Brexit: il referendum della finta democrazia

Indice dei Contenuti

    Per parafrasare Nanni Moretti, mi troverò sempre d’accordo con una minoranza di persone. Per cui non mi stupirò se ciò che sto per scrivere troverà un maggior numero di pareri contrari, rispetto a quelli favorevoli.

    Distratta come sono, la prima volta che l’ho sentito nominare, ho pensato che Brexit fosse il cognome di una qualche personalità politica britannica favorevole all’uscita del proprio Paese dall’Europa. Poi ho riflettuto un attimo, ho fatto due più due e ho capito che si trattava di un neologismo con cui veniva indicata l’operazione che, in effetti, pochi giorni dopo avrebbe portato la Gran Bretagna ad uscire dall’Europa.

    Nei giorni seguenti, i commenti tra favorevoli e contrari , tra convinti ed euroscettici, si sono sprecati, almeno quanti quelli sulla formazione da schierare contro la Spagna, calcisticamente parlando.

    Non voglio entrare nell’ambito della questione In o Out, in quanto non sono né un’economista né un’esperta di politica strategica e mi rendo conto che la mia opinione conta ben poco, tuttavia mi piacerebbe ragionare sulle dinamiche che hanno portato a questa decisione. Ovvero la scelta di proporre un referendum.

    Il referendum: strumento di assoluta democrazia?

    Negli ultimi anni ci siamo abituati anche qui in Italia all’uso dello strumento referendum. Ho fatto alcune ricerche, con i seguenti risultati:

    • Dal 1974 ad oggi ci sono state 17 consultazioni referendarie abrogative per un totale di 67 quesiti;
    • Per 29 (circa 43%) quesiti non si è raggiunto il quorum;
    • Tra il 1974 e il 1995 non si è raggiunto il quorum solo per i 3 referendum della consultazione del giugno 1990 relativi alla caccia, mentre, viceversa, dal 1997 ad oggi non si è mai raggiunto, ad eccezione dei quattro presentati dall’Italia dei Valori nel 2011 su acqua bene comune, legittimo impedimento e nucleare.
    • Dal 1974 al 1995 ci sono state 9 consultazioni per un totale di 38 referendum, di cui 35 (circa 92%) hanno raggiunto il quorum;
    • Dal 1995 ad oggi ci sono state 8 consultazioni per un totale di 29 referendum, di cui 4 (meno del 14%) hanno raggiunto il quorum.

    Pare evidente che le consultazioni referendarie i questi ultimi quarantanni  sono state proposte in modo pressoché costante, se si eccettua il fatto che negli ultimi anni si è proposto un numero inferiore di quesiti contemporaneamente, tuttavia l’affluenza alle urne è drasticamente crollata, facendo sì che in ben 7 consultazioni su 8 non si raggiungesse il quorum.

    La disaffezione al voto, che per le elezioni politiche ha origine dalla progressiva delusione nei confronti dei partiti politici, potrebbe nascondere, oltre a questa, un’altra motivazione più elementare: al cittadino si chiede di decidere ove egli non è in grado di farlo. Che ne sa il cittadino comune (e mi ci metto in mezzo pure io) degli aspetti tecnici della procreazione assistita? Che ne sa delle norme con cui è regolato il premio di maggioranza delle elezioni al Senato? Che ne sa della servitù coattiva dell’elettrodotto? Se si esclude questa percentuale di popolazione, così bassa da non fare statistica, che per pura combinazione svolge quella attività lavorativa, per la rimanente parte è buio pesto. Il cittadino scrupoloso si informa, legge i giornali, cerca di farsi un’idea. Ma non può che essere condizionato da chi esprime un’opinione sull’argomento, perché farsi un’idea di fisica nucleare se non sai nemmeno che cos’è un atomo, non è roba da imparare in quattro e quattro otto. Tanto più che poi, almeno qui in Italia, il referendum abrogativo di dice, appunto, che articolo elimini, ma non ti dice affatto da che cosa verrà sostituito.

    Tornando al famoso Brexit, mi chiedo quali competenze tecnico-economiche possa avere il cittadino medio britannico per poter scegliere il futuro del proprio Paese. Allora, la scelta di far passare ogni decisione complessa sotto la scure del referendum, non è forse un metodo sottile per non assumersi responsabilità e per invocare la scusa della democrazia?

