12 domande al mio personaggio inutile

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    Questo post è una specie di gioco. Se volete, potete giocare con me.

    Vi capita mai di pensare, più che a una storia, a un semplice personaggio? Avercelo in mente in modo così preciso da conoscere pure il suo numero di scarpe ma non avere il romanzo giusto da dedicargli? Oppure, vi succede che un personaggio che avevate in mente non si adatti del tutto alla vostra storia e venga scartato all’ultimo momento?

    A me quei personaggi lì ricordano le riserve alle partite dei mondiali di calcio. Quelle con la maglietta sempre ben stirata e i pantaloncini senza schizzi di fango, che poi magari si trovano ad alzare una coppa senza avere minimamente contribuito. Voglio dire, ci pensate?  Sei stato scelto nella rosa dei migliori giocatori di una nazione per partecipare ai mondiali e poi non entri in campo nemmeno un minuto. Ti dici che sei giovane, che forse non era ancora il tuo momento (alla faccia, hai pure vinto il mondiale senza muovere un dito!), ma devono passare altri quattro anni per avere un’altra opportunità di toccare il pallone e chi lo sa se l’occasione arriva ancora.

    Ecco perché volevo dedicare un po’ di attenzione a un personaggio inutile. Per renderlo utile. Così, se io non lo userò mai, che almeno abbia un suo piccolo momento di attenzione. Che, come si dice in gergo calcistico, serva almeno a fare spogliatoio.

    A me creare personaggi piace tantissimo, più sono inutili più mi diverto. Compilo delle specie di schede e man mano che rispondo alle domande, il personaggio prende forma. Per me è un esercizio produttivo perché a volte, a forza di creare personaggi inutili, ne esce uno adatto a ciò che vorrei scrivere. Oppure perché diventa un personaggio minore, cioè uno di quelli che non solo fa spogliatoio, ma che entra negli ultimi minuti e, non dico che faccia un goal, ma che almeno si procuri un calcio d’angolo o riesca a deviare a fondo campo un tiro destinato nella propria rete.

    Avete presente quei personaggi che in un film o un libro dicono una battuta sola? Avere ben chiara tutta la loro caratterizzazione è importante per fargli dire anche solo sei parole. Perché, come ben sappiamo, in poche parole ci può essere tutta una storia.

    Proviamo? Intervistiamo un personaggio immaginario? Poi voi fateci quello che volete con lui. Copiatelo, ammazzatelo, raccontatemi il vostro, create un meme, create domande differenti, leggete e dimenticate o non leggete nemmeno. Tanto qui non c’è niente di giusto o di sbagliato, è solo un gioco. Insomma, come sempre, fate un po’ come volete.[su_spacer]

    12 domande al mio personaggio inutile

    Questo personaggio è nato assolutamente per caso e non esiste se non in questa intervista. Però, mentre lo conoscevo, ho scoperto che un giorno mi potrebbe servire. Così ne tengo memoria nel mio quaderno dei personaggi. Di lui, oltre alle risposte alle domande, ho conosciuto il linguaggio e ciò che vuole che il mondo sappia di lui: tutta una serie di informazioni utilissime quando si vuole creare un personaggio a tutto tondo. E’ appena nato e sta già per finire la sua vicenda terrena eppure, che dire?, lo amo già come una mia creatura. [su_spacer]

    • Chi sei?

    Mi chiamo Antonio, ho 56 anni e faccio il taxista. Sono sposato da 26 anni con Laura, non abbiamo avuto figli. Lei ne voleva, io no. Comunque non sono arrivati.

    • Da dove vieni?

    Sono originario del sud ma abito a Torino. Mia madre era casalinga e mio padre un impiegato del catasto, non ho fratelli né sorelle. Ho studiato all’istituto per geometri ma non ho terminato gli studi. Perché? A voi non deve interessare, sono fatti miei. Ho fatto per un po’ il commesso in una ferramenta, poi sono diventato taxista. Ormai questo è il mio lavoro da quasi trent’anni.

    • Descriviti fisicamente

    Sono piuttosto alto, robusto. Ho preso la corporatura di mio padre. Non ho più la chioma fluente di un tempo e mi dispiace perché adoravo il mio ciuffo ribelle. In compenso mi faccio crescere la barba, anche se a mia moglie non piace. Siamo giunti a un compromesso: porto il pizzetto.

