Marketing vs SPAM: 6 regole per non cadere in errore

Indice dei Contenuti

    L’idea di scrivere questo post mi è venuta leggendo l‘interessante articolo che Maria Teresa Steri propone ai suoi lettori, affrontando apertamente la questione SPAM nell’ambito dell’editoria.

    In effetti, considerata la moltitudine di aspiranti scrittori che popolano il web, è facile imbattersi in atteggiamenti fastidiosi e pressanti. Ma non solo: è anche bene capire quali comportamenti possono portarci a diventare a nostra volta spammer.

    Che cos’è lo SPAM?

    Con SPAM si intendono gli invii di comunicazioni ripetute e monotematiche a scopo pubblicitario condotte in modo tale da risultare fastidiose o persino offensive.  Ciò può avvenire in ogni forma di comunicazione, ma senza dubbio risulta più urtante attraverso la posta elettronica, i messaggi privati o pubblici sui social media, in chat o nei forum.

    Per certi versi può essere considerato l’equivalente del volantino infilato sotto il parabrezza o la montagna di offerte infilata a casaccio nelle buche delle lettere.

    Non per niente si è giunti al punto di mettere fuori dai condomini cartelli che vietano la pubblicità nelle buche delle lettere.

    Perché lo SPAM ci infastidisce?

    Sembra una domanda oziosa, ma non lo è. Chiedersi quali sono gli aspetti fastidiosi dello spamming e capirne le cause ci aiuta a definirne i confini.

    Per quanto mi riguarda, il fastidio deriva dalla sensazione di aver subito una violazione della privacy.

    Cioè l’impressione che qualcuno in virtù del fatto di avere un contatto con me (che il più delle volte non ha niente a che vedere con un’amicizia reale), entra nella mia sfera personale tentando di “piazzare” un prodotto (dall’effettiva vendita alla caccia di like). Magari facendo pure leva sulla mia incapacità di dire di no e giocando sul fatto che “tanto ci conosciamo”.

    Del resto, viceversa, quando mi trovo a dover promuovere il mio libro, mi rendo conto che se nessuno sa che l’ho scritto, non lo venderò mai. E a qualche potenziale lettore la cosa potrebbe pure spiacere.

    Come fare marketing senza violare la privacy?

    Penso che la sensazione di violazione della privacy arrivi quando il destinatario del messaggio si sente sfruttato. Cioè quando non ha l’impressione di aver ricevuto un valore che lo possa spingere a fare un acquisto, ma quando si sente “uno dei tanti” utilizzati per far cassa.

    Si può fare comunicazione, promuovere il proprio libro senza infastidire nessuno? Secondo me si può, eccome.

    1. Fornendo un contenuto utile e di valore

    Utilità non è solo un dentifricio che sbianca i denti o la colla che attacca tutto senza chiodi.

    Utilità può anche essere una battuta che fa sorridere e regala un momento di relax o una frase che ci fa riflettere. La bellezza passa anche da queste esperienze.

    Rendere il nostro messaggio pubblicitario una buona esperienza giova alla nostra immagine e ci avvicina al nostro pubblico. Nel momento in cui si riceve un valore non si subisce spam, ma ci si sente coinvolti.

    Penso, per esempio, al video prodotto da Casa Surace sul tema della pancia in collaborazione con Samsung Family Hub. Non solo fa sorridere, ma racconta un mondo che ci è vicino e ce lo propone come leggero. Ispira simpatia  e rende simpatica anche l’azienda che lo sponsorizza.

    Certo, noi aspiranti non possiamo investire migliaia di euro in pubblicità creata da professionisti, ma possiamo chiederci se stiamo trasferendo una informazione utile o no.

    Se la risposta istintiva al nostro messaggio è “E chi se ne frega?”, stiamo sbagliando strategia. O forse non abbiamo neanche pensato a una strategia.

     

    2. Originalità, non ripetizioni vuote

    Ho sempre adorato le foto dei tramonti. Ma inizio a detestarle. Non ho nemmeno il tempo di gustarmi un tramonto dal vivo che almeno dieci amici hanno già postato su FB la stessa foto dello stesso posto.

    Come si suol dire, il troppo stroppia.

    L’usare immagini e slogan visti e rivisti, così come intasare le caselle di posta elettronica con gli stessi messaggi ripetitivi, infastidisce. E si ha l’impressione di subirli anche quando non è intenzionale.

    A volte bastano pochi minuti per spremersi un po’ il cervello, a volte è lavoro di ore, ma un lavoro accurato non è mai tempo sprecato.

