Dubbio n.21: scrivere è un atto d’amore o di egoismo?

Indice dei Contenuti

    Ognuno di noi aspiranti scrittori, almeno una volta nel corso della propria vita letteraria, si è chiesto quale sia il motivo che lo spinge a scrivere.

    Personalmente ho smesso di farlo nel momento in cui mi sono resa conto che le mie storie, per essere vere storie, dovevano avere una vita loro, indipendente da me. Un po’ come accade con i propri figli nel momento in cui ti rendi conto di essere il loro porto sicuro, ma non certo il loro mare.

    Ciò non toglie che, se mi chiedo che cosa ha rappresentato fino ad ora la scrittura per me, le risposte sono numerose.

    Da bambina iniziai a scrivere per sentirmi grande, almeno credo. Scrissi il mio primo racconto su fogli a righe di terza elementare pinzati tra di loro. Non ricordo di che cosa parlasse il mio racconto, forse naufraghi e marinai, ma ricordo benissimo che mio nonno lo prese in mano stupito, lo lesse tutto d’un fiato e poi mi disse, senza mezzi termini, che era una porcheria. Lì iniziarono a crescere le mie proverbiali spalle larghe. Anche perché era mio fratello il predestinato a diventare un giornalista, io, al massimo, maestra elementare. Da bambina non sapevo ancora che ciò che la famiglia dispone per i figli non è necessariamente destinato a diventare realtà, e per fortuna.

    Così poi continuai a scrivere per sfida ed emulazione assieme: volevo diventare brava quanto mio fratello che, nel frattempo, si era guadagnato una segnalazione dal direttore del giornale locale partecipando a un concorso pur non avendone i titoli perché aveva solo sedici anni.

    Al Liceo vinsi una borsa di studio per il miglior tema di italiano della mia scuola e pensai che avrei potuto diventare insegnante di Letteratura Italiana. Per questo poi proseguii gli studi frequentando Lettere Classiche che, a detta comune, ti dà come unico sbocco lavorativo l’insegnamento. Nemmeno quello poi fu il mio destino, ma va bé, a scrivere continuai comunque.

    Negli anni dell’Università non scrissi nemmeno una riga. Dovevo studiare studiare studiare con l’ossessione di non perdere tempo. Tanto che poi a 24 anni ero già laureata senza avere nient’altro da fare.

    Forse ripresi a scrivere proprio perché non avevo niente di meglio da fare.

    Quando finalmente trovai l’ambito posto fisso iniziò una sorta di insoddisfazione: che cavolo ci facevo tutto il giorno in un ufficio a emettere bollette dei rifiuti e controllare i pagamenti dell’ICI? Fu così che la scrittura divenne consolatoria. Un’accozzaglia di pensieri tratti dalla mia vicenda personale e vestiti con i panni di un’altra me. Forse più bella e intraprendente, ma comunque ugualmente banale.

    Qualcosa poi cambiò. Ma fino a questo punto della mia storia (noiosa, tra l’altro. State ancora qua a leggere??)  sono già chiari i motivi per cui in passato ho scritto:

    • bisogno di sentimi adulta
    • accettazione famigliare e/o sociale
    • sfida e emulazione
    • consolazione

    Ora finalmente ho capito che scrivere mi appaga quando non ha un secondo fine. Quando scrivo perché mi piace, non perché ne ho bisogno.

    E’ un po’ come una storia d’amore: sono convinta che quelle folli storie d’amore di dipendenza e disperazione siano la cosa più lontana possibile dall’amore vero. Amore non è possesso, amore è lasciare libero l’altro di andarsene.

    Ecco io vorrei vivere così la scrittura: come un grande amore libero. Non scrivo più perché non posso farne a meno, scrivo perché ogni giorno sento che è ciò che desidero fare.