    • Descrivi il tuo carattere

    Ma, non saprei. Che volete che vi dica? Sono uno di poche parole.

    • Allora raccontaci i tuoi pregi

    Boh, dicono che sono una brava persona. Sì, certo non farei mai male a una mosca, odio la violenza però se proprio dovessi difendere qualcuno non so se mi farei avanti o cosa. Cioè, capite, con il mio lavoro capita che di notte qualcuno si comporti male con qualcun’altro. Una volta sono intervenuto a difendere una signora, cioè una prostituta, e mi sono preso un bel po’ di botte. Forse per quello dicono che sono una brava persona. Quella volta lo sono stato. Ma lo farei ancora? Non lo so.

    • E i tuoi difetti?

    Sono un po’ egoista, lo ammetto. Mia moglie c’ha una pazienza con me! E sono diventato un po’ fifone da quella volta lì che vi dicevo…

    • Che cosa ti piace fare?

    Il meglio del meglio è stare a guardarmi la partita alla televisione. Tifo Roma da quando ero bambino, ma mi piace vedere tutto il calcio il tv. Pizza, birra e partita. Un po’ come quel film di Fantozzi, anche se lui mangiava gli spaghetti, ve lo ricordate? Tra poco ci sono gli Europei. Quelli non me li toglie nessuno.

    Invece, nel lavoro mi piace guidare quando piove, ma solo se piove poco. Che la città ha quell’odore di cane bagnato ma pulito, avete presente? Il ritmo del tergicristallo e l’odore di pioggia mi danno un senso di pace.

    • Che cosa non ti piace fare?

    Non mi piace avere fretta, quando un cliente sale e mi urla nelle orecchie di correre qua e là e poi c’è il traffico e non si capisce più niente. No, quand’è così vorrei andare in pensione subito.

    • Hai qualche hobby?

    Sì, colleziono le sorprese degli ovetti Kinder. Ho iniziato da adolescente e non ho più smesso. Mio nipote mi aiuta a comprarle e venderle su ebay. Ormai ne ho centinaia, tutte diverse.

    • Hai qualche mania?

    Ma no, che credete? Sono mica matto! Fumo sì, troppo, anche. Ma sto cercando di smettere. Anzi, avevo già smesso, poi mi è toccato portare una donna incinta all’ospedale quando stava per partorire e mi sono spaventato. Credevo me lo scodellasse in auto il marmocchio. Così, dopo che l’ho lasciata al pronto soccorso, ne ho fumata una per scaricare l’ansia e, porca miseria, ho ricominciato a fumare.

    • Qualcosa di te che vuoi ancora raccontarci?

    Non dovrei dirlo così in pubblico, ma vabbé, oramai ho detto quasi tutto. Ecco, io ho una superstizione. Ma non come quei colleghi che tengono il santino di Padre Pio che li protegga dagli incidenti. Io bevo solo un caffè al giorno perché se no mi viene il nervoso e lo prendo al bar della stazione prima di iniziare il turno del mattino. Quei centesimi di resto li lascio alla barista. Lei lo sa che se durante il giorno arriva qualcuno che non può pagare, un caffè o due sono già pagati. Secondo me così il Signore mi protegge dagli incidenti. Finora è andata bene. Ma mia moglie, se lo sa, si incazza di brutto. Lo dice sempre che cinquanta centesimi al giorno, a fine anno fanno una cifra.

    • Hai un sogno nel cassetto?

    Vorrei una casetta in campagna con un orticello. Da bambino andavo da mio nonno in campagna e assieme seminavamo zucchine, fagioli, non ricordo cosa. Ora ho qualche piantina sul balcone. Mia moglie non è contenta perché a volte bagno troppo le piante e la terra sporca le piastrelle. Anche la signora del piano di sotto a volte si lamenta perché cadono gocce nere e le macchiano il bucato. Quando avrò un orto vero farò come voglio io. Ma mi mancano ancora un po’ di anni alla pensione. Nel frattempo mi consolo sperando di vedere la Roma vincere ancora uno scudetto.

    Grazie mille, Antonio, per l’intervista. Penso che tu sia davvero una brava persona. Anche se un po’ inutile. Ma non avevi detto che eri uno di poche parole?

     

    Se ti è piaciuto, condividilo!

