II mistero di Elena Ferrante: 4 motivi per restare anonimi

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    Già da un po’ di tempo stavo lavorando a un post su Elena Ferrante. Non tanto per cercare di scoprire un mistero di cui non mi interessa per nulla svelare il segreto, quanto per l’ammirazione verso chi sceglie l’anonimato.

    E proprio ieri, con perfetto tempismo per il mio post, è uscito sulla Domenica del Sole 24 ore un articolo che riporta l’indagine di Claudio Gatti che svelerebbe una volta per tutte l’arcano. Ebbene sì, come già ampiamente ipotizzato negli anni, Elena Ferrante sarebbe proprio Anita Raja, moglie di Domenico Starnone.

    Poiché il Sole 24 ore è un giornale economico, nulla di strano se lo scoop è stato condotto attraverso l’esame delle dichiarazioni dei redditi dei coniugi Starnone, anziché attraverso un’analisi linguistica, cosa per altro già fatta in passato in uno studio dell’Università La Sapienza, in cui per la prima volta era uscito il nome di Starnone.

    In questo caso, invece, si è presa in esame la relazione tra i picchi di vendite dei romanzi della Ferrante e i redditi dichiarati dalla coppia, in concomitanza poi con l’acquisto di appartamenti di particolare valore economico e artistico da parte dei due scrittori. Sarebbe stato quindi un fattore puramente economico, sommato ad altre piccole coincidenze, a indirizzare i segugi verso la traduttrice della casa editrice E/O.

    Un po’ triste che si sia speso un sacco di tempo dietro a presunti indizi e a piccole grandi violazioni della privacy della scrittrice, quando se ne sarebbe potuto dedicare altrettanto a studiare o perlomeno a leggere i romanzi che l’hanno resa tanto famosa.

    Così, mentre d’istinto mi sarebbe partito un cosmico ecchissenefrega? rivolto allo scoop di dubbio gusto (no, non ritengo per nulla interessante capire se la Ferrante sia la Raja o meno), ho pensato semmai di sondare i motivi per cui, in un’epoca di esibizionismo cronico, un personaggio potenzialmente famoso decida di sottrarsi ai riflettori e di tenere scrupoloso segreto sulla propria identità per oltre un ventennio.

    perché rimanere anonimi?

    L’ho sempre detto: se mai dovessi diventare famosa come la Ferrante, farei esattamente come lei. Certo, facile a dirsi quando non sei nessuno, non altrettanto a farsi quando diventi conosciuto per davvero, vuoi per le lusinghe di un mondo patinato, vuoi per la necessità di fare cassa con comparsate e pubblicità varia.

    Tuttavia non ho mai capito Cracco che pubblicizza le patatine, per dire.

    Nonostante le critiche di chi non capisce la scelta dell’autrice de L’amica geniale o di chi la accusa di aver costruito il suo successo attraverso questo piccolo mistero, personalmente ritengo che di motivi ne abbia avuti più di uno e ho provato a elencarli:

    Rifuggire la notorietà

     

    Della notorietà vediamo sempre un’unica faccia: quella rivolta verso i riflettori. Lucida e splendente. Eppure esiste un’altra faccia. Ed è quella ombrosa. Mi immagino lo stress di essere personaggi conosciuti al pubblico. Sarà davvero così emozionante dover presenziare a convegni, saloni e kermesse dove il valore letterario della propria opera rischia di passare in secondo piano rispetto ad altre logiche di mercato? Forse in un primo momento, travolti dall’onda dell’improvvisa notorietà, può essere piacevole. Ma dubito che a lungo andare il piacere si prolunghi.

    Mi chiedo quanto si diverta il Volo nazionale a fare l’ebete da Fazio. Magari, da attore cinematografico e televisivo gli è più facile adattarsi al ruolo rispetto a chi ama la parte silenziosa del lavoro di scrittore, anzi forse tale ruolo gli è persino gradito. Ma immaginate una personalità schiva che cosa può provare nel sentirsi dire dall’editore che deve presentare il proprio romanzo in televisione, in radio oltre che ai vari saloni.