    Ve lo immaginereste un medico che, nel momento di decidere se dare l’antibiotico a vostro figlio, vi dicesse di riunire tutta la famiglia e facesse votare a maggioranza? Oppure, per restare in tema di scrittura, se il vostro editor anziché segnalarvi le modifiche da apporre, facesse leggere il vostro libro a cento persone a caso e in base all’apprezzamento di queste decidesse se è pubblicabile o no?

    Ogni mestiere richiede una professionalità. Non ci azzarderemmo mai a improvvisarci panettieri, parrucchieri, medici né scienziati. Perché non ci rendiamo conto che altrettanto vale per certe scelte politiche? Non si tratta di considerare il popolo bue, ma semmai di non accettare che venga preso in giro dandogli l’onere di sobbarcarsi una decisione che non ha gli strumenti per prendere.

    Sono dell’idea che la democrazia rappresentativa sia a tutti gli effetti una democrazia. Siamo noi cittadini a scegliere i nostri rappresentanti ed essi, per quanto a volte lo facciamo male, sono pagati per rappresentarci e si presume che abbiamo tempi, modi e opportunità per formarsi una competenza tale da scegliere al meglio per noi. Il fatto che ciò, negli anni, sovente non sia accaduto non deve farci pensare che da soli possiamo fare di meglio, perché non è così.

    Quello che invece possiamo fare è presentarci a votare alle politiche quando siamo chiamati a farlo e rovesciare legittimamente con il voto chi ha mal governato. La vera democrazia non è decidere a caso su materie su cui non siamo competenti, semmai decidere chi può essere in grado di scegliere per noi.

    Che poi è come dire che quando siamo malati ci scegliamo il medico migliore, anziché decidere da soli la nostra cura.

     

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    33 Comments

    • Sono giorni in cui infatti mi dibatto dentro di me con questa domanda, “era il caso di far votare il popolo su questo argomento così determinante per le sorti del paese?” E ti giuro che non lo so.

    • Daniele

      Se il cittadino medio britannico non ha le competenze tecnico-economiche, conosce però il significato di libertà. E uscire dalla UE significa tornare a essere un paese libero e non più comandato da stranieri.

      Perché forse questo aspetto, più grave di tutti, passa troppo inosservato: nella UE siamo paesi con sovranità limitata. Non siamo liberi di fare le leggi che vogliamo, ma c’è un gruppo di stati che decide quali leggi dobbiamo avere.

      Ricordate le quote latte: non eravamo liberi di produrre il latte che volevamo perché costretti a comprare quello straniero. A scuola ho imparato che si importa ciò che manca, ma la UE ha stravolto questo concetto elementare.

      Vogliamo parlare della curvatura dei cetrioli?

      La democrazia rappresentativa non è una vera democrazia, ma un’oligarchia. I rappresentanti, poi, vanno scelti, ma qui sono ormai ben 3 governi insediati senza che nessuno li abbia votati.

      Il popolo ha diritto di scegliere se far parte di una comunità che limita la libertà del suo paese. Con la UE ci abbiamo solo perso. Abbiamo ottenuto il raddoppio dei prezzi, la crisi, e ora il terrorismo.

      Io preferisco fare la fame, non sto scherzando, ma vivere in un paese libero, piuttosto che stare come ora e vivere in un paese governato da stranieri. Non abbiamo nulla a che spartire con francesi, tedeschi, greci, belgi, polacchi, olandesi, ecc. Non siamo gli USA.

      La storia non ci ha insegnato nulla. C’è gente che è morta combattendo per la libertà dell’Italia, e non parlo solo dell’ultima guerra, ma anche del secolo precedente. E adesso è questo il bel quadro che abbiamo.

      Al referendum, ai tempi, io ho votato contro l’entrata dell’Italia nella UE e non mi sono mai pentito di quel voto. Se ci sarà un referendum per uscire, voterò per uscire.

      Riguardo ai referendum nostrani, è già accaduto che il risultato non venisse considerato. Ricordi quello sulle interruzioni pubblicitarie in TV? Sarebbero dovute essere solo 2 a programma, in base al risultato, invece sono persino aumentate. Ma chi controlla?
      E quello contro il sovvenzionamento dei partiti? Abbiamo vinto noi del contro, ma i partiti hanno continuato a prendere soldi dallo Stato.

