Dubbio n.12: quali errori correggere in revisione e quali invece esigono uno stop? (parte I)

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    La settimana scorsa, nel dubbio n.11, ci eravamo chiesti quali possono essere i momenti di crisi e ci eravamo soffermati su quelli che ci sopravvengono quando non siamo convinti del lavoro svolto fino a quel momento.

    Avevamo cercato di trovare i metodi per superarli e li avevamo brevemente analizzati.

    Tuttavia il dubbio che rimane è questo: si tratta solo di momenti di crisi passeggera? E’ il classico momento di autostima sotto le scarpe che ci confonde le idee? Oppure ci sono elementi sufficienti da farci credere che qualcosa non funzioni? E, soprattutto, è il caso di fermarci o è possibile procedere comunque? [su_spacer]

    Quali errori possiamo correggere in fase di revisione?

    Se abbiamo intenzione di auto-pubblicarci molto probabilmente faremo ricorso ad un editor. Se invece proveremo con la classica casa editrice, un editor ci verrà imposto. Quindi, in entrambi i casi, ci sarà qualcuno che provvederà a correggere le nostre sviste. Noi stessi, nelle successive revisioni, noteremo cose che non vanno.

    Questo non vuol dire che possiamo sottovalutare i nostri errori delegando a qualcun altro le nostre correzioni, ma nella fase in cui ci troviamo, ovvero nella prima stesura, forse non vale la pena bloccarsi  e rimettere tutto in discussione, con il rischio di perdere lo spunto buono.

    Quali sono questi errori? Tralascerei quelli puramente formali, oggetto più che altro dell’attenzione del correttore di bozze che dell’editor, ovvero refusi, punteggiatura, ortografia, grammatica, sintassi, etc. etc., e delle nostre successive revisioni.[su_spacer]

    • Incipit poco accattivante

    L’abbiamo scritto ma non ci convince. Non ha quelle caratteristiche che faranno dire al lettore “lo voglio leggere!”. Può essere un problema in questa fase? Sì e no. Nella struttura circolare di cui ho parlato in un post di qualche settimana fa legavo strettamente l’inizio al finale. Si può avere un’altra opinione sulla struttura di un romanzo però penso che valga per tutti l’idea che l’inizio del romanzo lo indirizza in una certa direzione.

    Forse più che chiederci se funziona per come è scritto (cosa che in effetti può essere corretta in un secondo momento) dovremmo chiederci se funziona in base a quale direzione fa prendere al romanzo.

    Vi faccio un esempio. Il romanzo che pubblicherò con Bookabook inizia con una lettera. Essa non è fondamentale nella narrazione, potrei tranquillamente eliminarla. Tuttavia serve in rapporto ad un altra lettera che invece conclude il racconto. Chiude la mia struttura circolare.

    Nella fase di prima stesura non mi piaceva come era scritta ma ho potuto correggerla in seguito. Se però non avessi più apprezzato il fatto stesso che esistesse, sarebbe stato un guaio perché avrebbe sconvolto la mia struttura geometrica.[su_spacer]

    • Dialoghi piatti

    Da quando ho letto Oltre il confine di McCarthy ho capito qual è il ruolo di un dialogo. Non scimmiottare la realtà, ma portare avanti la narrazione senza che il lettore se ne accorga, fornendo  strumenti nuovi, come altri punti di vista o informazioni non ancora conosciute ai personaggi e al lettore.

    E’ chiaro che, pur con questa consapevolezza, il dialogo non sempre ci riesce come vorremmo.

    In questo caso però, proprio perché in sé non incide sulla struttura del romanzo, per il momento ci si può accontentare. Lo si potrà correggere più avanti.[su_spacer]

    • Lunghe digressioni o eccessive spiegazioni

    Qualcuno chiama questo fenomeno infodump e sotto questo termine si intende un po’ di tutto, anche se credo che più precisamente si intenda il mettere assieme numericamente troppe informazioni inutili. In ogni caso il contesto è lo stesso: la smania dell’autore di dare informazioni al lettore prende il sopravvento, facendo perdere la tensione narrativa e divagando in modo non funzionale alla narrazione.

