Lettura impegnata e lettura leggera: qual è la differenza?

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    Il mio dubbio di oggi non riguarda tanto la scrittura, quanto la lettura.

    La settimana scorsa abbiamo parlato della mia difficoltà (e anche di qualcuno di voi) a far rinascere la magia della lettura, quella capace di trascinarci in mondi lontani e perdere la nozione del tempo della realtà, e ne abbiamo cercato di analizzare le cause.

    Alla fine mi sono ripromessa di non fossilizzarmi troppo su letture impegnate o letture leggere, perché, in fondo, sempre di letture si tratta e qualcosa di positivo si può trarre da entrambe.

    Tuttavia, mentre continuavo a pensare a questi aspetti della lettura, mi è sorto spontaneo chiedermi quali possano essere considerate letture impegnate e quali, invece, leggere.

    che cosa distingue una lettura impegnata da una leggera?

    Bella domanda. Istintivamente pensiamo che una lettura impegnata sia una lettura seria, di valore, mentre una leggera sia più frivola.

    Tuttavia, potremmo anche dire che una lettura leggera, così come dice la parola stessa, non costituisce un peso. Si tratta quindi di un’opera piacevole, interessante, che scorre senza intoppi.

    Viceversa, una lettura impegnata dovrebbe impegnare nella lettura chi legge. Ma non è detto che necessariamente un impegno non possa anche essere un piacere.

    Faccio un esempio: vivo la scrittura dei post come un impegno. Da gennaio ad oggi credo di non aver mai mancato ad un appuntamento del martedì o del giovedì. Nemmeno quando non stavo bene o quando ho avuto impegni pressanti. Tuttavia non l’ho mai vissuto come un peso, semmai come un piacere.

    Per certi tipi di lettura vale lo stesso discorso.

    libri impegnati o libri leggeri?

    Penso alle letture che ho fatto dall’inizio dell’anno. Quante si potranno definire leggere e quali impegnate?

    a. Letture che ho amato
    1. Marco Marsullo, I miei genitori non hanno figli
    2. Harper Lee, Il buio oltre la siepe
    3. Massimo Ammaniti, La famiglia adolescente
    4. Jonh Fante, Aspetta primavera, Bandini
    5. Elena Ferrante, L’amica geniale
    6. Sandra Faè, Villeggiatura per due
    7. Sandra Faè, Ragione e pentimento
    8. Marco Freccero, Non hai mai capito niente
    9. Sandra Faè, Le affinità affettive
    b. letture che non mi sono pesate per nulla
    1. Marco Lazzarotto, Il dialogo
    2. Ken Pelham, Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Una guida al punto di vista
    3. Luca Blengino, Il punto di vista: tecnica della distanza
    4. Eugenia Brini, Stai sereno e mangia vegano
    c. Libri che ho letto con maggiore fatica:
    1. Michael Cunningham, Una casa alla fine del mondo
    2. Kurt Vonnegut jr., Mattatoio n. 5
    3. Haruki Murakami, 1Q84
    d. Libri che ho iniziato e non ho ancora finito:
    1. John Fante, Chiedi alla polvere (sospeso, ma lo riprenderò dopo l’estate)
    2. Raymond Carver, Da dove sto chiamando (lo sto leggendo: alterno  i racconti con altre letture)
    3. Katherine Pancol, Il valzer lento delle tartarughe (lo finirò a giorni)

    Tra le letture che ho amato o che comunque ho letto senza fatica c’è un po’ di tutto: 4 saggi (3 di scrittura creativa e uno di psico-sociologia), 1 di cucina vegana (no, beh, non mi sono convertita al veganesimo, ma ho voluto conoscerlo da più vicino), 3 opere della nostra amica Sandra (leggetele!!), i racconti del nostro amico Marco (da leggere assolutamente), 3 mostri sacri, una scoperta come Marco Marsullo.

    Non ho amato per nulla Murakami, ho faticato con Vonnegut e Cunningham, sebbene Le ore sia uno dei libri in assoluto che ho amato di più nella mia vita e Carne e sangue mi fosse piaciuto molto.

    Il John Fante che ho amato in Aspetta primavera, Bandini mi ha invece annoiata in Chiedi alla polvere, che ho abbandonato perché in quei giorni avevo acquistato i racconti di Marco Freccero ed ero troppo curiosa di leggerli. Di certo, a mente sgombra, riprenderò Chiedi alla polvere dall’inizio perché penso che sia un libro che abbia molto da darmi.