      • Inoltre, io qui non sto discutendo sull’uscire o meno dall’Europa, ma sul fatto che, almeno secondo me, non è stata una decisione consapevole, semmai condizionata dallo spauracchio dell’immigrazione.
        Nel tuo caso, tu hai le idee chiare e va benissimo. Ma percentualmente quanta gente ce le ha? E quanta invece è turlupinata da idee manovrate ad hoc per uno scopo? Ecco, mi sembra che il rischio di una gran confusione tra la gente sia altissimo, tanto più se gli si chiede di votare su materie che non conosce in modo approfondito.

        • Daniele

          Non credo che abbiano scelto di andarsene per via dell’immigrazione. E anche su quel discorso ce ne sarebbero di cose da dire.
          Ho letto la scritta su un cartello di una che voleva restare: I’m not british, I’m european. Be’, cara mia, tu sei britannica prima di tutto, poi europea. Neanche chi ha votato di restare aveva le idee chiare.

          • Infatti. Neanche chi ha votato di restare aveva le idee chiare. E’ proprio quello che sostengo.

      • Parto dal fondo: proprio perché i risultati dei referedum non vengono tenuti in considerazione spesso non ha senso votarli. Oltre al fatto che da noi abrogano una norma, ma non dicono come e con cosa verrà sostituita.

      • Michele Scarparo

        Scusa, Daniele, ma se sei disposto a fare la fame (letteralmente) per non avere nulla a che spartire con l’Europa, perché non te ne vai? Senza offesa, sono curioso: c’è pieno di posti dove si fa fatica a campare…

        • Daniele

          Non ho detto che voglio vivere in un paese che fa la fame, ma che preferisco vivere in un’Italia libera e affamata anziché sotto il giogo della UE.
          Per espatriare avevo scelto la Norvegia, perché non fa parte della UE.

    • Uhm.
      Ovviamente no, non sono d’accordo.
      Mi sembra infatti che non si considerino un paio di elementi.
      Se non ci fosse stato il referendum, anonimo, non avremmo la legge sul divorzio e nemmeno il diritto di voto femminile. Il problema della disaffezione al voto in generale e al referendum in particolare è che i Governi trattano già a pesci in faccia i cittadini. Che fine ha fatto il risultato del referendum sull’acqua pubblica? Ci hanno sputato sopra, l’acqua non è pubblica, hanno ritruccato i bilanci dei gestori per non figurare utili, ma ancora non è pubblica (e da privata non abbiamo avuto tutti questi investimenti nella rete idrica che avevano promesso).
      Idem per i Governi. Mi risulta che da un po’ di annetti i Governi italiani non siano stati votati, ma imposti. Ferma per strada chiunque (che non sia un politico) e chiedigli cosa ne pensa davvero, a telecamere spente.
      La democrazia è tale quando viene rispettata, non illusa.
      Se vogliamo parlare del popolo bue, dovremmo anche dire che è il risultato delle politiche scolastiche. Il popolo è bue perchè un popolo ignorante si manovra con più facilità. Un popolo istruito non lo freghi. Ho conosciuto un insegnante (mi vengono i brividi) che al referendum per la procreazione assistita non si presentò nemmeno: “Non me ne frega niente, io un figlio l’ho avuto, e lui anche. Gli altri che s’arrangino.” Questa non è solo ignoranza, è anche pessima educazione civica.
      Questo per il popolo italiano.
      Per gli inglesi: perchè non dovrebbero dire la loro? Tra l’altro, il loro quesito era semplice: rimanere o andare. E ognuno avrà fatto i conti in tasca propria di ciò che gli dava l’unione europea effettivamente. Per il lasciare hanno votato compatti i lavoratori delle periferie, evidentemente i più penalizzati. Per il rimanere hanno votato i giovani studenti e gli anziani, oltre alla City che finanziariamente ne subirà il contraccolpo, Scozia e Irlanda che hanno di più dall’estero che dalla corona inglese (per ovvi motivi storici).
      L’errore semmai è nel quorum e nella maggioranza basse per una decisione del genere. Quella però è legge, cioè proprio responsabilità del loro parlamento. Andava un quorum del 65-70% con una maggioranza altrettanto elevata.
      Considerando poi che in questi giorni, al di là degli articoli terroristici sulla brexit, che sono polvere negli occhi, quelli che ci stanno guadagnando alla stragrande sono gli speculatori finanziari, mi chiedo se tutto sto can can non sia pilotato. Che in tempi di crisi, guadagnano sempre i soliti…

