Crowdfundig 2 / Perché una campagna va preparata in anticipo

Indice dei Contenuti

    La domanda in sé è piuttosto banale, e la risposta anche: Perché una campagna di crowdfunding va preparata in anticipo? Perché ogni lavoro richiede una preparazione.

    Una campagna di crowdfunding non fa eccezione, anzi a maggior ragione si inserisce nell’elenco di quelle attività che per avere buoni risultati richiedono una serie di competenze.

    Come diremo meglio in seguito, non si tratta solo di presentarsi al pubblico, si tratta di presentarsi in un certo modo al pubblico e di essere in grado di coinvolgerlo in quello che deve diventare un progetto sostenibile e collettivo.

    Nel mondo del non profit il crowdfunding viene messo in atto da figure professionali specifiche che si chiamano fundraiser e che si occupano di indirizzare e dare consulenza all’associazione che lo richiede.

    Ovviamente parlando di crowdfunding applicato all’editoria viene difficile proporre a chi mette in atto una campagna di rivolgersi a figure professionali che assolvano ai compiti necessari. Infatti immagino che in linea generale se l’aspirante scrittore potesse disporre di una somma da investire in un fundraiser, non necessiterebbe della campagna stessa perché utilizzerebbe la stessa cifra per ingaggiare professionisti (editor, grafici, esperti di comunicazione) in grado da permettergli di presentare un prodotto professionale e tale da essere pubblicato come indie, senza nemmeno correre il rischio che la campagna non vada a buon fine.

    Quindi, di necessità, chi si appresta a fare una campagna non può rivolgersi a coach, fundraiser, pubblicitari, guru o chi per essi che lo guidino in un mondo pressoché sconosciuto. Deve fare tutto da sé. Il che non è per niente semplice.

    osservare, riflettere, analizzare

    La prima cosa da fare quando non si conosce un lavoro che si ha intenzione di imparare, è osservare. Non solo l’adagio dice “impara l’arte e mettila da parte”, ma io ricordo che mio nonno diceva che “l’arte si ruba”. Come? Certo non appropriandosene fisicamente, ma cercando di capire (e carpire) i segreti altrui.

    Quindi, prima di tutto, è importante osservare le altre campagne. Come si muovono le altre persone e quali strategie adottano. E ugualmente osservare quelli che potremmo ritenere degli errori, facendone tesoro per non ripeterli a nostra volta.

    Inoltre riflettere sulle altre campagne. Farci delle domande. Chiederci se una scelta ci sembri azzeccata oppure no.

    Infine analizzare: provare a darci delle risposte confrontandole con i dati di cui potremmo disporre. Tipo: quante campagne abbiamo visto raggiungere il goal? quante invece non si sono concluse bene?Qquali ci pare che potessero essere i punti di forza delle campagne che hanno funzionato?

    Fare tutto ciò richiede tempo. Parecchio tempo. Non solo in senso assoluto, ma anche sul lungo periodo. In tre giorni non posso rendermi conto che cosa sta funzionando e perché. Ci vogliono mesi.

    la produttività dei pomeriggi trascorsi a guardare il soffitto

    Di solito la bolliamo come perdita di tempo.

    – Non stai facendo niente?

    – Sì, sto pensando.

    – Ok, stai pensando. Ma non stai facendo niente?

    – Come non sto facendo niente? Sto pensando.

    – Intendo niente di concreto.

    – Se sto pensando, sto facendo qualcosa di astratto…

    L’equivoco è tipico della nostra società. Si pensa che il lavoro concreto sia più impegnativo o più misurabile di quello astratto. Invece il più delle volte il lavoro astratto dovrebbe semplicemente precedere quello concreto. Come si suol dire pensare prima di agire e non viceversa.

    Sovente le idee migliori mi vengono mentre sto facendo qualcosa di manuale che non ha niente a che vedere (apparentemente) con l’idea stessa. Tipo questo post l’ho scritto nella mia testa mentre stavo spalando neve nel mio cortile. Non c’è niente di più creativo che lasciare la mente libera di pensare mentre si sta facendo qualcosa di manuale, meglio se ripetitivo.  Altre buone idee mi vengono mentre pelo le patate. O mentre passo l’aspirapolvere.