    Ora sto leggendo la Pancol e mi sembra di viaggiare spedita, seduta in prima classe di un intercity. Lo leggo comodamente e mi trascina nel suo mondo senza fatica.

    Dunque, tornado alla domanda iniziale, basta dire che ho letto un libro volentieri per definirlo leggero? Possiamo quindi definire Murakami più impegnato di Harper Lee o della Ferrante e, allo stesso modo, il John Fante di Chiedi alla polvere più difficile dello psicoanalista Massimo Ammaniti?

    Forse non è proprio così.

    e se dipendesse da chi legge?

    Forse, allora, dipende più da chi legge che da chi scrive. E dalla prospettiva con cui lo si legge. Certo una prosa piacevole, ancorché più difficile, aiuta senz’altro. Ma tanto  dipende anche dal momento, dallo stato d’animo, dall’obiettivo con cui si legge.

    Ma se è così, non c’è più un vero contrasto tra lettura impegnata e lettura leggera, diventa solo una categorizzazione sterile. E, soprattutto, superflua. Siete d’accordo con me?

     

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    17 Comments

    • nadia

      Letture leggere e letture impegnate credo sia anche una divisione editoriale. Harmony o romanzo per intenderci, restando nello stesso genere. Un po’ come dire bignami o intero trattato.
      Ma di certo la lettura è frutto di tanti fattori, il momento in cui ci si avvicina, serenità, lucidità, tempo…l’aspettativa del lettore, il talento dello scrittore. Insomma 50 e 50?
      Non c’è nulla di male se una lettura leggera fa sorridere, lascia il piacere in bocca e l’entusiasmo di aver trascorso del buon tempo in compagnia dell’amico di carta. Almeno se quello era l’intento con cui era stato scritto.
      Peggio è se un libro per mia definizione somiglia ad un”mattoncino Lego” e non è digeribile. Non fa figo dire “l’ho letto perché tutti ne parlano e non volevo essere da meno”…io Murakami l’ho iniziato con molta curiosità, ma lo ammetto Nel segno della pecora mi ha annoiato a morte e quindi cestinato a metà. Il fatto che sia tra i migliori o tra i più discussi non farà per me più questione di interesse. La lettura prima di tutto è piacere, poi arricchimento e alla fine del libro un distacco semi doloroso. Se non avviene in questa sequenza, per me, un flop.

      • Più che una divisione editoriale la vedo come una questione di etichetta, in tutti i sensi. Citi Harmony: non me ne ricordavo più, ma da adolescente me li bevevo. Ora non so se li leggerei ancora, però allora mi servirono per traghettarmi nel mondo della lettura. 😉

    • iara R.M.

      Non credo ci siano libri capaci di parlare a tutti allo stesso modo. Gli interessi, i gusti e il background culturale del lettore, secondo me, incidono molto. Però, è anche vero che l’autore quando scrive, sceglie a chi rivolgersi, preferendo un linguaggio, una storia, uno stile che può essere di nicchia o destinato a più persone. Quindi, anch’io come Nadia, divido meriti e responsabilità.

      • Silvia

        Sono d’accordo con voi. Mi verrebbe ora da lanciare un altro dubbio: è più l’autore che sceglie il suo pubblico o il lettore che sceglie che cosa leggere? Capisco però che sia una domanda oziosa, adatta solo ad un sabato mattina di luglio altrettanto ozioso… 😛

    • A costo di dire una banalità, penso che sia molto soggettivo. Ciò che è leggero per qualcuno è pesante per qualcun altro. Oppure ciò che ci sembra pesante in una certa stagione di vita, ci sembra leggero e piacevole anni dopo.

      Ad esempio di recente ho letto L’universo elegante. E’ un saggio di fisica che, detto così, ai più può sembrare un mattone.

      Oppure ho riletto I tre moschettieri. Quando l’avevo letto da ragazzino mi era sembrato un mattone (bello ma interminabile) ma di recente, spinto da una delle ultime trasposizioni televisive (la serie tv The Musketeers) l’ho riletto con grande entusiasmo immaginandomi in modo preciso e vivido i protagonisti della serie tv.

