c’è un antagonista
- Non c’è nemmeno un racconto.
Augusto segna tutto su un foglio. Legge e rilegge. Poi ricomincia a scrivere.
Dopo qualche settimana invia un altro racconto al suo amico editor.
L’amico legge e ancora, pazientemente, corregge.
- L’incipit c’è, ma fa schifo
- Ci sono troppi luoghi comuni
- La prosa è troppo spiegata e poco mostrata (show don’t tell, cazzo!)
- Il racconto deve essere tagliato e ridotto affinché non sembri una lagna
- I dialoghi sono buoni, ma messi come sono messi, un po’ inutili
Però stavolta la storia c’è. E il finale sorprende.
Augusto prendo nota. Rilegge. Poi ricomincia scrivere.
Dopo qualche settimana invia ancora una mail al suo amico editor. Si scusa per il disturbo e gli garantisce che sarà l’ultima mail che gli manderà.
L’amico legge e trova che ci sia poco da correggere.
Così, invece che rispondere con la solita mail, prende il telefono e chiama direttamente Augusto.
“E’ molto lontano dall’essere un racconto degno del premio Nobel. Probabilmente è anche lontano dell’essere un bel racconto. Ma almeno stavolta è un racconto”.
“Grazie. Ne sono felice. In tre mosse ho capito come diventare uno scrittore”.
“Non penserai con tre racconti scadenti di essere diventato uno scrittore?”
“No, non parlavo dei miei tre racconti. Parlavo delle mie tre mosse: prendere nota degli errori, rileggere, ricominciare a scrivere”.
11 Comments
Molto simpatico! Dissento su una mossa: Dopo qualche settimana invia ancora una mail al suo amico editor.
La fruizione di un testo da parte di una persona che si conosce è inficiata dal rapporto di amicizia, parentela ecc. Io credo che sia opportuno far leggere le proprie opere a un professionista sconosciuto.
Hai ragione, senza dubbio il professionista sconosciuto è più obiettivo. Però nel mio gioco tra il post e il racconto, la figura dell’amico mi serviva per far capire che una persona che ti critica, se è un vero amico, lo fa per aiutarti, non per cattiveria. Cosa che spesso noi aspiranti non accettiamo. 🙂
Io facevo come Augusto per ogni scena del romanzo, con il risultato di essere diventata lentissima. Ora ho cambiato modus operandi, e la riscrittura ci sarà alla fine della prima stesura. Anche io ho un’ “editor”-amica molto onesta, e questo è un aiuto. L’aspirante deve saper accettare le critiche e ammettere – con grande umiltà – di poter sbagliare. Senza questo fare e rifare, non ci può essere evoluzione. 🙂
Il mio problema è quello a cui accenni tu: l’oscillare tra la sana umiltà nell’ accettare le critiche e l’eccessiva autocritica. Che non solo rallenta, ma rende la prosa più insicura. Come uscirne? Un bel tema per un altro post… 😉
Per qualche motivo questo articolo non mi suona nuovo… ma non può esse, sbaglierò. Infondo chi è così bastardo da dire: «L’incipit c’è, ma fa schifo», a un giovane aspirante di belle speranze? Non ricordo un terzo racconto però. Quello no, non lo ricordo proprio.
Ho esagerato con la fantasia. Nessuno sarebbe così bastardo!! 😛
Per ora temo che l’editor più esigente sono io-me. Il beta-reader dei racconti è quello più obiettivo e per il suo lavoro sa come darmi le critiche pure con entusiasmo. Le due beta-reader del progetto grosso sono più emozionali che tecniche, controllano che la trama fili liscia e le tenga sufficientemente incollate. Avevo provato anche con altre due persone, ma i rapporti si sono guastati a quanto pare o non ritengono sufficientemente importante rispondermi. Ma sono d’accordo con Sandra: un professionista è la scelta migliore. Certo che prima di andare da un editor con tutti i crismi devo arrivare ad una buona qualità di revisione. Il confronto lo faccio con ciò che leggo.
Vale la pena di presentarsi o con un lavoro che si considera finito, o con uno incagliato somewhere. Nel primo caso si via via veloci: o funziona così e basta poco, o non funziona e si butta 🙁 nel secondo si attacca col lavoro lacrime e sangue e di solito se ne esce (ammaccati ma se ne esce)
Io tra non molto avrò a che fare con un editor professionista: sta lavorando al mio romanzo che verrà pubblicato a breve da bookabook. Non ho la più pallida idea di che cosa mi aspetta perché è la prima volta che mi accade di lavorare con un vero editor e non solo con beta-reader. Sono molto curiosa.
Molto simpatico. Prendere nota degli errori, rileggere, ricominciare a scrivere: è esattamente quello che sto facendo dopo avere ricevuto la mia bella valanga di critiche su ciò che sto scrivendo. Distinguerei tre fasi che si accompagnano ai tre punti: prendere nota degli errori/fase dell’odio puro con spilli piantati sull’immagine dell’amico/amica in perfetto rito vudù; rileggere/ fase del possibilismo (forse ha ragione!); ricominciare a scrivere/fase della rinascita (gli voglio bene, aveva ragione e se non mi avesse rivolto quelle critiche, avrei portato avanti questa schifezza di storia!) 🙂
Faccio mie le tue tre fasi, che hanno anche un bel significato simbolico e si adattano bene a molte situazioni della quotidianità. 🙂