    Immaginate quante volte uno scrittore con i numeri della Ferrante si sentirà rivolgere quelle (innocue?) domande che infastidiscono pure noi aspiranti: è autobiografico? quando esce il seguito? quando hai iniziato a scrivere? perché?

    Senza contare le richieste di un parere, di un consiglio, di un “aiutino”…

    Non convenite con me che anonimo è molto meglio?

    Un esperimento letterario

    E se invece, anziché un depistaggio, fosse un eccellente esperimento letterario?

    In passato, tra i nomi papabili, si è parlato anche di Erri De Luca. A mio parere l’unico punto in comune tra i due autori è l’origine napoletana.

    Ho letto parecchi libri di Erri De Luca. Il suo modo di scrivere mi affascina. Non posso dire di essere un’esperta ma un po’ lo conosco. Ecco, mai mi sarebbe venuto in mente che dietro il nome della Ferrante potesse celarsi proprio De Luca.

    Ma se invece fosse davvero lui, o qualche altra penna sopraffina del suo livello, non ci troveremmo di fronte ad un bellissimo esperimento letterario? Può un grande scrittore trasformarsi tanto da generare (in senso lato) una grande scrittrice?

    Da romantica che sono, amerei questa possibilità.

    E non c’è dichiarazione dei redditi che mi faccia cambiare idea. Per cui, gentilmente, non svelatemi il mistero. Mi ricorda quando tentarono di convincermi che Babbo Natale non esiste.

    un marketing al contrario

    Un tempo, quando si andava alle feste al Liceo, ci si chiedeva: mi notano di più se ci sono o se non ci sono? E allora, poiché proprio non andarci dispiaceva un po’, si arrivava almeno un po’ in ritardo (per vedere di nascosto l’effetto che fa).

    Ecco, il non esserci potrebbe essere interpretata come un’idea di marketing in contro tendenza. Un mistero creato ad hoc a scopo pubblicitario.

    Una Ferrante misteriosa vende di più di una Raja (ammesso che sia lei), banale traduttrice e, altrettanto banale, moglie di Starnone?

    Dopo aver letto L’amica geniale, la mia opinione è abbastanza sicura: una buona opera non ha bisogno di trovate pubblicitarie. Anche se la pubblicità non guasta per nessuno.

    una sfida a chi dice che bisogna promuoversi

    Nel mondo della musica un parallelo eccellente si può trovare in Mina, anche se quest’ultima  ha scelto una vita ritirata dai riflettori dopo aver calcato le scene per un lungo periodo.

    Tuttavia la cantante, ormai relegata in Svizzera da quasi 40 anni, non sbaglia un colpo. E dimostra che la qualità non ha bisogno di televisione né di kermesse a-cui-non-si-può-proprio-mancare.

    La Ferrante, allo stesso modo, ha dimostrato che la buona scrittura non vive di soli festival né di soli saloni.

    Ed è un bello smacco al sistema del doverci-essere-per-forza che ci ha quasi convinti che il mondo reale viva nel virtuale.

     

    E voi che scrittori vorreste essere? Anonimi o presenzialisti?

     

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    33 Comments

    • Quando ho letto il mio primo libro di Elena Ferrante (La figlia oscura) un romanzo meno noto, era molto tempo prima del boom de L’amica geniale e si parlava poco di questa autrice che già comunque aveva scritto diversi libri, non mi sono posta particolari problemi sul fatto che fosse anonima. Per me un autore lo conosci attraverso quello che scrive e quando scrive rivela talmente tanto di sè che non importa vedere che faccia ha. Poi c’è stato il boom della sua quadrilogia (io li avevo già letti tutti, pensa che non amavo le saghe, ma quei quattro romanzi li ho amati tutti dalla prima all’ultima riga), con il boom è scoppiata anche la curiosità intorno alla sua identità, il che è tipico di questo paese che vuole a tutti i costi “apparire”e vedere “apparire” soprattutto per poter criticare. Ora io dico, se uno fa l’attore, il modello o mestiere dove apparire è fondamentale va bene, ma uno che scrive, di solito preferisce stare in disparte o apparire il meno possibile, l’unica cosa che vuole far apparire è quello che scrive. Io per esempio preferisco restare dileguata, voglio far parlare i miei scritti che rivelano di me molto più di quanto appaia dalla mia persona in carne e ossa. La curiosità morbosa della gente sull’identità di un autore non ha quasi mai uno scopo positivo, sono convinta che molti di quelli che si chiedono chi sia Elena Ferrante magari non hanno neanche letto i suoi libri.