    22 Comments

    • L’intervista è un ottimo metodo per conoscere meglio i propri personaggi.
      Se posso, aggiungi (se possibile) un segreto al tuo personaggio. Sembra una stupidata ma aiuta molto la sua profondità…

      • Ciao Anonimo e benvenuto nel mio blog. Grazie del suggerimento, che accolgo con entusiasmo. No, non sembra per nulla una stupidata. Un po’ perché tutti abbiamo qualcosa che desideriamo tenere nascosto, fosse anche una banalità, un po’ perché l’idea del segreto e del mistero attizzano la curiosità di chi legge e aiutano chi scrive a tratteggiare il personaggio. Come dici, tu l’idea di un segreto gli dà profondità, anche nel caso in cui questo segreto non entrasse mai nella narrazione. 🙂

    • ahahhah Antonio, davvero spassoso, oltre che inutile. Ma io no, non ho personaggi simili, piuttosto il contrario, personaggi funzionali alla storia, che tutto sommato sarebbe uguale anche senza, ma servono come ponti, stampelle.
      Uno su tutti Dora de Le affinità.

      • Dora (e la sua famiglia) non sono da contrapposizione con Claudia e la sua storia? Almeno, io la leggo così. Tagliarla sarebbe stato come un tavolino a 3 gambe…

      • Dora è un mito! E’ uno di quei personaggi minori che danno senso al tutto, no? Ecco, sulla costruzione di questi personaggi mi viene spontaneo farti una domanda. Se non ricordo male, tu mi dicesti che i tuoi personaggi li lasci liberi di agire, non marionette ma piuttosto pupazzetti a molla, cosa che condivido. Ma non prepari mai mappe, anche solo mentali, in cui avere a portata di mano le caratteristiche dei tuoi personaggi, soprattutto quelli secondari o minori? Te lo chiedo perché io, se non mi annotassi tutto, per un mio problema di memoria, farei un sacco di confusione.

        • No, non faccio mappe. Non faccio scalette, non faccio niente, scrivo e basta.
          Però quando la mia editor mi disse che un personaggio del romanzo, dopo la seconda stesura ancora parecchio claudicante, doveva diventare co protagonista per creare la seconda linea narrativa, e io scelsi collegafigo, mi fece scrivere una pagina dove raccontavo: dove vive, com’è composta la sua famiglia, cosa fa, aneddoti, aspetto fisico ecc.

          • Allora, tra le altre cose, ti invidio pure la memoria. Io mi contraddico già così, figurati senza appunti! 😛

    • No, non mi capita mai di avere personaggi panchinari, perché i personaggi li creo in base alle mie esigenze. Se cambiano le esigenze, cambiano anche i personaggi. Tuttavia, qualche anno fa, avevo ne avevo creati due per un racconto di fantasia: Kato e Chewe. Erano due ragazzini africani che lavoravano come schiavi per una cava di diamanti. Uno dei due muore a causa di una frattura riportata a seguito di una caduta; l’altro, a forza di scavare, scopre la tana di un drago. Drago che si pappa gli schiavisti. Per qualche motivo Kato e Chewe mi sono restati nel cuore. Il racconto però era davvero orribile e non credo che li utilizzerò mai più, dovrei piegarli alla storia e quindi non sarebbero più loro. Per tornare al tuo post, mi piace che le domande siano formulate non all’autore ma al personaggio. Come se stesse sostenendo un provino.

      • Intervistare il personaggio anziché l’autore, a mio giudizio, dà qualche limite, ma anche qualche vantaggio. Apparentemente so di lui solo quello che lui vuol far sapere, cosa che sembrerebbe un limite. Nel caso citato non rivela perché ha lasciato gli studi, anche se il suo negare la risposta mi fa capire che è una cosa di cui si vergogna. Oppure mi fa sospettare che sarebbe bastato insistere un po’ e avrebbe rivelato il suo piccolo segreto. In fondo è uno che dice di essere di poche parole, ma alla fine dell’intervista si lascia piuttosto andare. Ecco, credo che il suo linguaggio e il suo modo di rispondere mi dicano di più di quanto facciano le risposte stesse. 🙂

        • Sì, stavo pensando la stessa cosa. Ad esempio un personaggio ambiguo, abituato a mentire, durante un’intervista continuerebbe a inventare mezze verità o a rispondere in modo elusivo. 🙂

          • Esatto. Però alla fine mi chiedo: meglio conoscere un personaggio in modo più oggettivo e, da un certo punto di vista, più finto oppure sondarne la soggettività, sebbene a discapito di alcuni fatti che rimarrebbero nascosti?