     

    3. Scegliere il target giusto

    Al di là del fatto che, da un punto di vista comunicativo, sparare nel mucchio senza mirare è inefficace (e già questo dovrebbe essere sufficiente per chiudere qui il discorso), nella comunicazione personale il ricevere la pubblicità di un prodotto inadatto è ancora più fastidioso.

    Se sai che odio il carnevale, perché cavolo mi inviti alla festa in maschera? Se sai che non ho figli e magari detesto pure i bambini, perché mi proponi la giornata aperta nel tuo asilo nido?

    La sensazione che se ne riceve è quella di essere parte di una massa verso la quale non c’è nessun interesse se non quello di far sganciare quattrini: proprio l’opposto di quello che è la cura della propria base di sostenitori e della personalizzazione del messaggio.

     

    4. Utilizzare i modi adatti

    Bene o male, se ti mando un messaggio privato, sto entrando a casa tua.

    Entrereste mai a casa d’altri senza bussare e senza chiedere permesso? Non credo proprio.

    Se penso che la notizia che ho da darti possa essere un valore e se penso che tu, proprio tu, possa essere interessato, ciò non mi esime dall’usare l’educazione. Oltre a piccoli stratagemmi che facciano sì che tu non sia infastidito dal mio messaggio, semmai lusingato.

    Caro Pinco Pallino, come stai?

    Ti rubo solo due minuti perché ho pensato che ti interessasse sapere che ho pubblicato un nuovo romanzo. Ricordo che alla presentazione del precedente mi chiedesti se ne avrei scritto un altro.

    Ora, anche grazie all’interesse di persone come te, posso dirti di sì.

    Volevo che tu lo sapessi da me.

    Grazie di cuore del tuo sostegno e buona giornata.

     

    5. Personalizzare il messaggio

    Nell’esempio è abbastanza chiaro che cosa intendo con personalizzazione. Rivolgersi direttamente a una persona, facendole capire che non sto parlando a tutti e a nessuno, ma proprio a lei, la predispone a leggere perché intuisce che ho qualcosa di personale da dire.

    Per questo ti chiamerò per nome, ti chiederò come stai e accennerò a qualcosa che sappiamo solo noi in modo che tu possa capire che so benissimo chi sei e perché ti sto scrivendo.

    In questo modo il mio messaggio diventerà un valore.

    Te lo dico perché voglio che tu lo sappia da me, voglio renderti partecipe della mia gioia. Tu, proprio tu, che sei il mio sostenitore. 

     

    6. Curare la base dei sostenitori

    In effetti, al di là delle strategie, prendersi cinque minuti per dare una notizia ai propri sostenitori è un gesto gentile che indica che mi ricordo di loro, li porto nel cuore e non li sfrutto solo perché sgancino un like o qualche soldo.

    Credo che chiunque di noi sarebbe felice se il proprio idolo gli mandasse una mail, lo facesse sentire importante.

    Per quanto noi aspiranti non siamo gli idoli di nessuno (almeno non di certo io), è pur vero che la riconoscenza è sempre gradita.

    Se sincera e dimostrata nei modi opportuni.

     

    E voi, che cosa ne pensate? Siete d’accordo? Ho dimenticato qualcosa?

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    12 Comments

    • Si e no. Quel che tu scrivi è possibile perché Pinco Pallino l’hai già conosciuto, hai già un qualche scambio di mail/messaggi con lui e dunque è possibile personalizzare il contatto per questo. Ma lo spam che osserviamo il più delle volte arriva da perfetti sconosciuti: richiesta d’amicizia e dopo 30 secondi dalla conferma richiesta del mi piace alla pagina; inviti comunitari periodici alla stessa pagina a tutti i tuoi contatti; comunicati stampa all’indirizzo email privato (che qualcuno ha illegalmente passato/venduto). Quello è e resta spam, perché non ho ancor espresso volontà di ricevere comunicazioni commerciali da quello scrittore. Quindi, per evitare lo spam, basta semplicemente coltivare le relazioni, tutte. Un sostenitore convinto si adopererà molto di più per noi che cinquanta persone a cui abbiamo rotto le scatole e ci hanno tolto dalla loro bacheca. 😉

      • Siamo perfettamente d’accordo. Evitare di fare spam vuol anche dire sapere che certe persone non ho proprio il diritto contattarle.
        E la richiesta d’amicizia che in trenta secondi si trasforma in richiesta di like o di inserimento in un gruppo non solo è becera ma anche controproducente. È sintomo di superficialità, mancanza di rispetto e anche di ignoranza dell’ABC del marketing.