      • Silvia

        Sai, Giulia, che più ti conosco e più ti sento affine a me?
        Come hai trovato La figlia oscura? Io non l’ho letto ma mi incuriosisce…

        • Che bello scoprire queste affinità Silvia! La figlia oscura a me è piaciuto tanto, è particolare perché tratta, tra le altre cose, anche del rapporto madri-figlie sotto un diverso punto di vista che secondo me esiste ma di cui non si parla per pudore, ossia l’aspetto “faticoso” di essere madre. Poi il romanzo non è incentrato solo su questo, però molto valido, almeno secondo i miei gusti

          • Grazie, Giulia. Terrò conto del tuo parere. E lo leggerò sicuramente! 😉

    • Probabilmente sono in controtendenza, ma questa storia della Ferrante ha dimostrato ancora una volta che puoi permetterti di essere uno scrittore anonimo al mondo quando in realtà sei ben conosciuto nel panorama editoriale. E ti pubblicano proprio perchè ti conoscono. Negli ultimi tempi in Italia le case editrici pubblicano più facilmente romanzi di segretarie, editor, traduttori, correttori bozze piuttosto che spulciare tra i veri esordienti. Attenzione: non sto discutendo sulla qualità (per quanto ce ne sarebbe da dire anche lì di alcuni titoli), ma del metodo. Perciò, questa storia della Ferrante un pochino mi fa incazzare. Perchè parte della forma pubblicitaria utilizzata è sì l’anonimato ma anche l’idea che un’esordiente avesse improvvisamente bucato il campo editoriale. Dal nulla arrivava questo libro meraviglioso.
      E diciamocelo: quanti esordienti con uguali capacità han cominciato a battere la testa sul muro?? A dirsi che ecco, quella ha avuto la solita botta di cul?
      E invece no. Perchè non è una sconosciuta, è una traduttrice sposata ad uno scrittore e sceneggiatore. Non sto giudicando la sua qualità (non ho letto i libri, avevo iniziato col primo, ma la storia non mi ha preso), ma sto dicendo che per lei è stato più facile arrivare alla pubblicazione che nè per un vero esordiente. Però ce l’hanno spacciata da esordiente.
      E questo non è giusto.

      • Sinceramente non so sapevo che L’amica geniale fosse stata spacciata come opera di un’esordiente. Però mi sembra strano perché l’Amore molesto aveva già avuto un discreto successo, tanto che ne era stato pure tratto un film.
        Senza dubbio, sempre che la Ferrante sia la Raja, lavorare come traduttrice in una casa editrice favorisce la possibilità di essere pubblicati (forse ancora di più che essere la moglie di Starnone, o no? boh, non lo so) però secondo me questo non ha attinenza con la scelta dell’anonimato. Voglio dire, è una scelta personale. Quali siano i reali motivi, non certo quelli che ho tentato di indovinare io, li conosce solo lei.

      • Scusa Barbara, mi permetto di dissentire, Elena Ferrante non era affatto un’esordiente (se l’hanno spacciata per tale hanno diffuso informazioni errate e magari hanno giocato su questo) la Ferrante aveva già scritto anni fa L’amore molesto, La figlia oscura e I giorni dell’abbandono prima di scrivere l’amica geniale e seguito. Ovviamente concordo sul fatto che vivendo in un ambiente editoriale ha avuto gioco facile a pubblicare, e qui hai pienamente ragione …

      • Conconcordissimo!
        1 2 3 tutti insieme UFFAAAAAAAAAAAAA
        è consigliato pestare pure i piedi!