    Tuttavia l’atto di scrivere, pur eliminati i secondi fini, ha delle conseguenze. Narrare è la prima ed elementare forma di comunicazione. Si pensi a una mamma che racconta una favola al suo bambino prima di addormentarsi: quanti messaggi passano attraverso una semplice storia. Prima di tutto sono messaggi di accudimento di chi si prende cura di un altro essere umano, poi di affetto, di consolazione, di accettazione. Che, a ben pensarci, erano proprio quelli che io cercavo, egoisticamente, nella scrittura. Cioè scrivevo per me e non per chi mi avrebbe letta.

    Ma ogni atto d’amore conserva in sé una parte egoistica, quella che ci porta a desiderare di avere per noi l’oggetto del nostro amore. Ed è persino presuntuoso nel momento in cui crediamo di essere in diritto di amare.

    Che diritto abbiamo, in fondo, di scrivere? Abbiamo diritto di toccare la vita altrui con le nostre storie? Scrivere è un atto d’amore? Nell‘intervista che ho pubblicato questa settimana a Serena Bianca De Matteis, questa  domanda è sorta spontanea nel momento in cui ho osservato che il suo romanzo era un regalo per una persona speciale. Per chi non l’avesse letta, Serena ha risposto:

    Senza dubbio. Amore per noi stessi in primo luogo, perfino un atto di egoismo, forse. Amore per una persona particolare, alla quale pensiamo quando scriviamo. Amore per il lettore, soprattutto in fase di editing. Se ho bene in mente il mio lettore ideale, quando scrivo penso a lui, non ad autocompiacermi della mia prosa elaborata… E torniamo all’uso del machete. Inoltre, pensa a quanta gioia e a quanto sollievo può dare una bella storia ad un’anima sofferente o dubbiosa.

    Forse la sua è la risposta più azzeccata.

    E voi come la pensate? Scrivere è un atto d’amore o d’egoismo?

     

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    33 Comments

    • Tiziana

      Amore per me stessa.. un egoismo puro e crudo.
      Quando però scrivo per altri o per un fine,allora credo che sia un atto d’amore.
      Come un grande amore,si prende e si dà.
      Mi ci rivedo nella tua esperienza, fare altro,ma poi non poter fare a meno di prendere una penna per scrivere,anche se,spesso e volentieri, ho pensato di essere presuntuosa nel farlo.Non ho un percorso così stabile e di tutto rispetto dal punto di vista culturale, ma poi passa e “francamente, me ne infischio”.
      Sono anche sicura,che è propria la mia vita e le varie esperienze,-complicate – il mio romanzo più bello. Detto in confidenza avrei paura a farlo leggere,non certamente a scriverlo.
      Egoisticamente, lo scriverei per me stessa come il più bel atto d’amore che mi riservo per l’età matura .

      • Silvia

        Sicuramente, qualsiasi sia il motivo per cui si scrive, è un atto d’amore verso sé stessi. Ed è anche bello che sia così.

        • Tiziana

          Hai ragione.

    • Un atto di egoismo, perchè lo scrittore ruba le parole e le imprigiona sulla carta.

      • Le ruba, sì, ma poi le restituisce a chi vuole leggere.

        • Già, ma è lui che impone l’ordine, se non è egoismo questo? 😀

      • Imprigionate sulla carta, però, sprigionano emozioni. Stimolano viaggi.

    • Quando mi hanno chiesto se scrivere è una vocazione/una missione, ho risposto di andarci piano coi paroloni che le vocazioni sono altre, andare in Africa a portare cibo, ad esempio, non certo mettersi nel chiuso della propria casa scrivere. Dissi che è una voglia, una voglia che ho, ce ne sono tante e io ho questa. Semplice, e che cerco di farlo al meglio.
      Per il resto ci sono motivazioni molto intime: il riscatto dalla cose andate storte è molto importante per me, per questo probabilmente quando il successo non raggiunge le vette che vorrei ci soffro in una maniera che potrebbe sembrare sproporzionata, mi dico: ma come tu, libro, dovevi essere il conforto e la riparazione diventi il problema stesso?