    • L’intervista per creare un personaggio…non mi viene naturale. E non ho memoria di aver creato un personaggio inutile, averlo lasciato in panchina. Semmai è delineato solo per quel che serve. Le caratteristiche di ognuno le scopro scrivendo, mentre si muove nella scena e me le annoto a parte (su yWriter nella scheda del personaggio). Per i racconti non c’è questa necessità, lavoro al testo finchè non ho finito e quindi ho in mente di chi fa cosa.

      • Silvia

        Sai, per me è appunto un gioco, che mi viene istintivo anche al di là dei personaggi che ho intenzione di creare o di ciò che voglio scrivere. Forse per questo, poi, sono più numerosi quelli inutili che quelli utili. Però mi sono accorta che trasferire l’osservazione di un personaggio nel suo stesso punto di vista mi aiuta a dargli profondità.

    • nadia

      Oggi arrivo sul finale di tutti i vostri commenti, ma ho la giustificazione. Come al solito Silvia, ne hai escogitata una delle tue. Trovata davvero interessante.
      Sinceramente non solo non ho mai pensato a intervistare i miei personaggi, ma nemmeno a considerarli utili o inutili. In effetti però nel momento in cui non mi convincono per crearci sopra una storia, lunga interessante e completa, li lascio per storie brevi, piccole prove di scrittura o quant’altro.
      Non sono ahimè, una che si applica in maniera scolastica, appuntando bene caratteristiche con scalette e riferimenti, ma scrivo anche io di getto, magari contraddicendomi durante la rilettura, in effetti il personaggio lo delineo mano a mano che la storia segue il suo fluire nelle pagine. Però è davvero molto interessante l’esercizio di porre domande al personaggio, è ovvio che si deve avere le idee molto chiare…cosa che spesso non ho.

      • Secondo me è un esercizio che serve proprio a chiarire le idee. Perché ponendo delle domande hai più facilità a trovare risposte che se, invece, parti dalle risposte stesse. Almeno a me capita così. 🙂

    • L’idea è simpatica e originale, Silvia, immagino che fare parlare un ipotetico personaggio possa aiutare la fantasia a plasmarlo.
      Ti confido una cosa che non c’entra con l’argomento, ma mi ha fatto rammentare una mia consuetudine.
      Anni fa, ai tempi del beato diario personale, io non amavo scrivere in prima persona, ma immaginavo di parlare e rispondere a qualcuno: da una parte ero l’intervistatrice distaccata che guarda dal di fuori e ha delle curiosità, dall’altra l’intervistata con le sue paturnie da sfogare. Le soluzioni ai problemi fioccavano da sole, devi credermi e, alla fine, mi sentivo meglio!
      Che dici, fa un po’ disturbo dissociativo della identità? 🙂

      • Beh, chi è consapevole del proprio disturbo dissociativo è già ad un passo dal poterlo risolvere! XD Ovviamente scherzo!
        Io credo che lo sviluppare la capacità di uscire al di fuori di un unico punto di vista (sia esso quello di un singolo personaggio o quello dell’autore stesso) per impersonare i vari personaggi sia molto utile per chi scrive. E l’esercizio di domanda-risposta è uno strumento molto valido proprio perché mette in un confronto immediato le varie posizioni. Quindi credo che il tuo diario, più che un sintomo di disturbo dissociativo, sia la spia del tuo innato spirito di aspirante scrittrice. 🙂

    • Mi sembra molto interessante, questo gioco, perché io ho un personaggio “nel limbo” da un bel po’: inizialmente le ho dato un ruolo ben preciso, poi ho pensato che non fosse abbastanza caratterizzato. Allo stesso modo ho un personaggio che sta emergendo, di nuova invenzione. Anche lei (sono entrambi personaggi femminili) potrebbe servirmi, come no. Dunque farò questo giochino, e vedrò cosa verrà fuori. Per i personaggi più importanti ho fatto delle schede più approfondite, con tanto di apposito tema natale, che mi ha aiutato molto con le loro sfumature caratteriali. 🙂

      • Grazie, Chiara, felice di averti interessata. A proposito di tema natale, come dicevo a Sandra, sarei molto curiosa di capire il perché di certe mie telepatie un po’ inquietanti. Tu mi potresti dare lumi?

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    Vivo con due figli, un marito e un gatto in una casa ai confini del bosco. 
    Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

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