        • No, no Sandra…di solito io in queste occasioni borbotto come Muttley 😉
          (il cagnolino dello Squadrone Avvoltoi e fido assistente di Dastardly anche nelle Wacky Races)

          • Ottimo, io ho la maglietta di Wacky Races, un po’ si vede nelle foto del lago.

    • nadia

      Io in tutta enorme sincerità ambisco ad un solo titolo. Quello di scrittrice. Esserlo e farlo significherebbe venire riconosciuta come brava. Metterci la faccia è naturale, come ha spiegato Barbara, nessun editore accetterebbe un nome non corredato di faccia o riconducibile ad una vera identità ( a meno che non scegliessi di scrivere di segreti inconfessabili e teorie del complotto come Adam Kandom). Quindi sarei ben disposta alla notorietà. Che poi raccontiamoci quello che vogliamo …. notorietà! Mi viene da tirare fuori come esempio Corona, no non il pregiudicato, il montanaro che scrive i diari nel suo eremo in montagna, si scola qualche bottiglione e poi in tv fa il diverso alla Sgarbi. Ecco ognuno la notorietà la vive come preferisce. In maniera originale.
      Per tornare alla scrittrice in questione, si chiami come vuole, a me piace. Che sia napoletana e scriva di storie famigliari si era capito, se poi preferisce dire o celare di essere Anita o Elena poco importa. Non ha neppure fregato il fisco! Ma di che stiamo a parlare? E non dico te Silvia, ma il gossip in generale.

      • C’era una battuta di Luca Bottura che girava sul web in questi giorni e diceva proprio che l’Italia è il paese in cui ti scoprono se paghi le tasse e non se le evadi! 😛

    • Siccome in questa fase della vita vedo la scrittura come un mezzo espressivo importante, vorrei metterci sia il nome sia la faccia. Questo non perché cerco la notorietà o le luci dei riflettori, ma perché dopo anni di frustrazioni e sofferenze non mi basta la consapevolezza di aver scritto un’opera di pregio, ma voglio anche una sorta di “riconoscimento” esterno che mi tolga di dosso tutte le etichette che, in questi anni, hanno compromesso la mia autostima. Magari in futuro la penserò diversamente, ma per ora mi sento in una fase di rivalsa: ho bisogno di esprimermi, e ho bisogno di esprimermi alla luce del sole.

      • E io ti approvo in pieno! E’ giusto che ognuno viva la scrittura (e il relativo successo che ne deriva) nel modo più consono a sé stesso.

    • Dissento un po’. E’ tristissimo vedere che ancora una volta un’autrice (o autore è lo stesso) di successo provenga dall’interno della stessa casa editrice che l’ha fatta volare alto. Basta, dai!
      Tu dici: una buona opera non ha bisogno di trovate pubblicitarie. Anche se la pubblicità non guasta per nessuno.
      Oddio, Silvia, la mia editor bionda 😀 ha quantità di buone opere che non riesce a piazzare, me ne parla con una luce di tristezza negli occhi e mi ha detto di recente: l’editoria è un mondo strano “tu sei qui (= io pubblicata ma certo non di successo) e Anna Premoli ha venduto 800 mila copie!”
      Come sai il riconoscimento mi interessa, non la presenzialità di esserci nei salotti (orrore) e nei talk show anche se in caso un puntata da Fazio la farei (non da Vespa).
      Io dietro vedo una grande trovata pubblicitaria che di sicuro ha favorito la fama di opere valide, non le ho lette ma ne parlano tutti bene. Nulla di male è, ma se Elene Ferrante fosse stata la mia vicina di casa (quella simpatica eh, non quella di sopra che fa casino) mi sarebbe sembrata una favola, così solo una mezza bufala.