      • Silvia

        Il tema del divorzio è un falso tema. Il referendum del 1974 infatti mirava ad abrogare la legge Fortuna-Baslini che l’aveva istituito. Fortunatamente il 60% votò NO e il divorzio rimase.
        In ogni caso non ho detto di essere contraria al referendum in sé, ci mancherebbe. Anzi, credo che per certi temi di carattere etico sarebbe uno strumento da utilizzare maggiormente.
        Non condivido invece l’uso strumentale che se ne fa in certi casi, dove vengono tirati in ballo aspetti estremamente tecnici.
        Peraltro ho sempre votato ai referendum, compreso quello di poche settimane fa. Ho sempre cercato di documentarmi, ma sono sempre uscita dall’urna con il dubbio di non sapere per che cosa avevo votato.

        • Beh, bastano le interviste a certi politici per farmi passare il dubbio. Il più delle volte i cittadini ne sanno più di loro. 🙂

          • Purtroppo ci sono anche quelli, è vero. Però ci sono anche medici che sbagliano, che lasciano le garze nella pancia, che si vendono gli organi (sani) dei pazienti malati. Eppure continuo a pensare che se sto male è meglio se vado da un medico che se faccio da me.

            • Uhm…
              Avendo girato gli ultimi anni per ospedali, la mia esperienza mi porta a dire che se vuoi avere un minimo di sicurezza (per lo meno che facciano il massimo possibile), paghi, profumatamente e privatamente. Nel pubblico non rimane che pregare. Del resto ci stiamo avviando verso le assicurazioni mediche americane private.
              Il fatto è che finchè un medico può contemporaneamente essere pubblico e privato, il suo interesse sarà rivolto a ciò che gli procura più facilmente introiti. E non è la parte pubblica.

              Ma del resto, a chi avremmo dovuto delegare la questione dell’atomo? Agli ingegneri nucleari che rischiavano di perdere il lavoro? Alle società che producono gli impianti che sono in perenne perdita economica anche con i nuovi generatori? Agli economisti che investivano in quote societarie delle suddette auspicando il rilancio del settore? Agli oncologi che si fanno finanziare dagli inceneritori, do ut des?
              Quis custodiet ipsos custodes?

        • Forse va notata la differenza tra la scheda del referendum inglese e la scheda media di quelli italiani, dove si dilettano a scriverla chiara e comprensibile (eppure sempre di leggi di tratta, al fine).

          • Silvia

            Non conosco la scheda del referendum inglese. Non stento a credere che siainfinitamente più comprensibile di quella italiana, del resto ci va poco.
            Tuttavia ho sentito decine di interviste di gente che si dichiarava pentita della scelta, che non aveva capito, che ha votato OUT solo per protesta ma che pensava che avrebbe vinto comunque IN.

    • Ecco, ho postato in contemporanea con Daniele, ma sono d’accordo con lui.
      Aggiungo che non tutti i referendum fanno schifo: contro il nucleare c’è poco da discutere sulla separazione degli atomi. C’è al mondo un’assicurazione disposta ad assicurare un impianto nucleare? No. Persino nel contratto di assicurazione, banalissimo, del mio appartamento sono esclusi ” Danni al Fabbricato causati da trasmutazioni del nucleo dell’atomo, radiazioni”.
      Non ci vuole una laurea in ingegneria per capire che il rischio non vale la candela.

      • Sono d’accordo con te e Daniele. Infatti mi presentai al referedum e votai SI’. Tuttavia mi chiedo quanto influì sul voto il disastro di Fukushima avvenuto tre mesi prima. Siete così certi che se l’opinione pubblica non fosse stata così fortemente condizionata da quell’evento, non sarebbe passato il NO?
        Questo solo per dire che più che le idee consolidate, spesso ci sono fenomeni di altro tipo che condizionano in massa l’opinione pubblica.