    In fase di revisione è opportuno valutare se, appunto, ci sia un calo di tensione e se le informazioni siano così necessarie. Se non lo sono (infodump), il problema si risolve con un bel CTRL+X, se invece lo erano forse si sarebbe potuto farle raccontare ai fatti o ai personaggi, invece che dando l’idea di scrivere un trattato.[su_spacer]

    • Scelta dei nomi dei personaggi

    Tecnicamente questo punto lo possiamo verificare anche in un secondo momento. Basta l’amato trova/sostituisci e il nostro Carlo diventa Giuseppe. Io personalmente sono dell’idea che un personaggio dovrebbe già nascere con un nome e ne avevamo già parlato diffusamente qui.

    E’ però anche vero che se si tratta di personaggi secondari, che potremmo anche chiamare con il generico “il postino”/”il medico”etc etc, o se, in questo momento, pur avendo chiaro che cosa cerchiamo nel nome del nostro personaggio, non troviamo un’alternativa allettante, allora forse converrebbe soprassedere, lasciandolo molto vago, magari solo con un’iniziale, in modo da non attribuire nella nostra testa un nome che ci suona stonato e che potrebbe condizionare anche l’agire del nostro personaggio.[su_spacer]

    • Modi di dire e cliché

    I modi di dire sono il mio tallone d’achille. Appunto! Ma poiché ho in programma la trattazione di questi due argomenti in un post futuro, per ora non dico altro.[su_spacer]

    Quali errori, invece, esigono uno stop?

    Di questa seconda infornata di errori, che ci interessano maggiormente,  parleremo giovedì prossimo nella seconda parte del post.[su_spacer]

    Nel frattempo vi lascio una domanda: che cosa pensate degli errori di cui abbiamo parlato oggi? Ritenete più saggio attendere la fine della prima stesura per correggerli o meglio farlo subito? Ve ne vengono in mente altri?

     

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    28 Comments

    • Dipende. Se all’improvviso capisco che il nome – per citare un tuo esempio – X proprio non funziona, un bel sostituisci risolve subito la cosa in un attimo. In generale errori piccoli, anche se assolutamente da non tralasciare perchè si rischia che presi dalla narraziono non vengano più sistemati, io li metto a posto subito. Nel romanzo che sto scrivendo una famigliola fa un weekend lungo in occasione di Carnevale, mi sono basata sulle festività scolastiche milanesi, quindi rito ambrosiano poi andando avanti a scrivere ho deciso che la famigliola è toscana, quindi non reggeva il discorso dei giorni di chiusura scuola, sono tornata subito indietro a sistemare. Non ho problemi sull’incipit, è uno dei miei punti di forza a differenza del finale dove traballo molto.

      • Guarda, come tu saprai, i miei dubbi del giovedì nascono proprio da domande che mi sto facendo durante la prima stesura del mio romanzo e quindi il trovare una risposta assieme a voi è un obiettivo che per me va al di là della pura e semplice discussione teorica, per questo apprezzo particolarmente i tuoi esempi pratici. Del resto, hai perfettamente ragione: dipende. Non solo dall’attitudine personale, ma anche dal tipo di errore e dalla situazione. E non sempre vale la stessa regola. 🙂

    • grilloz

      Per rispondere alla domanda, dipende (bel modo per non rispondere 😛 )
      Un po’ dipende dalle preferenze personali, secondo me ci scrive veloce è meglio che finisca tutta la prima bozza serba distrarsi, ci invece ha una scrittura più ragionata fa bene a rileggersi e chiedersi man mano, anche perché così magari vengono fuori altre idee.
      Poi dipende dal tipo di errori, quelli più strutturali è meglio correggerli subito, si rischia altrimenti di finire in qualche vicolo cieco, quelli più marginali possono tranquillamente aspettare.
      Correggersi aiuta anche a migliorarsi, quindi man mano gli errori saranno di meno (o lo stesso numero, ma più fini).