      • Dai, adesso non dirmi anche che Babbo Natale non esiste perché mi metto a piangere! Sono un’inguaribile romantica o un’ingenua??
        A parte gli scherzi, probabilmente hai ragione tu.
        Però io voglio pensare che la Ferrante, chiunque sia, ce l’abbia fatta in tutta onestà, nella sua stanzetta, rifuggendo i riflettori ed amando il suo lavoro in silenzio. Una di noi, insomma. Una brava, però, eh? Perché se è così, domani sarà Sandra Faè a scalare le classifiche (non certo Silvia Algerino).

    • Mi sentirei di escludere i primi tre motivi.
      Ferrante ha scelto l’anonimato prima di essere la Ferrante.
      Se fosse un esperimento ad un certo punto andrebbe svelato (King lo fece, ad esempio)
      E anche come marketing l’idea non mi convince gran che, un po’ per lo stesso motivo del primo punto.
      Come personaggio musicale invece a me hanno fatto venire in mente i Gorilaz, te li ricordi?
      In ogni caso io sono per il rispetto della decisione dell’autrice, qualunque sia la sua motivazione. Se ha scelto l’anonimato è giusto che resti anonima.

      • Ti giuro che i Gorilaz non li ho mai sentiti. Ma mi sono documentata su wikipedia. Forti però, eh?

    • Daniele

      Confesso di non sapere chi siano Anita Raja e Domenico Starnone. In letteratura e cinema sono esterofilo e non nazionalista.
      E, ovviamente, ho saputo da poco che Elena Ferrante è uno pseudonimo…
      Per rispondere alla tua domanda, io non voglio essere né anonimo né presenzialista. Se pubblico, sulla copertina ci voglio il mio vero nome: ho fatto parecchia fatica per arrivare a quel traguardo e non lascio meriti e gloria a uno sconosciuto.
      Non sarò mai presenzialista, neanche se dovessi diventare famoso, perché sono schivo di natura e asociale e misantropo.
      Devo però dare ragione a Barbara: se la Ferrante era molto conosciuto nell’ambiente editoriale e il suo primo romanzo l’hanno fatto passare per l’esordio di una sconosciuta, si chiama truffa e non in altro modo.
      Stesso discorso per JK Rowling che ha pubblicato i suoi gialli come Robert Galbraith.

      • Daniele, così funziona per i grandi editori. Non è il primo caso e non sarà l’ultimo se è vero che lavorava come traduttrice per l’editore e che tramite la pregressa collaborazione poi le hanno pubblicato i romanzi. Ecco perché l’editoria secondo me è oltre la frutta. Che poi capita che ne scoprono una brava come la Ferrante è un caso raro.

      • Come ho già risposto a Barbara, mi sembra strano che il romanzo che l’ha portata alla notorietà internazionale (da noi solo di riflesso, perché il vero boom fu negli Stati Uniti) sia stato presentato come il romanzo di un’esordiente. Anche perché in precedenza aveva già pubblicato tre romanzi, di cui due avevano dato origine ad altrettanti film.
        Se invece Barbara parla del primo romanzo, L’amore molesto (1992), e se davvero la Ferrante è la Raja, traduttrice per E/O, allora il discorso cambia.
        Tuttavia nel web non ho trovato informazioni sulla Raja, se non legate a questi fatti.
        Chi ci dice che nel 1992 fosse già traduttrice per E/O e che non lo sia diventata in seguito?
        Ok, mi sto arrampicando sugli specchi, ma fatico a vedere la malafede altrui! 😛

        • Sono iscritta a più newsletter delle librerie online e ricordo che presentarono l’autrice come la nuova scoperta editoriale (se non vogliamo usare il termine “esordiente”) mi pare ancora con il primo libro. L’amore molesto è del 1992, ma lei lavora per E/O dal 1983/84 quando ha tradotto Cassandra di Christa Wolf. Se anche avesse lavorato fuori da E/O la questione non cambierebbe: lavorava già nel “settore” quando è stata pubblicata. Quindi, al di là della qualità dei suoi testi, ha sicuramente avuto minor difficoltà ad accedere alla pubblicazione. Anche solo a farsi leggere la sinossi. Rispetto a chi aspetta la mezzanotte del 1° di ogni mese per inviare il proprio romanzo ad un’agenzia letteraria con un form di contatto col contaminuti.
          Per dire, eh.