        • Forse per i più giovani.
          Ma la gente se lo ricorda lo spauracchio di Chernobyl. E anche se in Italia hanno fatto di tutto per nascondere foto, testimonianze e documentari, ci ha pensato la rete a farli circolare.
          Senza contare il dente avvelenato di 200mila addetti ai lavori nel settore del fotovoltaico che è stato affossato. Si è detto che gli impianti fotovoltaici e le sovvenzioni pesano in bolletta a tutti, si è nascosto il fatto che ancora paghiamo la gestione dei pochi rifiuti delle vecchie centrali atomiche italiane (e dio solo sa come sono gestiti).
          Non ci serviva una Fukushima, bastava una Terra dei Fuochi per vedere dove siamo in grado di arrivare…

      • Daniele

        Nessuna centrale nucleare può essere sicura. E poi, parliamoci chiaro, siamo un paese che risparmia sull’edilizia e poi crollano le palazzine e con una scossa sismica si sbriciolano. Tu ti fidi a far costruire una centrale atomica in Italia? Io no. E poi le scorie dove le butti? Sulla Luna?

    • Michele Scarparo

      Teoricamente, prima di un referendum dovrebbero spiegarti il perché e il percome delle varie scelte. Praticamente non lo fa nessuno, se non per tirarti al proprio tornaconto elettorale: qualcuno, in GB, mirava alla sedia di Cameron e la otterrà. Se poi ha fatto leva sulla paura dell’immigrazione, costringendo un intero paese ad essere più libero (libero, sì, di essere povero: e la sterlina lo dimostra ampiamente) sembra non essere un problema. Quando lo sarà pienamente (tra diversi anni) i signori in questione avranno accumulato abbastanza da salutare la compagnia, dando la colpa a qualcosa che in quel momento sarà abbastanza recente da essere impresso nella memoria a brevissimo termine del popolo bue.
      Ergo, sono d’accordo con Silvia. Perché, si sa, gli ignoranti sono liberi solo di fare quello che pare a chi ne sa più di loro.

    • Credo, e ne sono fortemente convinto, che il referendum sia il più grande atto democratico che una nazione possa avere. Certo, a volte il suo utilizzo è improprio oppure abusato o altre volte ancora di “pessimo gusto”. E’ un po’ come il cellulare: è un ottimo strumento, ma se lo lasci acceso durante la proiezione di un film al cinema, vuol dire che non sai utilizzare lo strumento che hai a disposizione.
      Concordo con Daniele quando dice che il popolo britannico ha scelto e noi dobbiamo accettare la sua decisione e sono doppiamente contento che proprio su una decisione del genere sia stato richiesto un referendum. Il popolo è sovrano, ovunque e comunque ed i governi sono solo rappresentanti dello stesso.
      C’è un’altra considerazione da fare: il concetto di stato si è radicato in noi dal tardo 700 ma siamo davvero sicuri che sia la concezione giusta? Voglio dire: siamo sicuri che la soluzione migliore sia quello dei confini nazionali e non l’unione (intesa nel suo significato più ampio)? L’UE sta fallendo perché i cardini sulla quale è fondata sono sbagliati: non puoi unire popoli solo sulla base di interessi economici. Non puoi pensare ad una Europa senza Grecia che è stata la mamma del nostro pensiero come non puoi pensare ad una Europa senza Gran Bretagna che è stata il baluardo durante la seconda guerra mondiale, baluardo che ha difeso il nostro pensiero e la nostra cultura. Sta fallendo per questo motivo, non sta fallendo per la l’idea che sta alla base ossia la condivisione di una cultura comune.

      Il discorso è molto ampio ed ha un milione di sfaccettature…
      Credo tu abbia aperto il vaso di pandora eh eh

      • Sono concorde con te al 1000% sul fatto che sia stato un grave errore quello di fondare l’unità dell’Europa sull’economia senza tenere conto di altri aspetti fondamentali. E’ chiaro che così com’è l’esperimento, se così si può chiamare, è fallito.
        A mio giudizio si sarebbe dovuto almeno valutare l’unione politica, prima di buttarsi a capofitto in quella economica. Forse non avrebbe potuto comunque funzionare, chi lo sa?, ma almeno doveva essere fatto il tentativo.
        Ora la lezione di Brexit è quella di tentare di rivedere gli accordi internazionali, ma il rischio del fuggi fuggi è altissimo.
        Io sinceramente non temo gli aspetti economici della vicenda, temo quelli a cui nessuno pensa. Le migrazioni continueranno e saranno sempre più pressante ai confini. Non avere una politica di accoglienza comune vuol dire creare paura, violenza, miseria. Non ci rendiamo nemmeno conto quanto potenzialmente siamo vicini a conflitti internazionali.

