Dubbio n. 27: quanto possiamo plasmare il nostro stile?

Indice dei Contenuti

    Ventisei dubbi fa, proprio alla prima puntata della mia rubrica, mi chiesi se noi aspiranti scrittori (e io in primis) conoscessimo il nostro stile.

    Allora sostenevo che conoscere il proprio stile è uno dei primi passi per poter iniziare a scrivere un romanzo. E ne sono ancora convinta. Tuttavia mi rendo conto, proprio leggendo quel post, di quanto sia cambiato in questi mesi il mio modo di scrivere.

    Ma ciò che appare più paradossale è che, mentre allora avevo la convinzione di poter conoscere il mio stile, oggi lo riconosco cambiato (oserei anche dire in meglio) ma fatico a riconoscerne i tratti distintivi. E non parlo solo di scrittura per il web, anzi.

    Raramente pubblico racconti. In questo blog ne ho pubblicati solo due. Ne ho pronti altri due o tre, ma li riservo per momenti migliori: ci metto talmente tanto tempo a raggiungere un risultato soddisfacente che preferisco centellinare anche la pubblicazione riservandola a situazioni adatte.

    Tuttavia, al di là del grosso lavoro di lima che è ormai diventato consuetudine, la mia mente ha selezionato il modo di scrivere, eliminando almeno in parte quelle che consciamente ho iniziato a ritenere delle brutture.

    So, per esempio, di avere una prosa molto più scarna, essenziale. Con il rischio di apparire perfino fredda. Ho tolto molto di me alla mia scrittura e ho cominciato a lasciare spazio alla storia, senza che io intervenga. E non parlo solo di quelle che potrebbero essere considerati commenti, ma proprio per quanto riguarda lo stile.

    In quel post sostenevo che spesso lo stile è anche un’emanazione del proprio carattere: nel mio caso riconosco che il mio essere prudente e moderata per quanto riguarda le mie opinioni nella vita reale, si ribalta anche sulla scrittura dove la prosa a volte potrebbe apparire insicura. Allo stesso tempo i miei lunghi giri di parole potrebbero essere  il risultato di una predisposizione mentale alle lunghe elucubrazioni. Ma, diciamocelo: in narrativa son cose brutte.

    Voglio dire: salvaguardare le proprie caratteristiche e dare una personalità alla propria prosa non può comunque giustificare  abitudini o vezzi che finiscono per impoverire la prosa o per renderla troppo contorta o, ancora, per renderla noiosa.

    Viceversa, allora, diventa necessario capire quali siano i punti di forza e come possano essere messi in luce.

    L’esempio altrui: come crescere senza copiare?

    Come dicevo sopra, ora che il mio stile inizia ad essere più sciolto o, per lo meno,  a liberarsi di alcuni difetti, non lo riconosco più.

    Ho letto molto e, soprattutto, studiato in questi mesi: ho analizzato la scrittura altrui per capirne i punti di forza e sulla base di ciò che ho visto fare dagli altri, ho limato le mie caratteristiche.

    Il dubbio che però si è instillato in me (tanto per cambiare!) è se sia possibile imparare dagli altri senza correre il rischio di diventare una brutta copia.

    Copiare non mi è mai piaciuto, non solo per un discorso etico, che è comunque importante, quanto perché ho sempre dato molta importanza in ogni forma espressiva all’originalità. Anzi, con un po’ di superbia mi piace pensare: io sono io, non voglio essere uguale a nessun altro.

    Eppure l’abitudine a leggere testi in una certa ottica, sebbene senza subirli, mi porta a registrare mentalmente gli aspetti che più mi colpiscono e a farli miei.

    quanto è possibile plasmare il proprio stile?

    Detto ciò, è anche vero che il nostro cervello continua a immagazzinare informazioni che abbiamo selezionato attraverso l’osservazione e l’esperienza e, di conseguenza, il nostro stile, che è sempre in evoluzione, è il risultato di tutto ciò che si è stratificato giorno per giorno.

    noi siamo il nostro passato

    Henry Bergson

    Personalmente ritengo che anche per quanto riguarda il nostro stile, sebbene la mente non sempre ne abbia coscienza né memoria, ogni esperienza, al di là delle singole inclinazioni e doti personali, abbia contribuito a plasmarci.

    Quindi il tentativo di modificare e migliorare la propria narrativa non è un’azione legata esclusivamente alla volontà, ma è il risultato inevitabile di un processo lento e inesorabile.

    Che mi piaccia o no, se continuo a leggere un determinato autore, un po’ del suo stile andrà a condizionare il mio.

    Ma non solo questa parte attiva influisce sullo stile: provate a pensare all’influenza dell’età sul nostro modo di scrivere. Sebbene una persona non avesse mai fatto alcun esercizio di scrittura, rileggendo un testo scritto 10 o 20 anni prima non si troverebbe nello stile di allora.