      • Silvia

        Come già rispondevo a Sandra, non posso che essere d’accordo sul fatto che bisogna fare delle distinzioni. Poi, come dici, tu, può diventare automatico il corregersi in corso d’opera. Io, per esempio, che nel lavoro di editing del mio romanzo ho fatto indigestione di avverbi da sistemare, ora, appena ne scrivo uno, sento suonare le sirene dell’allarme. La stessa cosa mi capita nei dialoghi, mi partono in automatico le domande: è verosimile? porta avanti la narrazione? inserisce nuovi punti di vista? e così via. 🙂

    • nadia

      Io personalmente scrivo di getto avendo in mente molto, ma non tutto. Correggo solitamente il giorno dopo le primissime pagine per ricollegarmi, perché almeno rinfresco la memoria e tengo vivo il senso del discorso. Poi finita la stesura originale sono solita far leggere al mio lettore beta, amica cara, ma lettrice molto critica e lì partono le sue considerazioni specifiche su come abbia perso il nesso con…abbia omesso di… etc etc, ricordandomi che ad un tratto Marco è diventato Vittorio e lei stessa ha capito che non sapevo scegliere tra i due nomi. Solo a quel punto mi rendo conto di essermi staccata dal libro, e di vederlo come una creatura a sè, nel mentre nemmeno se mi impegno!

      • Penso che lo scrivere, prendersi una pausa, ricontrollare e ricominciare a scrivere sia un buon metodo. Ti chiedo: lo applichi allo stesso modo con i racconti o anche con i romanzi? Perché per me il dubbio, nelle stesure che richiedono molto tempo e lavoro, sta tra lo spezzare troppo il lavoro e il tralasciare errori che poi in un secondo momento diventano difficili da sistemare o che rischio di dimenticare.

        • nadia

          Ovviamente con i racconti corti è più facile, vuoi che il messaggio è più immediato, vuoi che hai meno pagine da controllare…
          Per i romanzi, riporto parole non mie, ma della scrittrice Cristina Rava che conosco personalmente e mi ha regalato queste piccole accortezze.
          Organizzare un metodo di lavoro ;
          avere sempre presente il target a cui è diretto;
          organizzare la trama densa di avvenimenti interamente compiuta;
          stilare uno scheletro chiaro del progetto;
          fare una prima stesura grossolana;
          fare una prima revisione dopo almeno 10-20 giorni per dare una distanza emotiva;
          prepararsi a fare una severa pulizia del testo.
          Questo è molto complicato da mettere in pratica, vuol dire che il romanzo si ha in testa per intero, che si hanno le idee chiarissime, e … non è sempre così. Ma lei è una brava giallista, e concordo il giallo lo devi costruire con metodo.
          Non so se ti sono stata d’aiuto, in sostanza ognuno adotta il proprio metodo quando scrive, soprattutto con l’esperienza diventa un vero e proprio metodo sicuro e preciso.

          • Silvia

            Direi che grosso modo corrisponde a ciò che dice Salvatore nel suo commento. Credo che per il gialli, proprio per le loro caratteristiche peculiari, sia fondamentale una costruzione metodica. E’ pur vero che sono molti anche gli autori di mainstream che costruiscono la loro struttura portante prima di iniziare la stesura. Io devo dire che in effetti anch’io mi trovo meglio con questo sistema rispetto a quando andavo più a ruota libera. Per cui, grazie del tuo contributo. Ne terrò certamente conto.

    • Io sono dell’idea che il lavoro consegnato a un editor (volontariamente o meno) per lo scrittore debba già essere perfetto. Non consegnerei mai un lavoro di cui non sono sicuro, confidando nella bontà dell’editor. Tanto varrebbe che il libro lo scrivesse lui. Il conflitto con l’editor spesso nasce proprio dalla contrapposizione tra l’autore, che considera il proprio lavoro completo, e l’editor che, avendo un punto di vista esterno, vorrebbe fossero apportate delle modifiche. Al di là di questo, ricorda che sul manoscritto ci va il tuo nome. Quindi la responsabilità è tua.