      • Non dici una banalità, anzi dici una realtà. La soggettività delle scelte e delle passioni è assolutamente presente anche nella lettura. 🙂

    • Io associo le letture impegnative soprattutto ai grandi classici, perché c’è un’adesione mentale di tipo diverso e leggere a cuor leggero queste opere ne svilisce la “classicità”, appunto. Eppure, in estate, proprio sotto l’ombrellone, mi sono sparata le letture più importanti e consistenti della mia vita: dai tragici greci a Anna Karenina passando per il nostro Verga.
      Murakami, per me che ne ho un’adorazione, è una lettura piacevole e qualche volta persino frivola.

      • Io ammetto di avere un problema con i classici. Non so se sia un pregiudizio inconscio o la distanza temporale da essi, ma mi annoiano da morire. Però alcuni vorrei riprenderli e vedere se riesco ad immedesimarmi e farmeli piacere.
        Murakami, un peso infinito. Però devo dire che ultimamente ho anche capito una cosa: la lettura su kindle mi blocca l’immedesimazione nel testo. So che sembra un’assurdità, ma vorrei rileggere alcuni testi in cartaceo (appunto 1Q84) e vedere se mi fa lo stesso effetto che sull’e-reader.

    • Si, è soggettiva. Per esempio molti stravedono per Tre uomini in barca, io ci ho messo un anno a leggerlo perchè a tratti soporifero.
      Però è convenzionale che un Harmony sia una lettura leggera, mentre Guerra e pace di Tolstoj è sicuramente una lettura impegnata. D’altro canto Guerra e pace può essere un bicchier d’acqua se lo confronti con un manuale della Microsoft 😛

      • Lessi Tre uomini in Barca al liceo. Stesso effetto soporifero. Magari con il senno dei quarant’anni… Mah! 😛
        Manuali Microsoft ne ho sfogliati alcuni. Ecco, appunto, sfogliati. 😉

    • Anche io penso che dipenda tutto dal lettore. Ogni persona ha infatti, secondo me, un bagaglio di esperienze, di gusti, di caratteristiche che rendono l’interpretazione di un’opera assolutamente unica. Raramente, infatti, su amazon trovi romanzi che hanno solo recensioni positive o, viceversa, solo negative. La maggior parte delle volte, il feedback dei lettori è “misto”, e ciò dimostra che non esistono parametri universali per valutare la portata di un’opera. Per quel che mi riguarda, per esempio, io trovo pesantissima (perché non mi piace) la fantascienza, sebbene sia considerata un classico esempio di letteratura leggera. 🙂

      • Anch’io non amo la fantascienza. Nemmeno cinematograficamente. Un po’ tutta la narrativa di genere non mi attrae, eccetto lo Hobbit e il Signore degli Anelli, che mi rubò l’estate dei vent’anni. Oggi però non credo che mi interesserebbe più.
        Dipende dal lettore, sì, ma anche dalla fase della sua vita. Almeno, io continuo a modificare e cesellare i miei gusti, non sempre in meglio… 🙂

        • Sì sono d’accordo. Mi viene in mente Andrea De Carlo, un autore che adoravo e che mi è scaduto progressivamente crescendo. 🙂

    • Una lettura impegnata è una letture che richiede più impegno, ovvero che non basta leggere ma che si deve/vuole capire più in profondità. E’ quindi qualcosa di estrememente soggettivo che non solo dipende dalla persona che legge ma dal momento in cui la legge e dal modo in cui ci si approcia.
      Soprattutto lettura impegnata non significa poco scorrevole. Un libro può essere poco scorrevole senza essere impegnato e scorrere benissimo essendolo (ed è lì la fregatura, perchè al lettore verrebbe da divorarlo invece di fermarsi a pensare 😀 )
      Questo almeno il mio parere.

      • Come al solito usi un termine molto appropriato: scorrevole più che leggera. Condivido la tua definizione e la tua analisi. 😀

    • arrivo in ritardo causa ferie.
      Grazie, ormai qui sospetteranno che ti paghi!
      Hai faticato con Una casa alla fine del mondo? Io l’ho molto amato, davvero.
      Leggero non significa stupido, più d’evasione, questo sì. Poi molto dipende dalla testa del momento.

      • Confesso pubblicamente che Sandra NON mi paga. Semplicemente mi piace come scrive. 😉 😀
        Scherzi a parte, sì, ho faticato con Una casa alla fine del mondo, anche se mi è piaciuto.
        Credo che sia stato un problema mio, però. Ho bisogno di vacanze! 🙂

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