    E così via. Infinite sono le variabili che costituiscono a plasmare il nostro stile, senza che noi possiamo farci più di tanto.

    La domanda successiva diventa, quindi, quanto possiamo volontariamente decidere di incidere sul nostro stile e fino a che punto sia giusto farlo.

    Non so voi, ma io ho le idee ancora più confuse di prima.

    Voi, come lavorate sul vostro stile?  E, soprattutto, vi ponete queste domande?

     

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    26 Comments

    • Credo di essermele poste all’inizio. Poi sono passato a studiare le strutture narrative; quindi la struttura della frase e il linguaggio; per approdare infine alla linguistica e ai vocaboli. Per un po’ ho tenuto un taccuino su cui annotavo vocaboli desueti in cui, di tanto in tanto, mi imbattevo. Poi ho capito che arricchire la narrazione con parole passate in disuso da almeno due generazioni era solo, nella maggior parte dei casi, un tentativo di mascherare un vuoto di contenuti. Adesso sono più interessato alla storia in sé, cioè al materiale da plasmare, senza la quale semplicemente non c’è narrazione. Per quanto riguarda il mio stile, dando per scontato che io sono io, sono in grado di alternare un asciutto minimalismo a un ricco e prolisso barocchismo: dipende molto da cosa devo scrivere. Semmai la domanda giusta da porsi è: ma è la storia a doversi adeguare allo stile dello scrittore, o dev’essere lo stile dello scrittore a doversi piegare alle esigenze narrative della storia?

      • Suggerisci un’ottima domanda. Sarebbe il caso di riprenderla in una puntata futura dei dubbi del giovedì. 🙂

    • nadia

      Assolutamente sì. Me le pongo e mi ritrovo molto in quello che hai scritto.
      Quando ho iniziato il mio percorso da scribacchina ho scritto di getto ed il risultato mi sembrava perfetto, poi ho fatto leggere e notato che le precisazioni rivolte erano pertinenti e corretto modificando anche lo stile. Quando ho ripreso in mano per l’ennesima volta il racconto in questione l’ho ancora visto sotto una luce diversa e perfezionato secondo quello che al momento mi pareva lo stile giusto.
      Tutto insomma dipende dalla crescita personale, dal gusto che primeggia dentro, dalla gradevolezza che ne traspare. Proprio perché non esiste l’assolutismo dello stile, ma solo la moda, la direzione. A meno che non si esca da una scuola, fisica o di pensiero, e non la si segua come imprinting direzionale. Secondo me è piuttosto normale modificare il proprio stile alleggerendo la forma, riducendo le perifrasi inutili.

      • Sì certamente non esiste uno stile assoluto. L’importante è avere la sensazione di continuare a crescere e di trovare il proprio marchio distintivo.

    • Io noto una parte innata, che mi viene naturale in ogni scritto, a prescindere da come io mi ponga e dall’argomento. Ironia, per esempio, e dialogo con il lettore. Mi piace anche plasmarlo, però, e spero che dai primi componimenti io sia riuscito anche a farlo crescere. Non sono un grande sostenitore della teoria (magari mi sbaglio), più della pratica e dell’esperienza.
      Infine, adoro scrivere fiabe proprio perché sono costretto ad adottare stile, linguaggio, vocaboli completamente differenti 🙂

      • Veramente tu che sei autore de “La teoria del tutto”, credi più alla pratica che alla teoria?
        A parte gli scherzi, mi ha sorpresa la recente scoperta che ti dedichi alle fiabe. La trovo una cosa molto bella. 🙂

        • Daniele Savi

          Le adoro, perché si può giocare liberamente. A un bimbo non importa la credibilità di una montagna dalla quale scendono fiumi di cioccolata o di un dinosauro che riesce ad entrare in razzo spaziale per andare su Marte. Gioca con la fantasia e basta 🙂 Tra l’altro proprio su fiabe e racconti verte uno degli aspetti di un progetto di storytelling più ampio che sto “incubando” con la mia associazione…per ora in stadio embrionale, ma chissà, può darsi che nei prossimi mesi possa vedere la luce 🙂

    • Daniele

      Più si legge e più ci si allontana da possibili emuli. Per me è normale, agli inizi, imitare lo stile di qualche autore che abbiamo apprezzato. Ma via via che si legge e si scrive, lo stile cambia fino a diventare personale.