          • Ok, ok! Mai mettersi in competizione con te nella ricerca di informazioni on-line. Avrei dovuto saperlo, eh? 😛 🙂 :O

            • ahahahah, ma se era il primo link??
              Devi istruire meglio il tuo Google! Il mio sono anni e anni che me lo coccolo! 😉

              • ll mio Google è come me: da inguaribile ottimista vede solo le notizie da libro cuore! 😀

    • Dici: “Un po’ triste che si sia speso un sacco di tempo dietro a presunti indizi e a piccole grandi violazioni della privacy della scrittrice, quando se ne sarebbe potuto dedicare altrettanto a studiare o perlomeno a leggere i romanzi che l’hanno resa tanto famosa.” e sono pienamente d’accordo perché scommetto che il giornalista in questione non ha nemmeno letto il primo paragrafo di uno qualsiasi dei libri della Ferrante, al più le sinossi e forse nemmeno.
      Ho iniziato a leggere questa autrice ad agosto. Ho cominciato proprio dalla tetralogia de “L’amica geniale” e ne sono stato travolto. Sono al terzo libro, quasi finito e confermo la bravura di questa scrittrice e nemmeno mi interessa sapere davvero chi è.
      Certo anche io conosco bravi scrittori che non se li fila nessun editore e se qualcuno lo fa di certo non è solo per la bravura, ma perché già sono noti, già vendono, e così li sfruttano (ovviamente vale anche per quelli che vendono tanto e che non valgono) e se questa scrittrice lavorava già presso l’editore un po’ mi innervosisco perché gli editori importanti sono tutti così, non si filano nessuno se non li conoscono di persona prima di pubblicarli, anche solo per leggere la sinossi o i primi capitoli, ma il discorso vale in generale, anche per i piccoli editori. Conosco altri tre casi del genere e scommetto che non sono gli unici. Gente che spedisce i manoscritti per anni e nulla. Una telefonata a un amico editore e dieci minuti dopo: “mandaci il manoscritto e se è buono lo pubblichiamo”, un po’ come spiega anche la voce narrante di Elena Greco nel terzo libro della tetralogia della Ferrante.
      Chissà che questo articolo non sia una trovata pubblicitaria dell’editore, chissà. E se non lo è, di certo li aiuterà a vendere altre copie dei libri della Ferrante.

      • Silvia

        Sono d’accordo con te: per un esordiente emergere è pressoché impossibile senza “l’aiutino”. Chissà se lo sviluppo del self tra qualche anno innescherà un sistema maggiormente meritocratico. Sicuramente cambierà il panorama editoriale, bisognerà vedere in che direzione.

    • Ah, non ho risposto alla domanda. Io vorrei essere uno scrittore anonimo. Preferirei interagire a modo mio coi lettori, niente TV, non sia mai dover andare da Giletti, o da Fazio o dalla D’Urso, non potrei proprio. Mai.

      • Sono d’accordo anche su questo. Preferirei anch’io l’anonimato. 🙂

    • Posto che non mi interessano i nomi di chi racconta ma le storie che si raccontano, non mi sarei mai accanita come molti giornalisti o altro hanno fatto per scoprire chi si celasse dietro questa fantomatica Elena Ferrante. Certo, che poi sia una del settore mi fa un po’ sorridere, mi porta subito a dire: “ah, ecco, appunto!” e questo mi dispiace perché faccio in un attimo, poi, a montare il pregiudizio.

      • Sì, se davvero è così, non possiamo che rimanere un po’ delusi. Io mi auguro ancora che si tratti di una sconosciutissima che se la ride di tutti questi inutili scoop giornalistici. 😀

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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