      Detto questo, il lavoro dello scrittore si divide in parti o fasi. La prima fase prevede l’elaborazione dell’idea, la raccolta di tutto il materiale informativo necessario e una riflessione più approfondita possibile sui contenuti. La seconda fase è quella della scrittura di getto. La terza fase è un’attenta rilettura critica sul manoscritto ormai completato, andando a riscrivere anche intere parti. La quarta, prevede una lettura leggera, fatta di limature. Poi ognuno lavora un po’ come vuole. 🙂

      • Senza dubbio sono s’accordo sul fatto che, almeno per quanto nelle mie possibilità, l’errore vada sistemato prima di giungere all’editor. Tanto più che se l’editor è quello della casa editrice, con certi errori nemmeno ci si arriva dall’editor, per dire.
        La mia attenzione era più puntata su quale fosse il momento adatto per fermarsi a riflettere, ovvero se in corso d’opera o se terminata completamente la prima stesura. Dalla seconda parte del tuo commento direi che tu propendi per la seconda ipotesi. Sono d’accordo con te per quanto riguarda i testi brevi. Mi chiedo però, ed è il senso del post, se nella stesura del romanzo non vadano comunque fatte pause (alla fine di ogni capitolo?) per sistemare queste lacune. 🙂

        • Io non ho esperienza con i romanzi, quindi non mi spingo fino lì. Un po’ tutti gli scrittori, nei loro manuali, sostengono che la prima stesura vada scritta in fretta. Ora, i manuali vanno presi con le pinze. Tuttavia qualcosa di vero ci sarà. Aggiungo una considerazione: dire che la prima stesura vada scritta di getto, non significa che non serva avere già tutto chiaro prima di cominciare. Le fasi che ti ho descritto sono quelle che intendo seguire con il mio romanzo. 🙂

          • Io credo che, come in tutte le cose, ci sia una regola generale (quella dei manuali) che forse è quella che più si avvicina alla verità. Poi ci sono un’infinità di casi particolari che la regola non può prevedere, che non riguardano chi la applica, ma la situazione in cui la si applica.

      • Io sono dell’idea che il lavoro consegnato a un editor (volontariamente o meno) per lo scrittore debba già essere perfetto.
        Concordo, tutto poi è perfettibile all’infinito, e a un certo punto si dice stop, ma sperare nell’efficacia dell’editing partendo da qualcosa di molto provvisorio non è un buon punto di partenza.

    • Daniele

      La penso come Salvatore, anche secondo me il testo va mandato a un editor o a una casa editrice quando per l’autore è perfetto, ben sapendo che dovrà essere migliorato.
      Quindi incipit e dialoghi per me vanno sistemati.

      • Silvia

        Incipit e dialoghi penso che siano due tra gli elementi che una casa editrice osserva in modo particolare per valutare un romanzo. Quindi certamente vanno curati dall’autore. Quello su cui intendevo ragionare in modo più specifico è se correggerli, analizzarli o anche solo porsi il problema della loro efficacia già durante la prima stesura o se invece non posticipare queste domande a stesura ultimata.

    • Anche io mi muovo sulla stessa scia di Salvatore e Daniele. Penso che un romanzo debba arrivare all’editor già al massimo delle nostre possibilità (in scrittura tutto è perfettibile), però le questioni di cui parli le demanderei alla seconda stesura. Così ho deciso dopo che, per mesi, l’idea di correggere tutto e subito mi ha fatto perdere tantissimo tempo, anche perché io non faccio una progettazione serrata punto per punto, quindi ho bisogno di avere la storia tutta scritta per comprendere dove intervenire. Dialoghi e infodump possono aspettare. Però, al momento, è un altro aspetto a preoccuparmi. Dopo aver scritto buona parte della stesura, ho deciso che la prima sezione richiederà delle modifiche SOSTANZIALI. Ha senso andare avanti sulla base della nuova scaletta dopo aver stabilito che quanto scritto prima dovrà essere in parte stravolto? O è meglio tornare indietro e riscrivere già quelle parti, cosa che non ho alcuna voglia di fare? Ai posteri l’ardua sentenza. Nel frattempo ho deciso di scrivere altre scene per non rimanere bloccata. Mi sto dedicando addirittura al climax… 😀

      • Ancora una volta anticipi il contenuto del mio prossimo post (ma sei troppo avanti!! o io sono prevedibile?), che in effetti riguarderà le modifiche strutturali. Per quanto riguarda invece le modifiche più circoscritte mi pare che tu abbia la stessa opinione di Salvatore, cioè che va privilegiata la stesura di getto senza troppe interruzioni. Ci rifletterò. 🙂