        • Michele Scarparo

          Ah, ma il motivo per cui si è scelta l’economia è evidente: nessuno, cinquant’anni fa, avrebbe optato per un unione politica. Non i francesi. Non gli inglesi. I tedeschi, se pure avessero voluto, erano squalificati dall’ultimo conflitto.
          La strada era solo una: unire l’economia. La politica segue i soldi, mica viceversa. Quando gli interessi in gioco avessero raggiunto una massa critica, la politica e l’ideologia da strapazzo che viene venduta alla gente sarebbero state costrette a seguirli e a benedire l’unione. Non è stato un azzardo: è stato un calcolo preciso, per costringere le generazioni future.
          Gli inglesi sono pieni di banche. Tutta la loro economia si sta contraendo anche se, formalmente, nessuno ha ancora invocato l’art. 50. Stanno già iniziando i distinguo e più d’uno (anche tra quelli del Brexit) dice che non servirà invocarlo. Quando le perdite diventeranno ancora più consistenti, quando si cominceranno a perdere i posti di lavoro anche in assenza di una Brexit vera e propria, qualcuno forse dirà: “Abbiamo scherzato”. E se ci sarà da uccidere la democrazia per salvare il portafoglio, anche nella democraticissima Inghilterra, io credo che nessuno si farà degli scrupoli a premere il grilletto.

          Come sempre, eh.

        • Le migrazioni continueranno finchè le popolazioni saranno costretta a scappare da casa propria. Non capisco perchè si continua a non andare al fondo della questione: perchè scappano? chi rifornisce di armi le guerre? chi guadagna in borsa con la vendita di armi? chi guadagna col petrolio a basso costo dalle nazioni in guerra? chi guadagna nelle traversate del mediterraneo?
          E’ inutile continuare a fasciare il dito bruciato, sopra la fiamma viva. Va spento il fuoco.

          • Il giro di denaro nelle traversate del mediterraneo pare sia una delle fonti di guadagno maggiori a livello planetario, superata solo dal traffico di stupefacenti.
            Però si arrestano semplicemente gli scafisti (che generalmente sono migranti che non possono pagarsi il viaggio e che rischiano la vita al pari degli altri) invece che andare a bussare a quei signori che ricevono gli introiti nei loro salotti.
            Perché? Perché tutto ciò ha una resa economica altissima. Non c’è altra risposta.

    • Credo che gli ideali dell’Europa Unita siano stati traditi, ma uscire non sia la soluzione.
      Ne ho già parlato da me, dove il dibattito è stato molto interessante.

      • Ho letto il tuo post. Mi ha colpita la frase di Zucconi che riporti nei commenti. Il problema è proprio che una situazione del genere non si era mai verificata prima. Impossibile prevederne le conseguenze. Si naviga a vista.