      • Certo, una missione è altra cosa.
        Il libro, forse, diventa il problema quando gli chiediamo qualcosa che non può darci. Personalmente credo che, per quanto ti riguarda, la consapevolezza di avere scritto qualcosa di valore (come è indubbio che sia) potrebbe essere il vero riscatto dalle cose andate storte. 🙂

    • Ciao!
      Interessante e per niente facile come quesito.
      Nella scrittura si apre un mondo, di contraddizioni, di pulsioni di contrasti. Spesso irrazionale e poco controllabile. Non credo, almeno nel mio piccolo caso, di controllare consapevolmente un atto, che abbia una sua linea etica di fondo, ma di essere soggiocato da una sorta di particolare schiavitù, che paradossalmente mi rende libero e più vivo. Mi dà la possibilità di assaporare e gustare meglio il mio presente, con la possibilità di trasformarlo e di alterarlo nei processi di finzione in cui mi imbatto. Credo che in questi processi entrino in gioco diverse dinamiche. L’amore, sicuramente. Amore per questa sorta di maledizione e di singolare schiavitù, come per il rapporto che instauro con la mia persona impegnata, se non dilaniata, in queste oscure dinamiche. Ma anche amore per la vita che sento di esprimere con le mie parole. Egoismo, possibile, ma non saprei. Di certo la fase di soggiocamento a una schiavitù mi porterà a sacrificare alcuni spazi, anche a persone, a situazioni. Le priorità cambiano. Questo fa parte del gioco, purtroppo. Vi è sempre un prezzo in ogni tipo di percorso quando è molto intenso e bruciante. La ricerca in un percorso del genere sarà forse legata anche al tipo di maturazione della persona, al suo equilibrare quella sorta di etica individuale e nello stesso tempo di sprofondare nel suo abisso creativo. Mann ne parlava in “Morte a Venezia”, in relazione ai rapporti complessi dell’etica di un uomo e delle esigenze di un artista.
      saluti e in gamba

      • Ciao Luigi. Ecco, ma in tutto questo insieme di sensazioni che ben descrivi, non trovi che ci sia una grande affinità con un rapporto passionale e tormentato verso il proprio partner?

        • Ciao, Silvia.
          Sinceramente non ho mai pensato a questa prospettiva, non l’ho mai avvertita su di un piano relazionale di natura più o meno passionale, sentimentale, ma più come un tormento interno dell’individuo e della persona verso strati diversi e nebbiosi, poco definibili. Avverto di più la verticalità di un piano altro, oscuro e trascendente, riguardo alle dinamiche e alle problematiche della scrittura, che l’orizzontalità dialettica di un piano umano, con le sue possibili e tormentate situazioni.
          In ogni caso la tua è una riflessione interessante, certo. Un’altra apertura.
          saluti e buona giornata

    • Quando da piccolino ho scritto la mia “prima grande opera” l’ho fatto perché mi faceva sentire adulto farlo, mi dava quell’impressione lì. L’ho fatto anche perché volevo imprimere il mio punto di vista su una cosa esterna da me, su cui però avevo il controllo. L’ho fatto anche perché i miei genitori mi guardavano come un alieno, con quel dubbio negli occhi: «Abbiamo creato un mostro?», e la cosa mi divertiva. L’ho fatto perché volevo essere diverso da loro – mia madre ha la prima media e mio padre la quinta elementare, e sono i più istruiti delle loro rispettive famiglie – soprattutto perché mi sentivo diverso da loro. L’ho fatto perché mi riusciva. Alcuni miei compagni di gioco era più veloci a correre, o venivano tenuti in maggiore considerazione dagli altri quando proponevano un gioco. Io ero bravo a inventare storie. E tutti, prima o poi, finivano per partecipare alle mie trame. E quando, infine, vedevo che ognuno di loro ampliava autonomamente un pezzo di storia, io mi tiravo indietro e stavo lì a guardarli, compiacendomi per ciò che avevo creato. Non so se questo risponde alla tua domanda. Forse non c’è risposta.