    Tuttavia, se non avessi una casa e una famiglia verso le quali ho degli obblighi inderogabili, non disdegnerei di starmene sdraiata sul letto a fissare il soffitto. Se potete farlo, ve lo consiglio. Vi richiederà un po’ di tempo, ma sarà speso bene.

    creare una rete di contatti

    Un altro punto centrale di una campagna è il rapporto con il pubblico. Già, ma quale pubblico? Più avanti parleremo del target a cui dobbiamo rivolgere le nostre attenzioni, ma qui mi preme sottolineare come la creazione di una rete di contatti che sia la base iniziale per diffondere il nostro progetto, ancora, richiede tempo.

    Vedremo che, a grandi linee, esistono due tipi di reti: quella reale, basata su conoscenze personali o, quantomeno sul territorio, che sono quelle che favoriscono il cosiddetto “porta a porta”; quella virtuale che nasce attraverso la conoscenza online, sia attraverso un blog personale, sia attraverso i social. Ciascuna di esse si suddivide poi in innumerevoli categorie, che andremo a esaminare nei prossimi post. Tuttavia ciò che permette la creazione di rapporti efficaci e funzionali è la fiducia. Costruire un immagine di sé (brand) credibile, pregevole, autorevole e degna di fiducia non si fa in cinque minuti. Ribadiscono: ci vogliono mesi.

     

    E voi che cosa ne pensate? Ritenete che ci siano altri motivi per cui certe operazioni di comunicazione richiedono molto tempo? Non è la stessa cosa che succede anche quando si ha intenzione di pubblicare come indie?

     

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    12 Comments

    • nadia

      Quando dico che la tua rubrica mancava mi riferisco ad articoli tipo questo.
      Preparare in anticipo la campagna è indispensabile altrimenti davvero si finisce con l’essere concorrenti allo sbaraglio.
      Progettare, avere un’idea delle campagne che hanno funzionato e del perché, capire se è possibile prenderne spunto… insomma avere il tempo di guardare il soffitto è utile ed aiuta a ottimizzare i tempi della campagna. Un po’ come indossare l’abito giusto per l’impresa che si cerca di intraprendere.
      Solitamente non è mai uno spreco di tempo, ma anzi denota professionalità, un minimo di preparazione e studio di ciò che si sta accingendo a fare.

      • Sì, esatto, Nadia.
        Poi io penso anche che sia necessario “masticare” un progetto per un certo periodo di tempo prima di poterlo lanciare allo scoperto. Solo quando ti viene a noia capisci se ha ancora senso e se davvero ti vuoi cimentare.

    • Giulia Mancini

      Sì un po’ assomiglia, quando sono uscita con il primo romanzo ho passato del gran tempo a scrutare la rete, osservavo le pagine facebook di autori famosi, guardavo le loro copertine, leggevo quello che scrivevano nei post, insomma li osservavo. Erano comunque autori che amavo e che seguo sempre anche oggi.
      In effetti guardare il soffitto può essere molto produttivo, a me capita di avere idee nei momenti di insonnia e soprattutto quando faccio le pulizie in casa, si vede che impegnando il corpo la mente si libera e vola!

      • Lo studiare gli altri, secondo me, è il primo metodo di analisi in materie come questa dove non c’è il manuale da studiare o il decalogo del perfetto crowdfunder. Poi, sì, ci sono anche testi interessanti ma non credo che ce ne siano orientati al caso specifico. Anche se bisogna sempre tenere presente che ogni campagna è una storia a sé.
        Ma prendersi tempo per riflettere mi pare universalmente un buon metodo di lavoro. 😉

    • Ho molti dubbi sulle relazioni pregresse, dalla mia esperienza che come dici tu per il selfisti anche uscendo con un piccolo editore in qualche modo dopo si fa campagna, tanta delusione: gente che mi ha detto chiaramente brutalmente “io non lo compro” ok nessuno ti obbliga, e allo stesso tempo immense soddisfazioni da parte di simil sconosciuti che hanno organizzato presentazioni, e tanto altro. Come l’ex direttore generale dell’azienda dove lavoro che venuto a conoscenza del mio primo romanzo, non da me, ha mandato una mail a tutti e incaricato il suo segretario di occuparsi degli ordini, dicendo “abbiamo una scrittrice in azienda!” una roba stupenda. Insomma le persone su cui contavo sono sparite ma ne sono arrivate di nuovo.
      Tutto va preparato con cura, pensandoci su un po’ sempre, quello sì.