    • Certi errori li devo correggere a tutti i costi all’istante. Lo so che si dice di scrivere e di infischiarsene di quello che l’occhio vede: non ci riesco. Errori, refusi o ripetizioni li devo eliminare all’istante. Questo rallenta la scrittura? Certo, ma non so cosa farci.
      Dopo, un po’ di tempo dopo, io mi affido alla stampa e alla lettura ad alta voce. Questo aiuta a scoprire altre ripetizioni o orrori di vario genere. Non che io abbia un orecchio musicale, ma leggendo ad alta voce saltano fuori suoni che mi fanno impallidire e sgranare gli occhi. Provare per credere 🙂

      • Ho sperimentato da poco la lettura ad alta voce. Prima avevo una specie di imbarazzo a farlo. In effetti, funziona. 🙂

    • Io sono tra quelle che “rivede” mentre scrive. Ho bisogno di tornare spesso sui personaggi, sulle descrizioni, sulle cose dette e quelle taciute. In revisione, di solito, mi occupo più della forma, dei dettagli e, se devo, cambio i nomi. Ma è difficile farlo, quando mi affeziono non so come fare ad abituarmi a un altro. Con il primo romanzo ho osato, con gli altri no. Come sono nati, tali sono rimasti. 🙂

      • Silvia

        Anch’io penso che un personaggio nasca con un nome e cambiarlo in seguito è un po’ come cambiargli l’identità.
        Mi sto chiedendo se, per quanto riguarda me, il bisogno di rivedere subito non nasca da una sorta di insicurezza, quasi come se non mi fidassi di me. Mah! Penso che ci scriverò un post. 🙂

    • Io sono dell’idea che la storia vada scritta seguendo l’istinto, che non significa necessariamente di getto, ma senza fissarsi sulle paturnie dei particolari da limare subito. Sono convinta che si perda tempo a sistemare cose che poi, magari, più avanti si è costretti a modificare se non addirittura eliminare. Allora, mentre rileggo riempio la pagina di asterischi sui punti dove dovrò tornare per intervenire in maniera diversa.
      Certo, se sono parti sostanziali ci lavoro subito, un cambio di direzione, un’inversione di marcia, quelle sono cose su cui non si può sorvolare se no si rischia lo stravolgimento dell’intera storia, ma dove si tratta di dialoghi o lungaggini o descrizioni deboli… li evidenzio per metterli sotto torchio in una seconda fase della stesura.
      Ho un’abitudine, tuttavia: se per esempio sono al capitolo 6, quando mi siedo per continuare rileggo il precedente capitolo, spesso mi capita di correggere in maniera naturale le cose segnalate perché a mente fresca le idee si chiariscono meglio e danno più frutto!

      • Anch’io ho l’abitudine di riprendere l’ultimo capitolo prima di continuare. In effetti funziona da prima correzione e ci reintroduce nel discorso che avevamo lasciato in sospeso.
        Utile il tuo metodo degli asterischi, cosa che effettivamente permette di proseguire senza bloccare la scrittura di getto ma che allo stesso tempo permette di non tralasciare qualche punto debole. Penso che la adotterò anch’io. Ottimo suggerimento, grazie! 🙂

    • Direi che già gli altri hanno risposto esaustivamente con un “dipende” 😀
      Dipende da come ci troviamo meglio a lavorare per la nostra personalità, dipende dal tipo di testo che abbiamo tra le mani, dipende dal tempo a disposizione, dipende dall’ispirazione (quando c’è, non frenarla).
      In fondo, tutto quel che hai segnalato può essere rivisto dopo: Incipit poco accattivante (si può anche ripensare alla fine), Dialoghi piatti (io li lascio parlare come due persone normali, che a volte sono anche “piatte”), Lunghe digressioni o eccessive spiegazioni (si sente solo con molto distacco o con un beta reader), Scelta dei nomi dei personaggi (per me nascono già battezzati), Modi di dire e cliché (non li uso normalmente, non li so, forse per quello non mi cascano nelle pagine).
      In ogni caso, a cancellare si fa sempre in tempo.

      • Esatto: a cancellare si fa sempre in tempo. Il problema è quando l’errore porta a riscrivere parti fondamentali. Ma di questo parleremo nel prossimo post. 🙂

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
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