    • Una pubblicità intelligente/utile/mirata è sicuramente auspicabile e ora capisco meglio cosa intendevi dire sul commento al mio post (a proposito grazie per la menzione). Non è però facile trovare la strada giusta, anche perché siamo in un campo delicato, dove basta poco a infastidire le persone. Considera che si arriva a fare promozione a un pubblico già provato e bombardato da mille altri input di vario genere e quindi esasperato. Parlo anche di me, ponendomi dall’altra parte della barricata. Mi accorgo di essere diventata intollerante e che molto di rado un messaggio promozionale riesce ad attirare davvero la mia attenzione, figuriamoci a risultare utile. Però è giusto e importante provarci, lavorarci su. Come hai detto tu, può volerci molto tempo ma è sicuramente tempo ben speso.

      • Io credo che si debba fare a priori una bella selezione tra i contatti a cui ha senso inviare un messaggio privato (sempre rispettando i punti che ho elencato) e quelli che invece non ha senso “disturbare”.
        Parlando di pubblicità utile nella maggior parte dei casi, secondo me, è comunque meglio proporla sulla propria bacheca o come sponsorizzata, senza invadere troppo la sfera altrui.
        Del resto l’ideale sarebbe che fossero le persone a cercare noi e non viceversa. Tornando all’esempio di Casa Surace, mi piacciono molto per cui sono io che ogni tanto a vedere se hanno pubblicato un nuovo video.

    • A parer mio la buona pubblicità fa rima con educazione. Senza è spam molesta e da cestino senza nemmeno passare dal via. Questo per i casi sopracitati in cui i social o l’irruenza do chi propone il suo prodotto si manifestano come elefanti nel nostro quieto vivere.
      Diverso è la pubblicità vera dei professionisti che seguono la regole elencate: come scegliere il target e avere buon gusto e buon modo di porre il messaggio.
      Per entrambi al primo posto l’educazione con quella anche qualche inevitabile buco nell’acqua o scivolone è consentito.

      • Sì, io penso che se si usa la buona educazione e il rispetto gli errori che si possono commettere sono certamente molto meno gravi. A volte si tratta pure di ingenuità e di scarsa conoscenza del mezzo.

    • A me è successa una cosa un po’ particolare, mi manda una mail una buona conoscente che non sentivo da qualche anno, mi comunica di aver pubblicato il suo romanzo, ci eravamo conosciute a un corso di scrittura creativa e frequentate un po’ prima di perderci di vista. Penso che io all’uscita dei miei non l’avevo avvisata e trovo che la sua sia un po’ un’invasione di campo ma mi dà l’occasione di riallacciare i rapporti, ho comprato il romanzo, piaciuto, l’ho contattata per rivedersi, rivista con piacere, ora siamo tornate ad essere in contatto regole, per cui da una cosa che giudicai quasi spam, ne è nata una bella. Ma trovo sia raro che le cose vadano in questo modo. Io non avviso nessuno ad eccezione degli amici più cari che vedo sempre, se non tramite blog, che chi vuole lo legge, e alla fine chi lo viene a sapere, es. colleghe, magari mi dice “eh potevi dirmelo!” Insomma, avendo paura di scadere nello spam, sto sulle mie.

      • Hai ragione, non è semplice informare senza dare l’impressione di voler vendere a tutti i costi. Quando ho fatto la campagna con bookabook, nonostante la posta in palio fosse alta, non ho mandato nemmeno un messaggio privato per timore di sembrare inopportuna. Però sono altrettanto convinta che a volte il nostro scrupolo è esagerato e, come dici tu, tante persone sono davvero felici di sapere le novità da noi. Se gestita bene, è anche quella una forma di customer care.

    • Giulia Mancini

      il giusto equilibrio per fare promozione non è semplice da trovare, vale la pena provarci con intelligenza e pazienza e, magari un po’ di umiltà…

      • Esatto: giusto equilibrio, intelligenza e umiltà. Che sono poi gli stessi pregi che si apprezzano un po’ in tutte le cose.

    • Tutto giustissimo quello che scrivi. A me danno particolarmente fastidioso coloro che, sui social, ti chiedono l’amicizia e dopo trenta secondi (a volte anche meno) ti aggiungo al gruppo di fan del loro ultimo romanzo. Oppure chi ti avvicina fisicamente, pensando che tu abbia chissà quali risorse, e ti dice che ti manderà il suo romanzo per una lettura o una recensione. Mi è capitato proprio oggi. Ecco, in questi casi mi viene voglia di fare l’eremita medievale delle foreste… e mi andrebbe bene anche un caverna!

      • Verissimo: le richieste di lettura o recensione sono un’altra forma di stalking editoriale. Che poi, anche in quel caso, basterebbe porsi in un altro modo. Magari invece che infastidire una persona in particolare, si può chiedere su un gruppo di lettura se qualcuno è disponibile a recensire onestamente la propria opera che viene fornita gratuitamente. Insomma, volendo le possibilità ci sono.

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