        • Boh… forse perché c’è qualcuno disposto a leggermi. Se nessuno ti leggesse scriveresti lo stesso?

          • Dipende. A ben pensarci la scrittura non è solo comunicazione, è anche memoria. La scrittura implica la relazione scrittore-lettore, ma il lettore può anche essere lo scrittore stesso e ciò diventa memoria personale. Per questo credo che il desiderio di essere letti sia un passo dopo. Cioè sia una conseguenza, non tanto una causa. Certo, non credo a chi scrive per tenere il proprio romanzo nel cassetto, ma non credo neanche che la lettur altrui sia la spinta iniziale che induce a scrivere. E’ prima di tutto affermazione di sé stessi verso sé stessi, poi verso gli altri.
            Comunque sì, penso che scriverei lo stesso. Del resto la gran parte di cose che scrivo non le legge nessuno. 😛

    • nadia

      Posso dire con tutta franchezza che la mia motivazione è stata inizialmente di mettere in luce aspetti di me che nessuno vedeva.Il bisogno di riscatto è grande e scrivere mi lascia libera di provarci. Non assicura però nessun margine di riuscita e mi mette in gioco. E’ adrenalinico. Quindi di certo lo porto avanti come atto egoistico.
      Però il mio primo libro l’ho dedicato a mia madre ed i miei figli perché è stato un atto d’amore nei loro confronti. Ed è un atto d’amore costante verso me stessa scrivere…non è forse il più grande atto egoistico l’amore?

      • Come ho già risposto sopra, sì, credo anch’io che sia un atto d’amore verso se stessi. Forse in questo consiste l’egoismo. Però può esserlo anche nei confronti degli altri. E forse il binomio amore-egoismo è inscindibile.

    • I motivi per cui si scrive sono sempre in evoluzione. Quando sei adolescente scrivi per sfogarti (Caro Diario, oggi mi ha guardato! E sorriso! Ti rendi conto??), poi scrivi perchè un libro che hai letto finisce male e tu pensi che la storia non doveva finire così di merda (e lì nacquero le fan fiction), poi scrivi perchè qualcuno te l’ha consigliato come terapia (dal momento che questo mondo non si può cambiare, fatemene almeno creare uno tutto mio), a volte scrivi perchè davvero avresti voglia di staccare la testa a morsi a qualcuno però è illegale (ma puoi scriverlo!)
      E poi qualcuno ha detto “Scrivi la storia che vorresti leggere” e siccome davvero ancora nessuno l’ha scritta (quella, e un altro paio), porcaccia, mi tocca fare la fatica di scriverle da me… Che se le trovavo già pronte, era meglio, no?
      E poi si, man mano che vai avanti, ti rendi conto che ci godi di brutto a trattarli male (o bene) sti personaggi. Speriamo solo che non escano dalla pagina.
      Beh…uno in particolare non mi dispiacerebbe che uscisse dalla pagina 😀 😀 😀

      • A ben pensarci, molti analisti consigliano la scrittura come terapia. Non lo dico scherzando: niente come mettere sulla carta le proprie emozioni aiuta a riconoscerle e ad accettarle. E forse sì, anche trasformare le persone in personaggi ci permette almeno di sognare ciò che nella vita reale non possiamo avere.

      • Ah, il potere liberatorio di una fanfiction!
        Io una volta ho fatto rinsavire Ned Stark e resuscitato Lady, in una flash di 500 parole. Mamma mia, dopo mi sentivo molto meglio XD

    • Però tuo nonno è stato crudele, non si uccidono i sogni letterari di una bambina di terza elementare! Io avrei continuato a scrivere solo per far dispetto al nonno e dimostrargli che si sbagliava!
      Riguardo me io scrivevo perché avevo bisogno di esprimere quello che sentivo, ed era così dirompente che dovevo metterlo su carta perché volevo fermare l’attimo che fosse di rabbia, orgoglio o amore o tutte queste cose insieme. Però credo anch’io che in fondo la scrittura sia anche un atto d’amore verso qualcuno o verso se stessi.