      • Quindi ho ancora speranze… 😛

    • Io in realtà queste domande non me le sono mai – o quasi – poste. Né quando scrivo né quando revisiono penso molto allo stile. Sì, cerco di raggiungere la scorrevolezza, di essere chiaro, a livello sintattico cerco di evitare le costruzioni troppo complicate, e grammaticalmente quando rileggo cancello quasi tutti gli avverbi. Ma lo faccio perché secondo me il testo guadagna, non penso mai “questo passaggio rientra nel mio stile, quest’altro no” oppure “questo sembra un po’ nello stile di un altro scrittore”.

      Il mio approccio sullo stile è all’insegna della naturalezza, senza troppi pensieri o seghe mentali. Poi magari sbaglio, ma io penso che il modo migliore per avere uno stile personale è non pensarci affatto. Del resto si dice spesso che lo stile dello scrittore è la sua voce: visto che quando si parla non si pensa alla propria voce (magari a ciò che si dice e anche al tono, ma non al timbro, e sicuramente non a dover distinguere la propria intonazione dagli altri!), così si dovrebbe scrivere. Ma ovviamente questa è solo una mia idea personale 🙂 .

      • Probabilmente l’approccio migliore è proprio quello di non farsi troppe domande (a riuscirci!). Del resto non si può sezionare il proprio stile per capire quanto è innato, quanto è derivato dallo studio e quanto dall’emulazione. Anche perché una risposta non c’è. 🙂

    • Io devo ancora trovare una definizione di stile, figuriamoci 😀 per ora sono al livello questo stile mi piace, questo no 😛

      Però che ti influenzi lo stile di un autore che ti piace mi pare normale, se ti piace ci sarà una ragione, no?

      • Sì, il subire un’influenza è normale e, anzi, può anche essere utile se serve a far crescere il proprio stile.
        A volte però temo che possa risultare più una specie di plagio. Ma questo fa parte delle insicurezze da scribacchina in erba. 🙂

    • Assecondare il proprio stile innato: nel mio caso dramma/ironia, smussando gli spigoli e in questo può essere d’aiuto un buon editor, che evidenzia pregi e difetti. Sempre nel mio caso talvolta l’eccessivo uso di vezzeggiativi: divanetto, pochetto, e di suoni onomatopeici sciummm, bruuuum. via via tutto questo.
      Nel tempo in maniera del tutto inconsapevole mi sono avvicinato allo stile di un autore che amo molto Nick Hornby, e quando nei giorni scorsi mi è stato detto “in questo pezzo hai fatto come fa Nick Hornby e ti è riuscito benissimo” io che a quel punto della scrittura non stavo realmente pensando a Hornby ma ho ottenuto un fantastico risultato ho esultato.
      PS. Tutto a posto che hai postato con un giorno di ritardo? (Non ti sto sgridando, eh. ma sono desidero essere rassicurata.) bacione

      • Beh, il tuo stile è inconfondibile, ormai lo riconosco subito. Ecco, anche su questo mi verrebbe da chiederti quanto ha giocato il ruolo di CBM sulla definizione del tuo stile e, in particolare, come ha lavorato su questo.

        Ps. Fa piacere se qualcuno nota il ritardo nella pubblicazione. E’ un bel segno di interesse. In realtà è stato un problema al blog per un casino che ha fatto il gestore dell’hosting. Combinazione ero fuori sede e solo venerdì ho potuto riprogrammare il post. Grazie dell’interesse. 😉

    • Lo stile di scrittura evolve nostro malgrado, io me ne rendo conto leggendo i racconti che ho scritto qualche anno fa e che adesso riscriverei in modo diverso. Il cambiamento (spero in meglio) è inconsapevole, almeno per me, infatti non mi pongo il problema mentre scrivo, poi però rileggendo e revisionando mi rendo conto che la mia scrittura è diventata più matura.
      Influisce sicuramente anche quello che leggo, più leggo più imparo, spero…

      • Certamente le letture influiscono molto. E come dici tu, probabilmente si tratta di un cambiamento lento e inconsapevole.
        Potrebbe essere un esercizio interessante quello di riprendere racconti vecchi e riscriverli davvero.

    • Si, lavoro sulle stile, ma in maniera inconscia. E’ vero che leggendo assorbiamo lo stile dell’autore, ma a volte va anche forzato questo processo. Il problema per esempio di scrivere le avventure di Pàtton (che “entra” nei buchi narrativi dei libri altrui) è amalgamarlo con lo stile del libro originale, pur tenendo il profilo ironico. Solo che se lo vuoi ottenere davvero, non è così semplice. Infatti sono ferma sul terzo racconto… perchè la scrittrice non ha scritto più niente, e quindi devo rileggermi ciò che già conosco e mi viene a noia.
      Quindi, se forzandolo, non riesce, mi viene da pensare che al contrario non assorbiremo mai totalmente lo stile altrui da prevaricare il nostro, che dipende dalla somma delle letture e dei generi che ci piacciono. Alla fine però come Salvatore cerco di lasciarmi guidare dalla storia: alcune vogliono più dialogo e meno salamelecchi, altre invece necessitano di ritmo più lento e rasi più lunghe, paciose. Ma alla fine scrivo come mi piacerebbe leggerlo.