    • nadia

      Accidenti avete commentato talmente in tanti che ho letto più commenti che post! Evidentemente l’argomento interessa parecchio.
      Io sono la solita voce fuori dal coro, farò un giro largo per dire come la penso, anche se il mio punto di vista tocca molti punti per andare oltre.
      Vivo da sempre in una casa dove lo straniero è mal visto, la novità guardata con sospetto e tutto quello che viene deciso nella stanza dei bottoni puzza a priori.
      Mio padre ha il potere di capire di tutto quello che io nemmeno vedo come è fatto. Economia, politica, intrallazzi. Quindi mi basta guardarlo ed ascoltarlo per restare muta a domandarmi perché al suo contrario sia tanto negata.
      Questo per dire che all’epoca dell’entrata nell’euro lui mi aveva già predetto i disastri quasi azzeccando gli anni. Lavorando in ambito bancario ha per deformazione professionale analizzato sempre ogni evento sotto quel profilo e classificato come “gestione furba” ogni mossa politica.
      Una cosa l’ho capita, dall’alto della mia ignoranza in materia. Io ai politici, di qualunque colore e idea, non credo più. Fanno solo i loro personalissimi interessi. Dimostrazione è che a referendum non corrisponda più diritto acquisito. Ci fanno mettere regole dove il comune buon senso dovrebbe già arrivare. E non parlo di divorzio, aborto, acqua, nucleare, trivelle…è ovvio che un governo che si rispetti certe decisioni dovrebbe prenderle da solo, invece lascia la patata bollente in mano al popolo solo dove gli conviene menzionando la ragione religiosa, piuttosto che altro per non prendere la famosa posizione. Parlo ad esempio dell’ultima proposta di referendum, se mai raggiungerò il quorum di consensi, di potersi difendere se un ladro tenta il furto in casa….ma certo che mi difendo e come un leone se sono in grado e penso a me o i miei figli in pericolo. Me lo devi permettere?
      E’ pur vero che prima di ogni elezione si parla di ridurre gli stipendi ai politici e nella carica in corso si dimentica per strada la promessa…mentre il tempo per accordarsi su strategie interne lo si trova sempre.
      Ora non so se l’Inghilterra ha fatto una scelta libera, popolare, non indotta da malcontento, o se solo ha identificato nell’Europa il capo di tutti i mali, non lo so davvero perché a volte questa colpa io la do al Dio soldo, all’ignoranza dilagante, alla cattiveria, all’ottusità. Ecco dopo aver girato a vuoto, vorrei solo che non fosse questo il quadro dell’Europa da dove è uscita a falcata decisa.
      Perché io un pò nazionalista lo sarei, e nemmeno io vorrei più stare in una società con quelle caratteristiche, e i prodotti autoctoni li vorrei salvaguardare, come il made in Italy, come al diavolo le quote del cavolo, le decisioni assurde indotte da chi nasce a chilometri dalla nostra cultura e mi dice se devo condire la pasta con la marmellata.
      Rivendico una nazione che mi faccia sentire fiera, perché costata la vita a donne e uomini che valevano davvero molto e non sono disposta a calpestarli. Io al prossimo referendum vorrei votare una classe politica con gli attributi, con lo stipendio di un operaio, con la voglia di raddrizzare il paese e mettere al proprio posto ogni idea contraria al comune buonsenso.
      Se l’Inghilterra ha fatto questo per il proprio paese ben venga.
      Noi Italiani, per ora, siamo in grado solo di mugugnare.
      Perdonate gli sproloqui…

    • Qualche minuto fa, prima di aver letto questo post, in un altro tuo post ho commentato che io mi sento europeo.
      Ecco, senza entrare nella discussione, sappi che condivido quello che hai scritto.

      • nadia

        Ho letto il tuo commento sul nuovo post di Silvia. Non ho capacità per disquisire sui temi sopra citati, ma vorrei davvero che la mentalità di essere straniero non esistesse più, che si potesse usare il buon senso senza mai oltrepassare l’altrui libertà. Vorrei l’utopia del mondo intelligente che vede l’essere umano come tessera del puzzle per una sinergia del pianeta. Mi fa piacere constatare che siamo in diversi a pensarlo e volerlo.

    Lascia il tuo commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Potrebbero interessarti:

    Silvia Algerino

    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

    Post Recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Come se fossimo già madri

    Silvia Algerino

    Restiamo in contatto?

    * indicates required

    Per favore, scegli i contenuti che ti interessano:

    Puoi cambiare idea in qualsiasi momento: il tasto per l'annullamento dell'iscrizione è piè di pagina di ogni email che ricevi da me. Oppure scrivimi a privacy@silviaalgerino.com. Per altre informazioni visita il mio sito web. Cliccando qui sotto, mi autorizzi a gestire i tuoi dati nel rispetto della legge. Grazie di cuore.

    Utilizziamo Mailchimp come piattaforma di marketing. Cliccando qui sotto per iscriverti, accetti che le tue informazioni verranno trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Scopri di più su come Mailchimp gestisce la tua privacy.

    Intuit Mailchimp

    Restiamo in contatto

    Iscriviti alla newsletter (e niente spam).

    Yeah! Ora sei dei nostri. Ops! Qualcosa non va. Mi spiace! :(
    Edit Template

    Articoli recenti

    • All Post
    • Blog
    • Risorse per crowdfunder
    • Risorse per lettori
    • Risorse per scrittori
      •   Back
      • Sei personaggi in cerca di...
      • Seo
      • Blogging
      • Dubbi d'autore
      • Copywriting & Co.
      • Marketing editoriale
      • Le mie parole
      •   Back
      • Indie&co
      • Calendario dell'avvento
      • Guest post
      • Idee
      • Interviste d'autunno
      • Libri
      • Poesia
      • Racconti
      •   Back
      • Crowdfunding editoriale

    Contatti

    Silvia Algerino

    silvia@silviaalgerino.com

    P. IVA IT 02613430020

    © 2014 Created by Silvia Algerino – 2023 Updated by Silvia Algerino