      • E’ stato crudo, più che crudele, questo sì. Però chi lo sa, forse se non fosse stato per il senso di sfida nato da quell’episodio non avrei continuato a scrivere.
        Ecco un altro bel motivo che non abbiamo finora evidenziato e che è fondamentale: fermare l’attimo. Si scrive per conservare la memoria di qualcosa. Del resto la scrittura è nata proprio per questo! Grazie di averlo evidenziato, mi hai dato lo spunto per un post! 🙂

    • …peccato che ho già risposto, se no risponderei di nuovo. Bella la domanda, belle le risposte. Come dicevi non so più se da me o da Daniele, sai fare le domande giuste.
      Ancora grazie, Silvia. Un bacione.

    • Silvia

      Grazie a te, Serena. Di cuore.

    • La scrittura è un atto di egoismo che si trasforma, vola verso l’altro e diventa d’amore.

      • Non avresti potuto dirlo meglio di così! 🙂

    • iara R.M.

      Io scrivo perché mi piace farlo. E’ bello vedere i pensieri e le idee che prendono forma su un foglio. Atto d’amore o egoismo? Difficile dirlo. Non saprei. Non mi sento egoista quando scrivo, ma nemmeno sento di farlo per amore o altruismo. Credo che scrivere sia una possibilità in mezzo a tante altre. Io la scelgo perché mi fa stare bene e capita che a volte, quello che scrivo (una lettera, una riflessione, una dedica) faccia stare bene anche a chi legge. Per me, la scrittura ha la forma di una scatola cinese che nasconde al suo interno, tra le parole, infinite possibilità; scrivere è la curiosità, ogni volta, mossa da motivazioni diverse, di rovistare all’interno di quel contenitore.

      • Scrivere è una possibilità in mezzo a tante altre. Bella, mi piace molto questa frase. 🙂

    • Mi piace pensare di offrire a chi mi legge delle emozioni “buone”, che siano una crepa nel guscio, o anche solo un sollievo dai pensieri pesanti. Questo, però, è un ideale; nella realtà, vai a sapere se ci riesco e quando. Comunque il lettore è molto presente quando scrivo, perciò risponderei: è altruismo. Se non fosse che scrivendo imparo sempre qualcosa su di me, e allora non sarà per quello che scrivo? Mah.

      • Silvia

        Un bel dubbio amletico: quale la causa e quale la conseguenza? Tuttavia avere come obiettivo quello di creare una “crepa nel guscio” è un modo per crescere e far crescere. Poco importa quale dei due aspetti sia predominante nel risultato. 🙂

    Lascia il tuo commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Potrebbero interessarti:

    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

    Post Recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Come se fossimo già madri

    Silvia Algerino

    Restiamo in contatto?

    * indicates required

    Per favore, scegli i contenuti che ti interessano:

    Puoi cambiare idea in qualsiasi momento: il tasto per l'annullamento dell'iscrizione è piè di pagina di ogni email che ricevi da me. Oppure scrivimi a privacy@silviaalgerino.com. Per altre informazioni visita il mio sito web. Cliccando qui sotto, mi autorizzi a gestire i tuoi dati nel rispetto della legge. Grazie di cuore.

    Utilizziamo Mailchimp come piattaforma di marketing. Cliccando qui sotto per iscriverti, accetti che le tue informazioni verranno trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Scopri di più su come Mailchimp gestisce la tua privacy.

    Intuit Mailchimp

    Restiamo in contatto

    Iscriviti alla newsletter (e niente spam).

    Yeah! Ora sei dei nostri. Ops! Qualcosa non va. Mi spiace! :(
    Edit Template

    Articoli recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Contatti

    Silvia Algerino

    silvia@silviaalgerino.com

    P. IVA IT 02613430020

    © 2014 Created by Silvia Algerino – 2023 Updated by Silvia Algerino