      • Ecco sì, ci sono situazioni in cui lo stile personale può richiedere quella tu chiami forzatura per rientrare nel genere o nella situazione proposta dalla storia.
        Interessante ciò che dici: alla fine scrivo come mi piacerebbe leggerlo.

    • Io ero convinta di aver cambiato stile nel tempo, soprattutto di essere diventata più essenziale. E invece qualche tempo fa mi è capitato tra le mani un racconto che ho scritto intorno ai diciotto anni e sono rimasta allibita: lo stesso stile! Mi sono riconosciuta subito. Certo, forse alcune cose sono cambiate (per fortuna!), però secondo me l’impronta che abbiamo nella scrittura non varia più di tanto. Secondo me si forma a un certo punto della vita e poi si modifica di poco. Di certo le letture ci influenzano e inconsciamente siamo portati a imitare certi autori che ci colpiscono, ma non credo al punto tale da stravolgere il “modello” personale.

      • Io credo che lo stile (così come il carattere) si formi da una componente innata o genetica e da altre componenti dovute alle circostanze concomitanti (studio, esperienza, incontri etc etc).
        Ed è molto bello quando ci si accorge che quella parte innata, che poi è la base, riesce ad emergere e a rimanere riconoscibile.

    • Il mio stile cambia nel tempo seguendo le sue misteriose vie, come credo succeda a tutti, e in generale lo lascio fare. E’ una tale forzatura cercare di controllarlo che temo sia controproducente. Durante la revisione però non mi risparmio, leggo ad alta voce, pulisco, taglio e rigiro, fino a quando non sento che il suono mi convince. So che in futuro troverò lo stesso dei difetti, rileggendo, ma va bene così. Anche i gusti cambiano nel tempo.

      • I gusti cambiano e, come a volte certe letture non ci soddisfano più, allo stesso tempo anche ciò che scriviamo subisce lo stesso cambio di rotta.
        Il lavoro di lima (o di machete) credo che in fondo serva anche a plasmare lo stile: certi errori che si sono eliminati in quella fase contribuiscono a formarci un’esperienza tale per cui in altre situazioni non rifaremo più lo stesso errore.

    • C’è una base fissa che non è cambiata nel tempo: lo stile, secondo me, è connaturato nella persona, si sviluppa in base al suo modo di essere, forzarlo renderebbe artificiosa anche la sua scrittura. Tuttavia leggere ciò che è nelle nostre corde aiuta a perfezionare quello stile: non è proprio un’imitazione, è più un esempio dal quale attingere per migliorarsi. Io faccio questo: quando trovo che lo stile di un autore mi piace e mi appartiene ne colgo gli aspetti più riusciti e provo a farli miei, adattandoli al mio modo di scrivere.
      Forse adesso sto capendo in che maniera mi piace farlo.

      • Ecco, brava. Come dicevo rispondendo ad altri commenti, anch’io credo che ci sia una base di partenza su cui poi si va a lavorare.
        Del resto anche cogliere gli aspetti più riusciti in opere altrui non è affatto facile. E farli propri ancora meno. Per questo è un percorso lungo e inesorabile.
        Però, alla fine, dà tanta soddisfazione. 🙂

    Lascia il tuo commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Potrebbero interessarti:

    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

    Post Recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Come se fossimo già madri

    Silvia Algerino

    Restiamo in contatto?

    * indicates required

    Per favore, scegli i contenuti che ti interessano:

    Puoi cambiare idea in qualsiasi momento: il tasto per l'annullamento dell'iscrizione è piè di pagina di ogni email che ricevi da me. Oppure scrivimi a privacy@silviaalgerino.com. Per altre informazioni visita il mio sito web. Cliccando qui sotto, mi autorizzi a gestire i tuoi dati nel rispetto della legge. Grazie di cuore.

    Utilizziamo Mailchimp come piattaforma di marketing. Cliccando qui sotto per iscriverti, accetti che le tue informazioni verranno trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Scopri di più su come Mailchimp gestisce la tua privacy.

    Intuit Mailchimp

    Restiamo in contatto

    Iscriviti alla newsletter (e niente spam).

    Yeah! Ora sei dei nostri. Ops! Qualcosa non va. Mi spiace! :(
    Edit Template

    Articoli recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Contatti

    Silvia Algerino

    silvia@silviaalgerino.com

    P. IVA IT 02613430020

    © 2014 Created by Silvia Algerino – 2023 Updated by Silvia Algerino