      • La rete di contatti pregressi, a mio parere, è quasi sempre un’incognita che, fino al momento in cui inizi a sperimentarla, non puoi sapere se darà risultati oppure no. Anche per questo, secondo me, andrebbero preparate sulla carta entrambe le strategie per poi scegliere quella che si dimostra più efficace.
        Diciamo, e ne parlerò più diffusamente in un altro post, che il crowdfunding da questo punto di vista potrebbe avere una carta in più: quella di non essere una “semplice” vendita di un libro (senza con questo nulla togliere al libro pubblicato, eh!), ma un progetto in cui coinvolgere il pubblico. Vi piace questo libro? Lo volete leggere? Allora aiutatemi a farlo pubblicare.
        Per questo, per esempio, trovo che chi ha tolto i riferimenti al goal etc etc per timore di non essere compresi e l’ha sostituito con “pre-vendita” ha commesso un grave errore.
        Ma, come detto, ne parleremo meglio più avanti. Per ora, grazie per la tua testimonianza. 🙂

    • E’ la stessa cosa che succede quando si decide di aprire un sito e, in particolare per noi, un blog.
      Quando dico che webnauta ha richiesto 3 mesi di sviluppo mi guardano tutti allibiti. Certo che a installare wordpress ci si mette una giornata, ma poi? Non c’è solo lo sviluppo tecnico (fatto part part part part time), ma il concept (= l’idea), la grafica (se non t’accontenti dei template gratuiti che fanno acqua), i servizi (questo o quel plugin? serve la newsletter? i popup? il locker?) e poi i contenuti. E quindi servono anche un sacco di serate passate a guardare il soffitto 😀
      Anch’io però elaboro meglio nelle attività fisiche, dalle pulizie, alla cyclette ed ora il fitwalk del sabato. Non cucinando…i coltelli sono troppo affilati per distrarmi.

      • Brava, esatto, è proprio così. Non si improvvisa. Però, se guardi attentamente, ti accorgi che è proprio chi conosce meglio la materia come te (che per certi versi potrebbe anche permettersi di improvvisare) che invece prepara il terreno con scrupolo.
        Con l’aggravante del fatto che in campagna hai un tempo ben definito e non puoi permetterti di sprecare nemmeno un giorno, il lavoro deve essere efficace fin da subito. In un blog, male che vada, se non è fatto per rendere economicamente puoi anche sistemarlo strada facendo, almeno in certi aspetti.

        • In realtà nemmeno un blog personale lo improvvisi, perchè se un nuovo utente incontra dei problemi in navigazione, o non trova contenuti, rischi che non ritorni più.
          Poi è proprio quando si conosce la materia che non s’improvvisa, perchè si conoscono i rischi.
          Citiamo sempre un esempio nel nostro settore: se dici al giovane informatico, fresco di laurea “Ho bisogno di un programma”, lui si siede, apre Visual Studio (ambiente di sviluppo Microsoft) e ti chiede “dimmi cosa deve fare” pensando di scriverlo direttamente; se lo chiedi ad un senior, prende penna e blocco e ti chiede “Vediamo un po’, cosa dovrebbe fare questo programma? Uhm, sei sicuro che ti serve così e non in quest’altro modo? E se invece facessimo così?” Il Visual Studio viene per ultimo. 😉

          • Ah ma su questo hai pienamente ragione. Proprio mentre ti rispondevo pensavo che se per esempio in un blog non funziona per bene la newsletter, mentre la sistemi ti perdi magari persone che magari non la cercheranno più perché non l’hanno trovata la prima volta. Quello su cui intendevo porre l’accento è che in una campagna hai anche un tempo limite, quindi se nel blog, pazienza, hai perso una persona o due o tre, nel crowdfunding una persona o due o tre può voler dire farcela o non farcela.
            Poi è vero che se uno lo prende come metodo di lavoro e di approccio a qualsiasi cosa, lo fa in qualsiasi frangente.
            Io e il mio socio, per esempio, nei nostri progetti utilizziamo quello che chiamiamo menabò: carta A4 o A3, matita nera, matite colorate, penna (a volte ritagli di giornale e spillini) e si progetta così. Solo quando tutto lo scheletro funziona, si passa al pc.

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